“Prospettive01” è una rubrica rivolta ad artisti e contesti che rappresentano un mondo di talenti in continua evoluzione. Ideata e curata da Lorena Coppola, la rubrica si propone di raccogliere una serie di interviste e di articoli mirati a dar voce e spazio a tutte le fasce creative del mondo coreutico che costituiscono giovani realtà in via di sviluppo ed espansione, progetti innovativi, o realtà già consolidate, di spiccato talento, meritevoli di attenzione. Un luogo di rivelazione e di incontro di nuove prospettive.
“Gender Bender” è il festival internazionale interdisciplinare che presenta al pubblico italiano gli immaginari prodotti dalla cultura contemporanea legati alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e degli orientamenti sessuali. È un modello reale di come le differenze possano dare un contributo concreto alla costruzione di una societa più ricca e accogliente sotto il profilo umano, sociale e culturale. DANIELE DEL POZZO, ideatore e organizzatore di “Gender Bender” racconta come nasce e si sviluppa questo festival, unico in Italia.
Gender Bender Festival, cos’è e come nasce?
“Gender Bender” è il festival internazionale che presenta al pubblico italiano gli immaginari prodotti dalla cultura contemporanea legati alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e degli orientamenti sessuali. Il festival è interdisciplinare e propone un programma che si articola in spettacoli di danza e teatro, proiezioni cinematografiche, performance, mostre e installazioni di arti visive, incontri e convegni di letteratura, concerti e live set di musicisti e dj, party notturni. È un modello reale di come le differenze possano dare un contributo concreto – dal punto di vista artistico e culturale – alla costruzione di una società più ricca e accogliente sotto il profilo umano e sociale. “Gender Bender” è prodotto da Il Cassero LGBT Center di Bologna. Nasce nel 2003 sull’onda delle attività di programmazione culturale svolte all’interno dell’associazione con la Libera Università Omosessuale, un ciclo di appuntamenti settimanali sui temi del gender svoltisi dal 1995 al 2005, tenuti da critici, docenti, studiosi e artisti dei vari campi del sapere umanistico e scientifico e artistico. Quell’esperienza ha permesso di costruire una solida base teorica e una fitta rete di collaborazioni nazionali e internazionali che hanno dato il via a “Gender Bender”. Un altro elemento importante che ha determinato la nascita di “Gender Bender” è stato il cambio di sede dell’associazione Il Cassero avvenuto nel 2002 con il trasferimento alla Salara, l’antico deposito del sale della città, posto all’interno della Manifattura delle Arti, il polo culturale in cui hanno sede il Museo d’Arte Moderna di Bologna, la Cineteca di Bologna e la Università degli Studi con il Dipartimento di Musica e Spettacolo. Condividere una stessa area con questi soggetti ci ha suggerito di dare forma ad un progetto culturale che permettesse di aprire una collaborazione tra pari con gli altri enti ed istituti sui nostri temi, indirizzandolo naturalmente verso una dimensione multidisciplinare che unisse forme di espressione artistica differenti.
I principi su cui si fonda
“Gender Bender” si fonda sulll’idea che le differenze possano essere un elemento di ricchezza nella costruzione delle società contemporanee. Crede nell’idea che ogni esperienza umana ed artistica abbia un valore se messa in un dialogo ricco e articolato con altre, anche apparentemente distanti da essa. È questo il motivo per cui il festival ha una natura multidisciplinare, internazionale e dedica un’attenzione particolare verso le diverse culture, identità e le differenti età dell’uomo e della donna.
L’idea di creare un Festival dedicato all’identità di genere e all’orientamento sessuale come si pone nel contesto della cultura italiana?
Credo in maniera assolutamente necessaria dal punto di vista culturale e sociale. Anche oggi, nel 2014 e in Italia, considerato un paese avanzato dal punto di vista economico e sociale, le differenze di genere restano sostanziali. Sono fenomeni profondamente radicati nel tessuto culturale del nostro paese, che ancora oggi generano profonde disuguaglianze tra uomini e donne dal punto di vista delle possibilità di inserimento lavorativo, di riconoscimento di diritti, di pari opportunità, accesso all’istruzione, riconoscimento economico. Per non parlare dei drammatici fatti registrati quotidianamente sulla cronaca nazionale legati al femminicidio, alla violenza sulle donne, ai suicidi di giovani gay e lesbiche, a casi di bullismo e omofobia.
All’estero esiste un esempio parallelo?
In questi anni recenti cominciano ad apparire in campo internazionale degli altri esempi di progetti culturali multidisciplinari legati al genere. “Gender Bender” è stata, credo, la prima esperienza di questo tipo in Europa, insieme a Queer Zagreb in Croazia, entrambi nati nel 2003. Non è un caso che entrambi siamo partner del progetto europeo “Performing Gender”, dedicato alla formazioni di 16 giovani coreografi da quattro paesi sui temi del gender.
In che modo avviene la selezione degli artisti e degli spettacoli che ne fanno parte?
In maniera redazionale. Come direttore artistico, mi avvalgo della collaborazione di curatori per i diversi ambiti culturali: danza, teatro, cinema, arti visive, musica, letteratura. In questo dichiaro immediatamente una modalità di lavoro inedito in Italia, che non accentra nella figura del direttore artistico tutte le funzioni e decisioni, ma genera un principio collaborativo in cui si tengono necessariamente in considerazione le suggestioni, le idee e gli spunti proposti da ognuno.
Vi è un “trait d’union” a livello dei contenuti?
Di fondo sono i principi su cui si fonda il festival: le differenze possano essere un elemento di ricchezza nella costruzione delle società contemporanee. Poi, edizione dopo edizione, riusciamo a costruire dei percorsi-senso che legano le diverse proposte e i diversi appuntamenti, anche in maniera trasversale nelle diverse discipline. Un esempio tra i tanti, il “fil rouge” di questo anno sulla rappresentazione del corpo e del desiderio nella terza età, un tema che è stato rappresentato attraverso spettacoli, laboratori e workshop di danza, proiezioni cinematografiche e incontro con autori della letteratura.
Lei ha detto che è tempo di “identità rivelate”, in che senso?
Nel senso positivo del termine. Come esseri umani tendiamo a nascondere ciò che consideriamo sbagliato o inadeguato, spesso adottando lo sguardo e il giudizio degli altri sulla forma del nostro corpo, sui nostri desideri, sulle nostre abitudini. Credo che abdicare a quello sguardo e a quei giudizi possa essere un gesto che richiede del coraggio, ma che di certo potrebbe permetterci di aprire un dialogo più franco e ricco con gli altri.
Dal punto di vista della danza, il Festival che genere stilistico predilige?
“Gender Bender” è un festival che ragiona sulla contemporaneità, che indaga i fenomeni in trasformazione nella cultura di oggi in diverse parti del mondo. Anche sulla danza siamo interessati al lavoro di giovani coreografi che utilizzano il linguaggio del contemporaneo.
Il Festival prevede anche altre iniziative oltre a quelle prettamente performative?
Certamente, è un festival multidisciplinare. Oltre a ciò, è un progetto culturale che da alcuni anni sta ampliando le proprie attività al di fuori del periodo festivaliero, attraverso dei progetti speciali. Il primo è “Performing Gender”, un progetto europeo che unisce danza contemporanea e ricerca sul genere, realizzato in partnership con “Dutch Dance Festival” di Maastricht (Paesi Bassi), “Paso a 2 – Certamen Coreografico de Madrid” (Spagna) e “Queer Season – Domino di Zagabria” (Croazia). È sostenuto dall’Unione Europea attraverso il Programma Cultura 2007 – 2013 (strand 1.2.1, progetti di cooperazione). Cominciato nel maggio 2013, terminerà a Bologna nel marzo 2015. Coinvolge 17 artisti tra coreografi, performer e artisti visivi, provenienti dai quattro paesi europei, impegnati in un percorso biennale di formazione e creazione. L’obiettivo è creare opere coreografiche che rappresentino le identità con il linguaggio della danza, per inaugurare un dialogo aperto sulle differenze. L’altro progetto speciale è Teatro Arcobaleno, rivolto ai bambini e alle loro famiglie. Utilizza il linguaggio teatrale per promuovere il rispetto delle differenze, viste come portatrici di ricchezza culturale. È un percorso formativo della durata di un anno, promosso in partnership con Teatro Testoni Ragazzi / La Baracca, Fondazione ERT Emilia Romagna Teatro, Pubblico Teatro di Casalecchio e CSGE – Centro Studi sul Genere e l’Educazione del Dipartimento di Scienze dell’Educazione Giovanni Maria Bertin dell’Università degli Studi di Bologna.
Gli spunti per la prossima edizione?
Ne abbiamo sempre un cassetto pieno: tenetevi sintonizzati per scoprire le prossime novità!
Lorena Coppola
www.giornaledelladanza.com