
La stagione 2026 del The Australian Ballet si presenta come una dichiarazione d’intenti: un anno pensato per unire mondi, linguaggi e sensibilità diverse, celebrando tanto la potenza del repertorio classico quanto la ricchezza delle nuove voci della danza contemporanea.
Il cartellone, articolato e ambizioso, traccia un percorso che dal mito romantico di Romeo and Juliet arriva fino alla sofisticata modernità di Justin Peck, passando per un progetto culturale di grande respiro come Flora, creato in collaborazione con Bangarra Dance Theatre.
Quello che emerge è un mosaico coerente: un balletto nazionale che abbraccia la scena globale, che dialoga con la propria identità e che guarda al futuro con una curiosità rarefatta nel panorama internazionale.
Tra le nuove creazioni, Flora rappresenta il baricentro emotivo e artistico dell’intera stagione. Firmata da Frances Rings, direttrice artistica di Bangarra Dance Theatre, l’opera intreccia danza classica e linguaggi coreografici contemporanei, raccontando il rapporto tra esseri umani, terra e memoria culturale.
Con oltre trenta danzatori sul palco e una poetica che nasce dall’incontro tra due realtà iconiche della danza australiana, Flora promette di essere non solo uno spettacolo, ma un’esperienza identitaria: un modo per interrogarsi sulle radici e sulle storie che abitano il corpo.
Il 2026 segna anche il ritorno di due capisaldi del repertorio internazionale: Romeo and Juliet, nella celebre versione di John Cranko, continua a esercitare il suo fascino senza tempo. La compagnia lo ripropone con l’intensità che da sempre la contraddistingue, mettendo al centro la drammaturgia fisica e appassionata che ha reso questo allestimento uno dei più amati al mondo. Un classico che parla ancora, e forse più che mai, alle nuove generazioni.
The Nutcracker, nella produzione di Sir Peter Wright, torna a illuminare il finale di stagione con un’atmosfera natalizia fatta di meraviglia, nostalgia e perfezione tecnica. Un appuntamento attesissimo dal pubblico, capace di trasformare ogni recita in un piccolo rito collettivo.
Tra le sorprese più attese figura l’arrivo di Copland Dance Episodes, opera di Justin Peck, una delle voci coreografiche più rilevanti della scena contemporanea. È la prima presentazione dell’opera al di fuori degli Stati Uniti — un segnale importante che sottolinea il ruolo ormai internazionale del The Australian Ballet. La freschezza musicale, le dinamiche di gruppo e l’impronta atletica di Peck offriranno al pubblico australiano un nuovo modo di vivere la danza contemporanea, mantenendo però un forte legame con la struttura e la precisione tecnica del balletto.
Per gli amanti del grande repertorio, la stagione propone un’altra rarità: The Sleeping Beauty dello Stuttgart Ballet, nella storica produzione di Marcia Haydée. È un’occasione unica per assistere a un allestimento che conserva l’eredità estetica di una compagnia fondamentale nella storia della danza del Novecento. Una versione sontuosa e ricca, che guarda alla tradizione mantenendone intatta la bellezza più autentica.
Dal punto di vista della struttura, il 2026 è pensato come un corpo in movimento: la compagnia attraverserà Melbourne, Sydney e Brisbane con un calendario serrato che alterna repertorio, nuove creazioni e collaborazioni internazionali. Una stagione concepita per essere vissuta da pubblici diversi, con un’attenzione particolare alla formazione, alle iniziative di divulgazione e alla volontà di rendere la danza accessibile anche oltre i grandi centri urbani.
Se il balletto è un linguaggio in costante metamorfosi, il 2026 del The Australian Ballet è la prova che quella metamorfosi può essere luminosa, coraggiosa e profondamente contemporanea.
Michele Olivieri
Foto di Pierre Toussaint
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