Nel pantheon delle Muse della mitologia greca, ciascuna divinità incarna un aspetto dell’arte o della scienza, ma poche evocano un’immagine tanto dinamica e viva quanto Tersicore, la musa della danza e del canto corale.
Nell’iconografia classica, Tersicore è spesso rappresentata come una giovane donna aggraziata, con una lira o una cetra in mano — simboli che rimandano al legame tra danza, musica e poesia — mentre si muove in una posa sinuosa, quasi colta nell’atto di un passo armonioso.
Non si tratta soltanto di danza intesa come divertimento o esibizione, ma della danza come atto sacro, come ponte tra il corpo e lo spirito, tra il terreno e il divino.
Il legame tra danza e parola si riflette ancora oggi in molte tradizioni performative: dal balletto classico, che narra storie attraverso il gesto, fino alla danza contemporanea, che esplora i limiti del linguaggio corporeo.
In ognuna di esse si può sentire l’eco di Tersicore, musa silenziosa ma onnipresente che oggi ci ricorda l’importanza di rallentare, ascoltare il ritmo interno, e lasciare che il corpo parli.
In ogni coreografia che tocca il cuore, in ogni passo che racconta una storia, Tersicore si manifesta silenziosa ma viva.
Perché danzare, in fondo, è un tributo eterno a colei che per prima trasformò il movimento in poesia.
Michele Olivieri
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