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Nei palchi della Scala – Cronologia dei proprietari dei palchi 1778 – 1920”

È consultabile da oggi all’indirizzo storiadeipalchi.teatroallascala.org il sito “Nei palchi della Scala – Cronologia dei proprietari dei palchi 1778 – 1920” che raccoglie e rende pubblici i risultati della ricerca sulle proprietà dei palchi scaligeri coordinata da Franco Pulcini che ha fornito la base storica alla mostra dallo stesso titolo curata da Pier Luigi Pizzi e inaugurata presso il Museo Teatrale lo scorso 8 novembre.

La mostra, sostenuta da JTI (Japan Tobacco International) e da La Cimbali e MUMAC con l’intervento del Partner tecnologico LG SIGNATURE e la collaborazione dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana per il catalogo, è chiusa al pubblico nell’ambito delle misure di contenimento dell’emergenza Covid19, ma il Teatro e il Museo rendono accessibile online il sito, permettendo agli studiosi e a tutti i milanesi di intraprendere un viaggio nella storia sociale della città attraverso la storia del Teatro. Aristocratici e imprenditori, re e artisti, letterati, benefattori e signore della cultura e della mondanità hanno acquistato, abitato, venduto i palchi facendo della Scala il palcoscenico della vita culturale, sociale e spesso politica di Milano. Per gli abbonati e tutto il pubblico sarà l’occasione di scoprire anche da casa la storia dei posti che occupano, e per alcuni eredi anche la storia della propria famiglia.

Lo studio su “I palchi e i palchettisti del Teatro alla Scala (1778-1920)”, realizzato dal Teatro alla Scala insieme al Conservatorio “G. Verdi” di Milano e alla Biblioteca Nazionale Braidense, ricostruisce minuziosamente questa storia fino al 1920, anno in cui inizia l’esproprio dei palchi in seguito alla costituzione dell’Ente Autonomo. La ricerca è stata coordinata per il Teatro alla Scala dal Direttore editoriale del Teatro Franco Pulcini ed è stata condotta da studenti e diplomati del Conservatorio selezionati mediante un bando per borse di ricerca, con il controllo scientifico di Pinuccia Carrer, Antonio Schilirò e Massimo Gentili Tedeschi per la Biblioteca Braidense.

Il sito

Il sito, finora visibile solo all’interno della mostra, rende disponibili a tutti le informazioni della ricerca ordinata nel database. Dalla home page è possibile accedere alla mappa digitale del Teatro oppure agli approfondimenti.

La mappa digitale è una riproduzione grafica del Teatro (tutti i disegni sono di Gianluca Biscalchin) in cui tutti i 155 palchi sono numerati e cliccabili. Cliccando su ogni palco si accede alla relativa scheda storica e alla cronologia dei proprietari. Per ciascuno dei 1325 palchettisti è stata redatta una scheda specifica. Per rendere più facilmente leggibili le trasformazioni sociali è possibile applicare una serie di filtri che evidenziano connotazioni sociali, di status o di genere dei proprietari (per esempio uomini o donne; nobili, musicisti, imprenditori, benefattori, ecclesiastici, famiglie o enti). Si ottiene così un’immagine delle trasformazioni sociali nel Teatro e nella città attraverso i decenni, anche incrociando i filtri con la cronologia che suddivide la storia scaligera nelle diverse epoche restituendo la composizione della proprietà per periodi o anche anno per anno.    

Gli approfondimenti offrono invece dieci percorsi che completano la mappa con cenni storici tra l’altro sulla nascita del Teatro, l’arredamento dei palchi, la pratica del gioco d’azzardo fino alla costituzione dell’Ente Autonomo. Una pagina è dedicata alla rilevante presenza femminile tra i proprietari; particolare interesse riveste anche l’approfondimento sugli ospiti poiché molti protagonisti della vita culturale milanese, da Stendhal a Manzoni e alla contessa Maffei, frequentavano assiduamente i palchi senza possederne uno.

La ricerca è pubblicata in forma estesa anche sul sito http://www.urfm.braidense.it/palchi.

Un Teatro e il suo pubblico

In ogni rappresentazione dal vivo, il pubblico è parte integrante dello spettacolo. E non solo perché ne determina il successo o l’insuccesso e stimola gli esecutori all’espressione artistica, specie in un teatro reattivo come La Scala. Ogni palco della Scala è sempre stato un palcoscenico in miniatura in cui la buona società faceva mostra di sé. Palco e palcoscenico, l’etimologia è la stessa, e dai documenti dell’epoca si scopre che i palchi degli ordini più bassi e più vicini al boccascena erano i più ambiti e richiesti, perché erano quelli in cui “si era visti” meglio, divenendo quasi parte integrante dello spettacolo.

La Scala è un cosiddetto “teatro all’italiana”, suddiviso in platea e palchi, che trasformano il teatro in un condominio di minuscoli salotti, un alveare di piccole stanze con una finestra sulla sala e sul palcoscenico, in cui ci si può mostrare, ma anche nascondersi, o addirittura spiare senza essere visti. Non tutti i posti in palco garantiscono una visibilità completa ma l’assiduità della frequentazione del teatro nell’Ottocento era tale che la rappresentazione era solo uno degli elementi che attiravano il pubblico. All’opera si andava per ascoltare la musica, poter incontrare amici e conoscenti, talvolta per giocare, ma anche per conoscere persone nuove, combinare affari, e in qualche caso ordire intrighi amorosi e politici: in origine la Lumiera, il grande lampadario centrale, venne fatta montare dalle autorità austriache proprio per controllare le frequentazioni pericolose e i gruppi di carbonari. Due palchi in particolare potevano destare i sospetti, il n° 14° II ord. sin. e il n° 5, I ord. des.) rispettivamente proprietà dei Porro Lambertenghi e dei Confalonieri, presumibilmente frequentati da Silvio Pellico, Piero Maroncelli e forse Giovanni Berchet. Alcuni palchi hanno mantenuto indenne dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale un arredamento personalizzato in cui l’elemento principale è lo specchio, che permetteva di spiare gli occupanti degli altri palchi senza essere osservati, oltre a svolgere la normale funzione di controllo delle pettinature e delle toilettes.

Come ideale prosecuzione del salotto aristocratico, il palco aveva un arredamento proprio con stemmi nobiliari, scelto dalle famiglie che ne erano proprietarie. Fin dal 1778 la proprietà della Scala era delle famiglie milanesi che consideravano una conferma del proprio prestigio essere nell’elenco dei palchettisti, come avere una tomba di famiglia al Cimitero Monumentale, un palazzo in città e una villa sul lago. Nel corso dell’Ottocento la fisionomia dell’insieme dei proprietari muta, insieme alla classe dirigente della città. La nuova borghesia milanese si era arricchita grazie alla produzione della seta e allo sviluppo rilevante dell’industria tessile. Un caso, fra molti è il citato palco Confalonieri (n° 5, I ord. des.), tramite un matrimonio con la vedova dell’industriale della seta Giovanni Battista Gavazzi. Riscoprire la storia dei palchi significa quindi non soltanto approfondire la conoscenza del nostro Teatro ma anche ripercorrere le trasformazioni sociali, economiche e del costume della città di Milano, della quale la Scala è rimasta specchio e punto di riferimento dalla fondazione fino a oggi. 

Sara Zuccari

Direttore www.giornaledelladanza.com

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