La pratica rende perfetti.
Tutti i ballerini di qualsiasi stile o età hanno sentito questo vecchio adagio. Tuttavia, ogni danzatore ha fatto pace con una realtà: la perfezione non esiste.
La natura umana non è perfetta, i nostri corpi sono progettati per essere imperfetti, quindi sarebbe più opportuno affermare che la pratica è essenziale per progredire.
La perfezione è uno standard irraggiungibile, e genera frustrazione e infelicità in chi la ricerca.
‘Perfetto’ nella danza significa eseguire una sequenza o una routine in modo tecnicamente impeccabile, forme e linee pulite.
Danzare di fronte allo specchio aiuta il ballerino a identificare i difetti e i pregi del lavoro che sta svolgendo. E’ una competizione costante e sana, volta a ottenere e valutare i progressi e al miglioramento della propria performance.
Il perfezionismo estremo, infatti, inibisce la creatività, genera tensione in chi lo prova, collegata a un timore eccessivo delle critiche e alla concentrazione su di sé, più che sul lavoro che sta svolgendo e sulla sua arte.
Il ballerino quindi deve trovare l’equilibrio tra perfezione e libertà creativa. Quest’ultima, presuppone leggerezza nelle aspettative e libertà di pensiero e azione.
La creatività per funzionare al meglio ha bisogno di altri elementi: esperienza, allenamento, fiducia in se stessi e passione. Tutto questo viene stimolato e allenato durante la lezione di danza e non può chiaramente prescindere dal lavoro sulla tecnica.
La perfezione quindi non è un criterio per il successo, al contrario. Disciplina, flessibilità, perseveranza e curiosità sono qualità necessarie e più efficienti del perfezionismo, in termini di performance e di benessere.
Stefania Napoli
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