La danza è difficile. Qualunque sia lo stile scelto, qualunque sia il livello che si intende raggiungere, amatoriale o professionistico, la danza è difficile e l’allievo se lo deve mettere in testa.
La danza in effetti nasce nel cervello e si esprime attraverso il corpo. Quando si impara a danzare, bisogna porsi nella condizione mentale adeguata allo scopo, ossia apprendere, migliorare e perfezionare.
È indispensabile concentrarsi, lavorare con serietà, imparare anche dai compagni e soprattutto dai propri errori. L’ascolto è parte essenziale della danza, e implica ascoltare la spiegazione del maestro e soprattutto se stessi. Poi arriva il resto.
La danza è processo multisensoriale complesso che richiede impegno, costanza, sforzo mentale e fisico. Quando si decide di entrare in sala danza, questo deve essere chiaro, compreso e accettato.
Eppure, di recente, la lezione di danza viene vissuta come un passatempo da allievi demotivati e persi tra social media, ricerca ossessiva di ‘like’, e un’indolenza e un esibizionismo narcisistico senza precedenti che annullano la personalità individuale e la creatività.
Solo per il fatto di pagare una retta, sempre più spesso gli allievi si sentono in diritto di decidere quando e se presentarsi a lezione, senza rispetto degli orari, del lavoro dell’insegnante e del resto della classe. Quando il maestro si oppone a questo atteggiamento che oltraggia il vero valore della danza, la risposta dell’allievo è andarsene.
È possibile invertire questa tendenza che sta facendo strage di scuole di danza e di insegnanti appassionati? Che ruolo ha la famiglia in questo annichilimento emotivo?
Il fatto è questo: la danza è arte e in quanto tale richiede capacità comunicativa, empatia, dedizione e considerazione per l’altro.
Sì, la danza è difficile. Non è un’attività da svolgere a tempo perso. La danza è una cosa seria.
Stefania Napoli
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