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“White Out”: l’alpinismo diventa linguaggio artistico

Arriva alle Fonderie Limone il percorso di VERTIGINE, il progetto internazionale di Torinodanza che attraverso la danza espande i confini, avvicina la montagna al palcoscenico e stimola un confronto creativo fra coreografi e paesaggio, fra danzatori e atleti, fra discipline sportive e artistiche.

Dopo aver affascinato con Au bout des doigts  il numerosissimo pubblico accorso alla palestra di roccia di Avigliana (TO) nel corso delle tappe estive del progetto triennale transfrontaliero Corpo Links Cluster finanziato dal programma europeo ALCOTRA (Alpi Latine Cooperazione TRAnsfrontaliera), che coinvolge oltre al Teatro Stabile di Torino ‐ Teatro Nazionale/Torinodanza festival anche Malraux scène nationale Chambéry Savoie, Associazione Dislivelli di Torino e Université Savoie Mont Blanc, Piergiorgio Milano porta in scena, in prima nazionale, il suo nuovo White Out.

Dall’arrampicata sportiva, dunque, all’alpinismo: VERTIGINE compie un nuovo passo nel sorprendente percorso di avvicinamento fra discipline sportive e creazione artistica. White Out, liberamente ispirato agli scritti degli alpinisti Walter Bonatti, Giampiero Motti, Enrico Camanni, Jon Krakuer, Joe Simpson, Mark Twight, Reinhold Messner, e dal sociologo francese David Le Breton, nasce dall’idea di trasformare l’alpinismo in linguaggio artistico.

Lo spettacolo è il risultato di un dialogo a tre voci, in cui i personaggi condividono la pura e semplice aspirazione alla vetta. Parla di uomini e donne mossi dall’incessante intento di proseguire la via a tutti i costi; di tentativi impossibili, del disperato continuare, salire e camminare, nonostante ogni difficoltà, nonostante tutto. White Out analizza le tecniche dell’alpinismo e dell’arrampicata e le rielabora in linguaggio danzato. Tra le altezze, il tempo si dilata, diventa monotono, immenso, per poi tornare a riflettersi nei gesti indispensabili del quotidiano e nei racconti condivisi a fine giornata. Nei movimenti emerge l’eleganza sobria dei gesti necessari, l’energia che irrompe dall’esaurimento delle forze, la follia del parlare a sé stessi per rimanere svegli nei momenti critici. L’intenzione è far vivere allo spettatore un’esperienza fatta di muscoli, sudore, fatica, peso, sforzo e volontà, per far “sentire” queste presenze nel buio di un teatro. White Out è l’omaggio a tutti gli alpinisti che sono spariti, o che scelgono il rischio di sparire, nel bianco senza fine delle altezze. I conquistatori dell’inutile. 

Nell’alpinismo si definisce White Out la perdita totale di riferimenti spazio-temporali e la conseguente impossibilità di avanzare o retrocedere. Una condizione di stallo dall’aspetto gentile ma che può portare a conseguenze estreme, in montagna come nella società, come alpinisti avvolti in una bianca cortina, in cui cielo e terra hanno lo stesso colore e dalla quale non si può più uscire. Attraverso il potere evocativo della danza, White Out fra danza e circo, inventa un linguaggio in cui il corpo è veicolo della tensione del rischio, delle condizioni estreme e dell’ambizione umana. Le due azioni di base dell’arrampicata, camminare e salire, si accompagnano alla dilatazione temporale e alla ripetizione, creando uno schema eterogeneo in cui l’estetica dei gesti e la spettacolarità dell’estremo sono alla portata di tutti. L’acrobazia è presente in ogni movimento ma non lo domina, mentre i materiali tecnici diventano il pretesto per creare luoghi visionari capaci di originare immagini evocative e potenti. 

Moschettoni, rinvii, funi e imbraghi, sono elementi coreografici sradicati dal loro utilizzo reale e che danno vita a nuove possibilità espressive. A favore dell’illusione visiva di una gravità impossibile, anche gli sci diventano un oggetto dall’equilibrio instabile a favore di un’espressività intensa e originale. Attraverso l’essenzialità della corde-lisse, unico attrezzo in scena riconducibile al mondo del circo, la montagna è simbolo di verticalità, vertigine e vuoto. La sua linea retta, al confine tra cielo e terra, diventa riferimento delle vie aperte da chi scala, una condizione di “altrove” impossibile da percepire quando si è a terra.

La drammaturgia utilizza un editing cinematografico dalla cronologia scomposta. Lo spettacolo prende vita da un’alternanza d’immagini che oscillano tra realtà e immaginazione e si sviluppa attraverso il principio della frammentazione e dei flashback. La voce narrante accompagna il pubblico alla scoperta del proprio immaginario personale. Gli interpreti sono fedeli alle loro reali personalità, non c’è raffigurazione, né pantomima. Nel rappresentare un universo legato alla montagna, la fisicità è spinta al suo limite, aderisce al presente e ne incarna le emozioni. Sono veri i pesi negli zaini, così come le difficoltà di ancorare i rinvii, lo sforzo di sostenere il peso in sospensione, quello degli altri corpi, e, di conseguenza, la fatica e l’autenticità della presenza in scena.

ORARI & INFO

18 e 19 ottobre ore 20.45

Fonderie Limone

Via Eduardo de Filippo

Moncalieri (To)

www.giornaledelladanza.com

Foto Studio Abruzzese

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