Un film per celebrare, ricordare ma soprattutto per onorare la grandissima Pina Bausch: è l’obiettivo principale di Wim Wenders noto, talvolta controverso, regista che grazie alle sue opere è sempre e comunque riuscito a trasmettere i suoi messaggi speciali. Questa volta tocca alla Maestra, con la “m” maiuscola perché tutti sanno che, volente o nolente, di artiste a tutto tondo come lei non ce ne sono più. Pina 3D è un progetto cinematografico ideato, ma non terminato, dalla stessa Bausch nel 2009 ma sfortunatamente interrotto a causa della sua morte proprio nello stesso anno: presentato al Festival di Berlino di quest’anno, sarà possibile vederlo nei cinema dal prossimo autunno.
Tanta, troppa attesa per un documentario che effettivamente racconta, descrive e dà voce a Pina, artista rimpianta ma al contempo ricordata come un modello da tutti i danzatori. Le sue creazioni hanno trasformato la grammatica della danza, offrendo un nuovo metodo di espressione. Philippine Bausch detta Pina è stata una coreografa tra le più importanti e note a livello mondiale internazionale: ha diretto dal 1973 il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, con sede a Wuppertal, in Germania. Il suo nome è legato principalmente al termine Tanztheater (teatro-danza), adottato negli anni Settanta da alcuni coreografi tedeschi per indicare un preciso progetto artistico distinto dal balletto e dalla danza moderna e che include elementi recitativi, come l’uso del gesto teatrale e della parola.
I suoi spettacoli hanno riscosso un indiscusso successo, accumulando riconoscimenti in tutto il mondo. I suoi primi lavori si sono ispirati a capolavori artistici, letterari e teatrali: con Café Müller, il suo spettacolo più celebre, composto sulle musiche di Henry Purcell, stile e contenuti hanno visto un cambiamento radicale: se, però, le prime opere sono state animate da una dura critica alla società consumistica e ai suoi valori, le opere più mature hanno approfondito il contrasto uomo-società e al contempo la visione intima della coreografa e dei suoi danzatori, chiamati ad esprimere le interpretazioni personali dei sentimenti.
La novità del suo lavoro? L’interpretazione personale della forma da rappresentare. Un altro elemento di novità è l’interazione tra i danzatori e la molteplicità di materiali scenici di derivazione strettamente teatrale. Come poter dire di no ad un documentario che racconta la storia di una grandissima della danza? L’unico auspicio è che effettivamente i cinema italiani accolgano questo masterpiece in grado, perché no, di “addomesticare” i cuori ancora troppo duri nei confronti di una danza così speciale, la danza di Pina Bausch.
Valentina Clemente