Nell’ambito dello spazio dedicato alla danza, secondo appuntamento al Teatro Camploy, venerdì 6 aprile alle 20.45, con la rassegna L’Altro Teatro organizzata dal Comune di Verona in collaborazione con Arteven. In programma l’attesissimo Patria proposto dalla Compagnia Zappalà Danza con le coreografie di Roberto Zappalà su musiche di Matthew Herbert, Antonio Vivaldi, Niccolò Paganini e Johann Sebastian Bach. In scena i danzatori Gaetano Badalamenti, Maud de la Purification, Alain El Sakhawi, Roberto Provenzano, Fernando Roldan Ferrer, Ilenia Romano e Valeria Zampardi che hanno collaborato alla realizzazione di questo spettacolo che è una ripresa di Anticorpi del 2013, terza tappa del progetto Sudvirus.
2013-2017: quattro anni separano le due date, della prima assoluta e della “nuova” versione. Quattro anni necessari a Roberto Zappalà per operare una rilettura interna della sua creazione che da Anticorpi diventa Patria. Zappalà cambia il titolo per dare più peso e rilevanza a quelle situazioni scenico-coreografiche già presenti nel 2013, e “rileggere” così il concetto di patria alla luce della situazione attuale dove “globalizzazione e immigrazione fanno emergere tutta la fragilità delle democrazie e dei valori liberali, mentre spinte populistiche ne destabilizzano i fondamenti politici e sociali”.
Il linguaggio coreografico si sviluppa in una partitura convulsa e minuziosa con i danzatori sul palcoscenico/”vetrino” che replicano e ritrasmettono l’apparente caoticità di virus microscopici. Ma, come nella vita, il caos è organizzato.
E, se in laboratorio spesso si utilizzano liquidi di contrasto per meglio scoprire e seguire nuovi percorsi della materia che s’intende analizzare, allo stesso modo, in Patria, un preludio di Bach e uno scioglilingua siciliano ripetuto come un mantra s’insinuano nel tessuto percussivo-ossessivo della musica elettronica per indicare nuovi percorsi estetici e narrativi.
Rispetto ad Anticorpi in Patria si rafforza l’aspetto del progetto originario Sudvirus relativo all’appartenenza. Un’appartenenza declinata dai corpi e dalle voci dei danzatori attraverso quelle manifestazioni assolute di appartenenza che sono gli inni, (nazionali e non) e con uno scioglilingua dialettale che ci mette in guardia dal come anche l’azione apparentemente più banale può avere, in una progressione all’apocalisse tipica delle comiche di Laurel e Hardy, delle conseguenze catastrofiche.
Un monito che ci riguarda tutti nel nostro agire quotidiano, e un’esortazione a non dimenticare il finale delle Città invisibili di Calvino, sperando di riuscire sempre a distinguere, nell’inferno-mondo che ci circonda, “quello che inferno non è, e dargli spazio”.
ORARI & INFO
6 aprile ore 20.45
Teatro Camploy
Via Cantarane, 32
Verona
www.giornaledelladanza.com
Foto di Nadir Bonazzi