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Una targa per Lindsay Kemp al Teatro Goldoni di Livorno

Lunedì 22 dicembre alle ore 17, nella Sala Mascagni del Teatro Goldoni, nel corso di una cerimonia aperta al pubblico, sarà scoperta una targa dedicata al grande artista Lindsay Kemp.

Il rapporto con Livorno e con il Goldoni inizia già dagli anni ’70. Dopo che il miracolo di Flowers, la sua prima e più famosa creazione, gli ha aperto le strade del mondo, influenzando la cultura e il modo di fare teatro di innumerevoli Paesi, Lindsay porterà a Livorno ogni sua produzione.

Sicuramente il rapporto con la città diventa molto più stretto a partire dagli anni ’90 quando gli vengono affidate regie di opere liriche, produzioni del Teatro Goldoni, fino all’ultima, più recente ripresa de Il Flauto Magico nel 2016. Diventa quindi sempre più stretto il legame con il Teatro in tutti i suoi reparti.

Nel 2009 questo amore si concretizza nella scelta di trasferirsi definitivamente a Livorno, di farne la sua hometown, come amava chiamarla, di trascorrervi da vero livornese l’ultimo decennio della sua vita e di fare del Teatro Goldoni la “casa” della sua creatività. Sono gli anni in cui dedica attenzione anche all’insegnamento. Livorno diventa inoltre la sede delle prove delle nuove creazioni della Compagnia che da lì andranno poi in tour in Italia, Spagna e Regno Unito. Sono anni in cui si intensificano anche le collaborazioni di una vita con artisti livornesi.

Ad ogni intervista in tutto il mondo alla solita domanda, perché Lindsay Kemp avesse scelto Livorno, ha sempre raccontato come lui, nato vicino a Liverpool, avesse trovato in Livorno un ritorno alle sue origini in una città di porto. Ha sempre raccontato con amore la leggenda inglese per cui si riteneva che nella voce dei gabbiani si reincarnasse la voce dei marinai morti in guerra e per questo si sentisse sempre salutato ed incoraggiato da suo padre. La summa della poetica di Lindsay si riassume nelle parole che usava più frequentemente. For you! e poi fate di ogni vostro gesto un regalo per gli altri… danzate con il vostro cuore sulle vostre mani. Ecco, si pensa che abbia sempre amato nei livornesi il loro vivere con il cuore in mano!

Questa targa è un omaggio bellissimo, e anche molto semplice, che il suo teatro e la sua città rendono ad un artista cosmopolita ed internazionale che ha scelto Livorno e ha amato sentirsi livornese.

David Haughton ed io — dichiara Daniela Maccari, insieme ad Haughton i più stretti collaboratori di Lindsay Kemp — , siamo enormemente felici che una targa possa ricordare per sempre il particolare rapporto di amore e scambio di arte che Lindsay ha avuto con Livorno, i livornesi e il meraviglioso Teatro Goldoni, per molti decenni.E siamo sicuri che la stessa gioia la provino i tantissimi livornesi, del mondo del teatro e non, ancora incantati dai generosi insegnamenti o dalla simpatia innata di Lindsay, oppure i tanti giovani ancora col cuore pieno delle sue lezioni e i tanti grandi artisti che hanno collaborato con lui.Per questo il nostro ringraziamento a tutti ed in particolare all’Assessore Angela Rafanelli che tanta cura ed amore ha posto nell’iniziativa.

Interverranno alla Cerimonia: Angela Rafanelli — Assessora alla cultura del Comune di Livorno, Emanuele Gamba — direttore artistico del Teatro Goldoni, David Haughton e Daniela Maccari – principali collaboratori di Lindsay Kemp.

LA CERIMONIA È APERTA ALLA CITTADINANZA

Lindsay Kemp: lalchimista delle emozioni sceniche
di Michele Olivieri
Nel mondo del teatro, pochi artisti hanno saputo fondere con tale forza e libertà l’immaginario onirico con l’espressione fisica come Lindsay Kemp. Visionario, trasformista, maestro del gesto e dell’ambiguità, Kemp ha incarnato un’arte che sfugge alle definizioni: danza, mimo, teatro fisico, opera visiva, performance totale. Ogni sua apparizione era un rituale: barocco, struggente, irripetibile. Nato in Inghilterra, Lindsay Kemp crebbe in un’epoca in cui l’espressione queer e l’arte d’avanguardia dovevano sopravvivere ai margini. Ma fu proprio ai margini che Kemp trovò la sua forza. Dopo gli studi alla Bradford School of Art e alla scuola di danza di Marie Rambert, si spostò a Londra e poi a Parigi, dove si innamorò del mimo sotto la guida di Marcel Marceau. Negli anni ’60 fondò la Lindsay Kemp Company, compagnia che divenne rifugio per outsider e fucina di sperimentazioni. Kemp sfidava ogni convenzione, portando in scena personaggi androgini, mondi gotici e visioni erotiche, mescolando il sacro e il profano con audacia pittorica. Ogni spettacolo di Lindsay Kemp era una cerimonia sensoriale. In Flowers (ispirato a Notre-Dame-des-Fleurs di Jean Genet), Kemp impersonava Divine con tale intensità da lasciare il pubblico in estasi o in scandalo. Truccato, seminudo, vulnerabile e feroce, portava in scena un’umanità marginale con una compassione crudele, quasi pasoliniana. La musica, la danza e il trucco non erano strumenti accessori, ma parte integrante del linguaggio drammatico. Kemp non “recitava” i personaggi: li incarnava. Era un Pierrot tragico, una diva elisabettiana, un Cristo pagano. Nessuna maschera era mai davvero maschera: era sempre rivelazione. La sua eredità non si limita al teatro. Lindsay Kemp fu mentore e ispiratore di David Bowie, che studiò con lui mimo ed espressione corporea. Il personaggio di Ziggy Stardust è impensabile senza l’impronta estetica e teatrale di Kemp: lo sguardo fisso, il corpo alieno, la teatralità del movimento. Anche Kate Bush, altra icona della sperimentazione musicale e performativa, fu influenzata dalla poetica di Kemp, così come numerosi danzatori, performer e registi che oggi esplorano la contaminazione tra generi artistici. Negli anni Ottanta, Kemp trovò in Italia una seconda casa. Affascinato dalla teatralità innata della cultura italiana, stabilì qui la sua compagnia e fu regolarmente in tournée tra teatri di prosa, festival alternativi e ambientazioni storiche. In Italia insegnò, creò e visse, trovando un pubblico che non solo lo ammirava, ma lo amava visceralmente. Fu in Toscana che trascorse gli ultimi anni della sua vita, senza mai interrompere l’attività creativa. Continuava a insegnare con passione e carisma, trasmettendo la sua arte fatta di intuizione, fragilità e intensità. Lindsay Kemp si è spento a Livorno il 24 agosto 2018, ma la sua presenza aleggia ancora tra le quinte rosse dei teatri e nei corpi di chi ha danzato una volta sotto la sua guida. Il suo lascito è uno dei più difficili da definire: non si misura in premi o in curriculum, ma nella trasformazione profonda che ha saputo provocare in chi lo ha visto o conosciuto. In un mondo spesso iperrealista e ansioso di classificazioni, Lindsay Kemp ci ha ricordato che il corpo è un contenitore sacro di mistero. Che il travestimento può essere rivelazione. Che l’arte non deve spiegare, ma incantare. Kemp ha vissuto come ha creato: senza regole, con devozione, con un amore totale per l’arte come gesto vitale. Chiunque lo abbia incontrato — sul palco o fuori — sa che non era solo un artista, ma una visione incarnata. E come ogni visione, non appartiene a una sola epoca. Lindsay Kemp è ancora qui, ogni volta che un corpo danza ciò che le parole non possono dire.

Michele Olivieri

Foto di Richard Haughton

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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