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“Rudolf Nureyev. Biografia di un ribelle” per ricordare l’ultimo zar della danza

Biografia di un ribelle - Copertina“Aveva il carisma e la semplicità di un uomo della terra, e l’arroganza inaccessibile degli dei.” Michail Baryshnikov

È questa la citazione che si legge, accanto a quella di Paul Valéry, sulla prima pagina del volume “Rudolf Nureyev, biografia di un ribelle”, pubblicato dalla casa editrice torinese Lindau nel novembre del 2013 e firmato da Bertrand Meyer-Stabley. Il giornalista e scrittore francese, tra le numerose biografie dedicate a grandi personalità come James Dean, Juan Carlos, Elton John e Audrey Hepburn, ne dedica una anche a colui che fu l’ultimo zar della danza, come lo definisce lui stesso con le ultime parole della sua corposa ed appassionante biografia.

Suddivisa in 17 capitoli, questa biografia ha l’aspetto di un vero e proprio romanzo che ripercorre la vita eccezionale di un mito intramontabile della danza. Fin dalla nascita, avvenuta nel 1938 su un vagone della Transiberiana, quando la madre Farida Nureeva incinta di otto mesi e mezzo sale sul quel treno diretto a Vladivostok, l’intera vicenda esistenziale di Nureyev è stata a tutti gli effetti un romanzo ed uno dei più belli ed emozionanti che si possa leggere. Rudolf Nureyev un giorno ha detto: “Mi piace parlare della mia nascita… Ci ripenso sempre come all’avvenimento più romantico della mia vita”.

Si apre con questa testimonianza il primo capitolo titolato non a caso “Primi passi” che ci racconta anche dell’incontro di Rudolf con la sua prima maestra di danza, la Signora Udal’cova, che aveva ballato anni prima nella compagnia dei Balletti Russi di Djagilev e che, non appena vide ballare il piccolo Rudy di appena undici anni, disse con sorprendente lungimiranza: “Ragazzo mio, hai il dovere di imparare la danza classica. Con un dono così, bisogna che tu vada a studiare con gli allievi del Kirov a Leningrado…”.

Nel 1955 entra a far parte infatti della prestigiosa scuola di ballo del Teatro Kirov di Leningrado, la scuola che aveva formato anche Pavlova e Nijinsky. Tre anni dopo viene ammesso nella Compagnia e da lì Nureyev avrebbe letteralmente spiccato il volo raggiungendo vette non ancora eguagliate e diventando per tutti, anche per noi oggi, il “tartaro volante”.

Ai racconti artistici si intrecciano quelli umani che spaziano dall’asilo politico del 1961 alle relazioni omosessuali con famosi artisti, all’incarico di direttore della danza all’Opéra di Parigi, alle perfomance come direttore d’orchestra, fino alla morte, avvenuta per aids nel 1993.

“Sotto un sole freddo simile a quello della Russia, in quel paesaggio di croci ortodosse, tombe zariste, pinnacoli a bulbo, betulle e abeti argentati, ognuno si chiude in un assorto raccoglimento. Poi gli ammiratori si avvicinano per gettare un giglio bianco sul feretro di colui che, attraversando il mondo di corsa, fu l’ultimo zar della danza”. Si conclude così questa avvincente biografia che oltre ad essere un’importante testimonianza storica, vuole essere soprattutto un omaggio al genio indimenticabile di Rudolf Nureyev.

Leonilde Zuccari

www.giornaledelladanza.com

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