“L’uomo lombardo non balla”. Questa lapidaria risposta che Aurel Milloss amava ricordare risale al 1948 quando il Sovrintendente Antonio Ghiringhelli commentò il desiderio espresso dal Maestro di dotare il corpo di ballo del Teatro alla Scala di elementi maschili. Un aneddoto che oggi, ri-familiarizzati con la danza maschile, ci fa forse sentire lontani quei tempi. Eppure, anche da piccoli segni, si può percepire come alcuni luoghi comuni siano lenti a scomparire. Fra questi ve n’è uno, di certo più lieve delle problematiche analizzate dai recenti studi su danza e gender apparsi negli ultimi decenni, ma piuttosto resistente che, partendo dal pregiudizio tipicamente borghese che la danza sia soprattutto da declinare al femminile, immagina il ballerino pressoché esclusivamente relegato al ruolo di porteur dell’étoile. Il pensiero di Ghiringhelli, a dire il vero, si ricollegava ad un sentire contrario alla figura del ballerino diffuso anche fuori d’Italia e assai ben evidenziato già nella didascalia di una stampa di Edouard de Beaumont databile intorno al 1860: ”Le désagrément d’une danseuse, c’est qu’elle nous amène quelquefois un danseur!” Un’immagine che sembra contraddire le vette raggiunte dalla danza maschile nei secoli precedenti, la considerazione della quale portò Jean Baptiste Isabey a immortalare Auguste Vestris seppur ...
Read More »