In prima assoluta, venerdì 26 aprile (in replica sabato 27 aprile) alle ore 21.00 al Teatro Vascello di Roma, un nuovo progetto firmato da Michele Pogliani e Luca Della Corte dal titolo Alethès, composto da due lavori coreografici che partono, entrambi, dal testo di Michel Foucault Mal fare, dire vero – Funzione della confessione nella giustizia. Corso di Lovanio (1981).
Che cos’è o dove abita la verità? Quali forme assume nella contemporaneità, e – ammesso siamo pronti ad ascoltarla – quali strumenti abbiamo per comprenderla e farla nostra? E ancora, se consideriamo il processo tecnologico come momento in(e)volutivo che si esprime (anche) attraverso la produzione-acquisizione di “false verità” come “il profilo” o “il selfie”, come e in che misura è possibile parlare di verità? Questi sono alcuni interrogativi da cui si dipanano le due “indagini coreografiche” in stretto dialogo fra loro e immaginate come due “enunciati contraddittoriamente possibili” sui concetti di confessione e di «veridizione», ovvero l’atto di dire la verità e i processi che determinano la produzione e l’assorbimento della verità stessa.
DEVOTEE, con la coreografia di Michele Pogliani, che ne sarà eccezionalmente anche interprete insieme a Gabriele Montaruli, Ivan Montis e Agnese Trippa, lancia la sua provocazione a partire dal concetto di protesi (dal greco prothesis, letteralmente “mettere avanti”, “anteporre”): protesi sono i seni in silicone, ma vengono usate anche in chirurgia e odontoiatria; protesi sono le cosiddette cheethas di Oscar Pistorius ma anche quelle di ORLAN, madre della Carnal Art.
Il concetto di protesi è però qui strettamente connesso a quello di acrotomofilia, l’attrazione erotica per le vittime di amputazioni (o all’apotemnofilia, il feticismo per le amputazioni).
La coreografia, dunque, spinge la sua ricerca corporea lavorando su queste due polarità: la protesi come innesto e la mancanza come feticismo, approdando a una conversazione improbabile, a tratti surreale, ma incredibilmente vera e persino documentata.
SECHS è il secondo titolo della serata, firmato e interpretato da Luca Della Corte. Una coreografia di grande impatto e fortemente provocatoria sul tema della prostituzione, tornato fra l’altro molto attuale grazie al dibattito sulla riapertura delle case chiuse. La pièce, utilizzando i paradigmi della semiotica della pubblicità, e più in generale quelli della semiotica generativa, visiterà in maniera “tragironica” alcune figure chiave della prostituzione: da Frine a Jean-Antoinette Poisson (conosciuta come Madame de Pompadour) passando per Valeria Messalina e Mamma Cresswell. Attraverso il suo linguaggio magnetico e senza parafrasi, Della Corte si ispira a The History of Prostitution, un testo pubblicato negli Stati Uniti di Vern L. Bullough – e successivamente diffuso in Italia – che traccia una parabola insolita che dall’antica Grecia giunge alle “moderne” tenutarie della San Francisco degli anni ’60.
Sara Zuccari
Direttore www.giornaledelladanza.com
Ph. Matteo Bertelli