Hai iniziato i tuoi studi al Teatro San Carlo di Napoli sotto la direzione di Anna Razzi, poi ti sei trasferito alla Scuola Nazionale del Balletto di Cuba dove ti sei diplomato come ballerino e maestro. Cosa ti ha portato dall’Italia in un paese cosi lontano?
Gli anni della scuola al Teatro San Carlo di Napoli sono stati stupendi, ne ho un ricordo bellissimo. La Signora Razzi, oltre ad essere stata una grande ballerina, è un’ottima direttrice, secondo me la persona giusta per un ambiente come Napoli. Lei mi ha fatto crescere tanto e, nonostante fossi un bambino senza troppe condizioni, ha creduto in me accettandomi alle audizioni per entrare nella scuola. Col passare degli anni però sentivo che mi mancava qualcosa, non mi bastava più quello che facevo, volevo fare di più, desideravo lavorare 11-12 ore al giorno per poter migliorare. All’epoca ogni anno frequentavamo lo stage di Vignale Danza, dove guardavo le lezioni, gli spettacoli, il concorso e, quando vidi gli elementi della scuola cubana in scena, dissi a me stesso: “così voglio ballare: con quella tecnica, quel virtuosismo, quella forza e con la forte virilità maschile che caratterizza la scuola cubana di balletto. A Torino c’era la direttrice della scuola cubana, Ramona De Saa, parlai con lei, ero deciso, mia madre credeva che stessi impazzendo, anche perché a Napoli mi andava tutto bene, sempre buoni voti, ballavo tanto, non c’erano spiegazioni per loro, e neanche per Signora Razzi, ma io sapevo che era la scelta giusta e il tempo mi ha dato ragione.
La prima volta che sei andato in scena che sensazioni hai provato?
Ricordo che è stato bellissimo. Era un saggio nella mia prima scuola di danza, ma non avevo paura, non ho mai paura di solito, sono nervoso sì, ma al punto giusto, altrimenti non sentirei quello che faccio. Io sono un ballerino che rende molto di più in scena, sul palco, che in una sala prove. Il teatro mi esalta, mi carica, il brivido di sentire gli applausi è unico, non so, sarò strano, ma per me è così, l’adrenalina dello spettacolo mi dà una marcia in più.
I principali teatri dove hai ballato?
Balletto Nazionale di Cuba, Balletto Classico di Reggio Emilia, European Ballet di Londra, Balletto di Budapest, Opera di Praga e Introdans come artista invitato.
Da Italiano come hai vissuto il fatto di essere un talento riconosciuto all’estero?
Non sono il primo e non sarò nemmeno l’ultimo artista ad essere riconosciuto prima all’estero e poi nel suo paese. Nella danza ci vuole tanta pazienza, ma il lavoro ripaga sempre. Adesso sono in Italia da due anni e il pubblico italiano è splendido nei miei confronti. Sto partecipando a numerosi galà di danza e festival e a maggio avrò un appuntamento importantissimo al Gran Galà di Danza di Roma, dove ballerò al fianco di artisti come Eleonora Abbagnato, bellissima gratificazione per la mia carriera.
Hai vinto numerosi premi, sia in Italia che all’estero, qual è stato il riconoscimento che ti ha gratificato maggiormente?
Ho magnifici ricordi di tutti i premi vinti, specialmente nei concorsi, ma la cosa che mi ha gratificato di più sono state le parole di Maya Plisetskaia, presidentessa dell’ultimo mio concorso, al Nureyev Ballet Competition di Budapest, quando mi ha detto che il mio modo di danzare la emozionava. Anche se in quella occasione fui solo finalista e non vinsi nessun premio, le parole dette da un artista come lei mi hanno gratificato tantissimo.
Ci sono state persone o maestri, in particolare, che hanno segnato particolarmente la tua crescita artistica?
Sono tanti. Fondamentale è stato l’apporto della mia famiglia, mi hanno lasciato fare tutto quello che volevo ed hanno sempre creduto in me, anche in un ambiente come Napoli. Al sud un bambino che studia danza non è visto proprio bene, ci sono tanti pregiudizi, ma loro sono stati bravi e poi l’apporto economico da una famiglia non proprio benestante come la mia, sono stati fatti tanti sacrifici. Fra i miei maestri, la Signora Razzi è stata la prima a capire le mie qualità, che poi a Cuba sono state sviluppate al massimo. Marta Bosch, Adria Velasquez, Ramona De Saa, Fernando Alonso sono state maestre fondamentali per me, poi ci sono stati tanti altri, come il maestro Stefanescu, che anche da coreografo ha plasmato il mio modo di ballare.
Quando sei tornato a lavorare in Italia?
Sono tornato nel 2007, dopo due anni all’Opera di Praga, esperienza dal punto di vista professionale ottima. Ero primo solista, la compagnia aveva un repertorio molto ampio che variava dal classico al neoclassico e dal contemporaneo al moderno, però umanamente era un pò triste. Con me c’era mia moglie, anche lei ballerina, e non siamo mai riusciti ad ambientarci completamente a Praga, dove hanno una cultura molto nordica e le persone sono fredde, distaccate. Noi non siamo riusciti ad imparare il ceco e così era tutto un pò difficile, quindi, quando mi si è presentata la possibilità di rientrare in Italia, l’ho fatto.
Quali sono stati i momenti più difficili della tua carriera?
Nella carriera di un ballerino ci sono tanti momenti difficili, le audizioni che non sempre vanno bene, i contrasti con direttori di teatro, gli infortuni, però quello che ho avuto io è stato un po’ troppo forte, mi riferisco a quando la mia compagna, nonché la mia partner, si è ammalata di cancro. È stato uno shock. Eravamo tornati in Italia da tre mesi quando ci siamo ritrovati in un incubo. Forse il destino ha voluto che lasciassi Praga per tornare a casa, perché, come accennavo prima, sarebbe stato difficile sopportare la situazione all’estero.
Ci sono stati momenti in cui hai pensato di abbandonare tutto?
Visto quello che mi è capitato, avendo allora una bambina di quattro anni, mi è passato per la mente. Ma, quando meno te lo aspetti, anche grazie proprio a mia moglie, ho acquisito una forza incredibile, un motivo in più per andare avanti nella vita e nella danza. Adesso come non mai sto dando il massimo di me stesso, ballo con la mia e la sua forza, è incredibile, stiamo combattendo una battaglia che, grazie al nostro amore che ci unisce da 13 anni, vinceremo. Mi ha anche aiutato tanto il luogo dove lavoro attualmente, il Balletto Classico di Reggio Emilia. Qui sono rinato, mi sono sempre stati di conforto tutti, dalla sarta alle segretarie, dai ballerini ai direttori Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, ai quali sarò sempre riconoscente.
Dedichiamo la nostra vita alla danza, ma la danza stessa in fondo è vita, nel suo significato più profondo…
Credo che sia molto vera questa frase, perché ogni vero artista sente la necessità di donare tutta la sua vita alla danza, ma, a sua volta, senza di essa non vivrebbe e si riceve dalla danza vita, energia e forza nella stessa proporzione con cui si ci dona ad essa.
Qual è il traguardo più importante per un ballerino?
Penso che un ballerino non abbia un vero e proprio traguardo, non può mai accontentarsi, deve sempre mettersi in gioco, migliorare spettacolo dopo spettacolo. Solo così si cresce, perché quando pensi di aver raggiunto un obiettivo, ce n’è subito un altro dietro l’angolo e devi essere pronto, mai appagato. Poi, quando il fisico ti dirà basta, allora tirerai le somme della tua carriera, ma, se per le tue possibilità hai dato il massimo, non avrai rimpianti.
Pensi di dedicarti un giorno all’insegnamento?
Premetto che non è detto che chi sia stato un buon ballerino sia un buon maestro. Per la mia esperienza, ad esempio, i migliori maestri che ho conosciuto non hanno avuto una carriera ad alto livello come ballerini, anche se ci sono sempre eccezioni. Magari proverò, ma, adesso che sono nel pieno della mia carriera, penso solo a ballare.
Se tornassi indietro nel tempo, sceglieresti la danza come percorso?
Adesso mi sembra una domanda dalla risposta scontata. Per quello che mi ha dato la danza? Sì. Prima che studiassi professionalmente e sbocciasse il forte amore per il balletto, mi piaceva tanto giocare a calcio. Ho vissuto l’adolescenza a Napoli con il mito di Maradona, quale napoletano non ama Maradona? Forse avrei scelto il tango come percorso?
Ai tuoi figli trasmetterai il tuo stesso amore per la danza?
Che siano o non siano ballerini, assolutamente sì. La danza è un’arte e, come tutte le arti, ti arricchisce l’animo, regala gioia, emozioni, ti rende una persona speciale.
Lorena Coppola