Nata Lucile Alexia Grahn-Young (Copenaghen, 30 giugno 1819 – Monaco di Baviera, 4 aprile 1907) è stata la prima ballerina danese di fama internazionale e una delle ballerine più popolari dell’era del balletto romantico.
Da giovanissima Lucille Grahn iniziò lo studio coreutico presso la Royal Danish Theatre School di Copenaghen con il Maestro August Bournonville.
Il suo debutto sulle scene avvenne con il ruolo principale di Astrid nel Valdemar di Bournonville nel 1835.
In seguito Lucille Grahn serbò l’ardente desiderio di esibirsi a Parigi con il Balletto dell’Opéra e questo fatto creò una rottura con Bournonville.
Alcuni giornali dell’epoca riportano che Grahn avesse modificato alcuni passi in Valdemar per far ammirare il suo virtuoso gioco di gambe, attirando su di sé il disappunto di Bournonville che segnalò questo sgarbo alla direzione del teatro.
Nel 1836, Grahn creò il ruolo principale ne La Sylphide di Bournonville, una inedita versione che vide la commissione di una nuova partitura musicale ad Herman Severin Løvenskjold. Poco dopo a Lucille venne accordato il permesso di trasferirsi a Parigi. La sua partenza avvenne nel 1836, non tornò mai più in Danimarca, tanto che nel 1839 il suo nome venne cancellato dall’organigramma del Royal Danish Ballet per scaduti termini di autorizzazione.
All’Opéra danzò dal 1839 al 1845 ricevendo consensi e notorietà. Inoltre danzò in altre città, tra cui San Pietroburgo dove debuttò in Giselle. Nel 1844 ballò per una stagione a Milano presso il Teatro alla Scala, prima di recarsi a Londra nel 1845.
Su richiesta dell’impresario Benjamin Lumley, la ballerina danese si unì a Maria Taglioni, Carlotta Grisi e Fanny Cerrito nel leggendario Pas de Quatre di Jules Perrot (1845), che fu uno dei più importanti eventi del balletto romantico. Essendo la meno famosa delle quattro, Grahn accettò di ballare per prima.
Dopo il 1846 girò gran parte dell’Europa, non solo danzando, ma anche producendo diversi balletti, tra cui una ripresa di Catarina di Perrot e l’opera Bacchus et Ariadne.
Tra il 1846 e il 1847 si esibì in alcuni teatri italiani, tra cui il Gran Teatro la Fenice di Venezia con il balletto La Gypsi e il Teatro Argentina di Roma con Le Diable à quatre.
Danzò al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, e nel 1848 si prestò ad un tour in Germania, ricevendo ammirazione e successo, a Dresda, Lipsia, Amburgo e Berlino. Grahn si trasferì ad Amburgo nel 1848.
Tra le sue interpretazioni si ricordano inoltre: Éoline ou La Dryade (1845), Kaya (1845), La Bacchante (1845), Le Jujement de Pâris (1846).
Grahn diede l’addio alle scene nel 1856 e sposò il tenore inglese Friedrich Young. Divenne maestra di ballo dal 1858 al 1861 a Lipsia e dal 1869 al 1875 all’Opera di Corte di Monaco, città in cui venne a mancare nel 1907, lasciando in eredità il suo patrimonio al comune adottivo, che in segno di gratitudine le intitolò una via.
Le cronache del tempo riportano che dopo trent’anni la Grahn rivide August Bournonville riprendendo un rapporto di amicizia e di stima.
Gino Monaldi (1847-1932) noto impresario operistico e critico musicale italiano scrisse di Lucille “A quindici anni la Grahn, alta, svelta, slanciata della persona, ricca d’una bellezza fantastica, quasi ideale, come la poesia del Nord, salì nuovamente la scena. In otto giorni, narrano le cronache, non rimase più una rosa nelle serre di Copenaghen, poiché tutte caddero ai piedi della nuova regina della danza”.
E aggiunse “Lucilla Grahn, la nordica danzatrice che rifletteva ne’ suoi occhi l’azzurro chiaro e freddo del cielo di Norvegia e che per la grazia melanconica, l’abbandono misterioso e la leggerezza eterea sembrava una valchiria che ballasse sulla neve”.
All’Opera di Corte di Monaco Grahn fu anche produttrice di numerosi balletti e divertissement, arrivando a collaborare con il compositore Richard Wagner alla realizzazione delle coreografie del Baccanale per il Tannhäuser. La cooperazione continuò anche per la messa in scena de L’oro del Reno e dei Maestri cantori di Norimberga.
Lucille Grahn la si ricorda inoltre nel balletto Le Lac des Fées a Berlino, durante il quale sfoggiò il suo stile inconfondibile fatto di eleganza e virtuosismo. Il suo talento parlava da sé, e la sua presenza scenica non mancava mai di catturare l’attenzione. Fu un’artista affascinante in ogni senso della parola.
Michele Olivieri
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