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“Realtà e coreografi emergenti” – Danza Flux: un “flusso” di danza creativa alla scoperta di nuovi linguaggi

Fabrizio Varriale

Partono da percorsi di danza contemporanea Chiara Alborino e Fabrizio Varriale, per approdare alla loro realtà: Danza Flux, un punto di incontro e di studio tra danzatori professionisti, una compagnia, un luogo non luogo di ricerca, ossia una dimensione aperta a tutti gli spunti di interazione e di lavoro sul corpo danzante. Un percorso fatto di esplorazioni “oltre” i linguaggi e gli stili codificati in direzione di un seme di innovazione e di conoscenza senza preclusioni.

Danza Flux, come nasce questa realtà?

Danza Flux nasce nel 2006, prima di tutto come compagnia di danza contemporanea di ricerca, dall’esigenza di dare un luogo fisico al nostro percorso artistico come danzatori e coreografi. In questi anni siamo entrati in contatto con numerose esperienze e artisti che tuttora lavorano professionalmente nell’ambito della danza contemporanea e crediamo sia importante condividere il nostro percorso con la nostra città, in particolar modo dedicandoci alla formazione di danzatori che vogliono inserirsi nell’ambito professionale della danza.

Il vostro punto di partenza è la  ricerca sul movimento, quali sono i principi e i contenuti di questa ricerca?

La ricerca sul movimento, contrariamente a quanto molti pensano a primo impatto, non significa anarchia o mancanza di rigore o regole, la ricerca implica un’apertura mentale e una capacità fisica di messa in opera e in discussione di nuove metodologie sia a livello dell’apprendimento della danza sia a livello della sperimentazione sul movimento nell’ambito della ricerca coreografica. Il corpo è il punto di partenza, il corpo è per un danzatore il massimo strumento per esprimersi, è capace di ricercare un linguaggio sempre nuovo, il corpo è il soggetto dell’esperienza, è il soggetto che danza. Esistono oggigiorno in tutta Europa e nel mondo, e già da anni, esperienze nuove sia nella pratica della danza che nello sviluppo delle tecniche come la Release, la Floor Work, l’Axis Syllabus che si fondano sull’integrazione, nella formazione professionale di un danzatore, di pratiche somatiche, come il Metodo Feldenkrais, il Body Mind Centering, che mirano ad uno sviluppo ed un miglioramento delle capacità di apprendimento. Esistono in tutto il mondo scuole ampiamente riconosciute dove si praticano tutte queste tecniche e per un danzatore che oggi voglia affrontare e conoscere la danza contemporanea non si può oramai prescindere dall’acquisizione di queste pratiche. Tutti i danzatori delle maggiori compagnie attuali che portano un livello qualitativo alto sia da un punto di vista tecnico che autoriale praticano queste tecniche. Abbiamo esempi di notevoli compagnie come C de la B di Alain Platel, la compagnia Ultima Vez di Wim Vandekeybus (e sono solo alcuni esempi) e  i tanti centri coreografici di tutto il mondo che convalidano tali presupposti.

Nel riferirvi al vostro lavoro parlate di nuova danza, in che cosa sentite di essere innovativi nel vostro percorso rispetto ad altre realtà?

Essere innovativi nel nostro territorio implica una grande dose di coraggio e messa in discussione, implica una volontà di adeguarsi inevitabilmente ai canoni internazionali. Non possiamo pensare di formare danzatori che si trovino impreparati di fronte ad audizioni con compagnie straniere o ad affrontare classi di livello avanzato dove si richiede al danzatore stesso di avere una certa flessibilità e capacità di malleabilità fisica, oltre che di avere buone capacità nelle pratiche di improvvisazione e composizione coreografica. Questo, forse, non so, ci rende “innovativi”, nel senso che amiamo aggiornarci come danzatori e insegnanti continuamente e trasmettere i contenuti  del nostro livello di aggiornamento e di ricerca a chi entra in contatto con noi, sia nelle classi tecniche sia nei laboratori coreografici.

I progetti all’attivo sinora?

Finora abbiamo attivato numerosi progetti importanti sia come associazione che come compagnia. Abbiamo vinto per tre anni consecutivi il bando di Anticorpi Xl con due progetti coreografici Basi studio fisico, una coreografia per quattro danzatori, e Black Longhair’s Trip, un assolo di Fabrizio Varriale, basato sulla lettura di J. Kerouak e su una libera ispirazione sulla Beat Generation. Il progetto poi, oltre che in Italia, lo abbiamo presentato in Francia, e nel 2010 in Cile, nel Festival Danzalborde, uno dei principali festival del network internazionale CQD. Per la formazione abbiamo attivato un interessante percorso laboratoriale annuale di improvvisazione e composizione coreografica che si chiama “mcs- movement creative strucures” in cui i danzatori frequentano fino a sei lezioni settimanali di tecnica release/floor work, contact improvisation, partnering e sbarra contemporanea, oltre ai laboratori coreografici. Inoltre abbiamo attivato un percorso condiviso di ricerca coreografica che si chiama “Danze di Ricerca”, all’interno del quale rielaboriamo il materiale coreografico sviluppato negli anni come compagnia e apriamo la sperimentazione ad attori e danzatori che desiderano condividere con noi la ricerca sul movimento. Dal 2010 collaboriamo con un network italo-americano da noi fondato insieme a coreografi, collettivi e compagnie provenienti dal Cile, dalla Colombia, dal Canada, con cui apriamo dei periodi di residenza coreografica, spettacoli, performance e workshop, permettendo ai danzatori napoletani di entrare in contatto con coreografi di alta esperienza professionale.

Chi sono danzatori che fanno parte della compagnia e in base a quali criteri sono selezionati per i progetti da portare in scena?

Come compagnia negli anni abbiamo aperto la collaborazione a più danzatori. Amiamo selezionare danzatori preparati non solo da un punto di vista tecnico ma soprattutto che dimostrino una maturità e una duttilità nel vivere l’esperienza scenica e che siano capaci di vedere oltre la danza con curiosità, di ricercare e fare esperienza attraverso una forte messa in discussione dei propri credo e delle proprie abitudini di movimento. Abbiamo collaborato inoltre con attori-danzatori o artisti di strada che, pur non provenendo da un percorso prettamente tecnico, rispondevano in maniera adeguata alle specifiche esigenze di determinati progetti.

Cos’è la danza contemporanea per voi? E cosa racchiude oggi questa definizione a vostro avviso?

La danza contemporanea è nata sul finire dell’800 grazie alle esperienze originate in America ed in Germania, e poi in Francia grazie a pensatori come Cunningham, Martha Graham, Limon, Pina Bausch e poi ancora con l’avvento della nuova danza francese sono nati coreografi, centri di sviluppo del movimento e i danzatori di tutto il mondo ancora oggi ricercano sulle spalle di questa grande tradizione che ci precede.  Siamo debitori nei confronti di chi ci ha preceduto di quello che oggi è la danza contemporanea. E oggi danza contemporanea è ricerca sul movimento, sul corpo del danzatore come corpo che in scena agisce e parla, portatore di universi poetici e improbabili, è aprire la creatività e portare alla luce nuovi significati su quello che è il linguaggio universale del corpo.

Come realtà operante in un tessuto sociale difficile quale quello partenopeo, come vi ponete rispetto al contesto e secondo quale chiave di penetrazione del territorio cercate di portare alla luce il vostro impatto artistico? 

Il territorio campano, come del resto l’Italia in generale, sicuramente non offre dal punto di vista organizzativo e produttivo grosse risorse per le compagnie e gli artisti che intendono investire la propria vita in quest’arte meravigliosa. Talvolta, siamo tentati dal pensiero di fuggire via e di andare all’estero, come hanno già fatto tanti nostri colleghi, ma, in fondo, è qui che il nostro desiderio di danzare è nato e vorremmo ancora per un po’ provare a trovare soluzioni e non abbandonare il nostro Paese. D’altra parte, sentiamo anche che qui la presenza di energia-lavoro è indispensabile e possa far crescere discorsi ancora inesplorati. Guardandoci intorno tutti i giorni, ci accorgiamo che la mancanza di strumenti e di aggiornamento crea in questo territorio e nel paese un clima stagnante che non è utile alla danza, che, invece, ha bisogno di essere reinventata quotidianamente. La danza è in continua trasformazione, è questa la sua bellezza, ed è quello che ci tiene vivi, ci nutre e aumenta la nostra voglia di comunicarlo ed insegnare. Nella formazione, ad esempio, nel tempo abbiamo visto danzatori cambiare completamente il proprio modo di approcciare al movimento. Danza Flux continua a fare un enorme lavoro in questo senso, creando le possibilità di confronto sia per i giovani, una risorsa importantissima, che per le persone adulte, che intendono ancora mettersi in discussione nell’ambito professionale. Abbiamo attivato nel tempo programmi formativi di grande qualità, e invitato artisti nazionali ed internazionali che ad oggi cavalcano l’onda della ricerca coreografica attuale, segnando anni di grande cambiamento per i danzatori che hanno partecipato alle nostre attività, rare nell’ambito della danza sul nostro territorio.

“Leave  things be memories”, è il nuovo lavoro che debutterà il prossimo 13 aprile al Teatro Nuovo di Napoli nell’ambito delle iniziative del Circuito Campano della Danza, su cosa si basa?

Leave things be memories è un progetto inedito, liberamente ispirato alla Street Photography ed alla vita misteriosa della fotografa americana Vivian Maier. Il lavoro vuole riflettere sul rapporto tra corpo e immaginario, un contenitore di memorie e visioni nate durante il processo coreografico. Siamo partiti da uno specifico lavoro sui segni fotografici e sui dettagli come stralci di vita racchiusi all’interno delle proprie cornici, ricercandone l’abitabilità attraverso il nostro spazio fisico. In questo modo sono emerse via via questioni che hanno sin dall’inizio costruito un primo filo drammaturgico del progetto. Quando lavoriamo lasciamo che tutte le cose che arrivano, che siano importanti o meno, abbiano una loro vita e cerchiamo poi un centro dentro il quale lo spettacolo sia custodito o si riveli. Leave things…nasce da un’enorme valigia piena di sperimentazioni, riferimenti e immagini che con il tempo hanno preso una loro forma e dato vita a un viaggio tra frammenti di memorie fisiche che svelano storie di persone che desiderano recuperare segni di sé, di luoghi, del proprio vissuto, talvolta irraggiungibile, altre volte concreto o solo evocato.

Il messaggio che cercate di veicolare attraverso la vostra danza?

La danza è un universo complesso e articolato, ma nello stesso tempo accessibile a tutti. La danza è apertura, comunicazione e condivisione, quindi tutti possono praticarla e tutti possono fruirne, ma, per arrivare a gustarne a pieno i significati, occorre conoscerla come pratica e come arte.

Un messaggio conclusivo…

Ci auguriamo, rispetto al momento difficile che l’arte sta vivendo in Italia, che nel futuro prossimo più risorse vengano messe a disposizione di chi quest’arte la pratica e la sostiene come professione.  Ci piace concludere questa intervista con una citazione di Antonin Artaud , che dice:  «Il più piccolo atto di creazione spontanea è infinitamente più complesso e più rivelatore di una qualsiasi metafisica».

 

 Lorena Coppola

 

 

 

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