Nel grande teatro del balletto classico, le danze di carattere non sono solo ornamento, ma veri e propri frammenti di mondo. Travestite da folklore, da fiaba o da cerimonia, queste danze si insinuano nella struttura narrativa e scenica dei grandi titoli ottocenteschi, svelando un lato meno noto del virtuosismo accademico: quello che parla la lingua delle culture. Nei tre capolavori di Čajkovskij – Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci e La Bella Addormentata – esse si trasformano in specchi dell’umano, celebrando la varietà e il ritmo della vita. Nel terzo atto del Lago dei Cigni, la corte celebra un momento solenne: il principe deve scegliere la sua sposa. Ma ciò che si consuma sul palco è qualcosa di più profondo. La scena si trasforma in una galleria di maschere nazionali: una mazurka polacca, una csárdás ungherese, una tarantella napoletana, una danza spagnola. Ogni popolo entra in scena non come entità storica, ma come simbolo, portando con sé profumi, gesti e ritmi stilizzati. Ma il vero scopo di queste danze non è folklorico: sono un velo, un artificio, un teatro dentro al teatro. Sotto i tamburi, i ventagli e i tacchi, si cela la trappola tesa da Rothbart. È in questo contrasto ...
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