Il flamenco è una forma d’arte complessa nata in Andalusia tra XVIII e XIX secolo, frutto dell’incontro tra culture gitane, andaluse, arabe, sefardite e orientali.
Non si tratta solo di musica o danza, ma di un linguaggio identitario profondamente radicato nella storia di emarginazione e resistenza di molte comunità, in particolare quella gitana.
Si compone di tre elementi principali: canto, chitarra e danza.
Il canto esprime emozioni profonde, spesso legate alla sofferenza; la chitarra interagisce in modo attivo con il cantante e il ballerino; la danza, fisica e ritmica, trasforma la musica in gesto espressivo.
Il flamenco è inoltre fortemente improvvisativo, mantenendo un legame vivo con la tradizione orale e performativa mediterranea.
Durante il regime franchista, il flamenco fu strumentalizzato come simbolo folclorico nazionale, ma mantenne una funzione critica e identitaria per molti artisti.
Anche oggi, pur essendo riconosciuto come patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO, il flamenco si confronta con i rischi e le opportunità della globalizzazione: la contaminazione con altri generi ne rinnova il linguaggio, ma pone interrogativi sull’autenticità e la conservazione della tradizione.
In conclusione, il flamenco è una forma artistica viva, capace di raccontare dolore e bellezza, oppressione e resistenza, diventando oggi un simbolo universale di memoria culturale e trasformazione.
Michele Olivieri
www.giornaledelladanza.com
© Riproduzione riservata