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Amori, danze, gioielli e decadenza: il Barocco secondo Ed Wubbe in Pearl

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Decisamente comprensibile il successo che ha avuto in due anni di tournée Pearl di Scapino Ballet, su coreografia di Ed Wubbe, tournée approdata in Italia in prima nazionale assoluta a Operaestate Festival il 23 luglio; un successo garantito da un sapiente incrocio di danza contemporanea di ottimo livello ma sufficientemente popolare per il grande pubblico, costumi che sottolineano il movimento dei danzatori e musiche meno note ma sapientemente eseguite da un ensemble che non perde un colpo: Combattimento, ensemble specializzato in musica barocca, accompagnato per l’occasione dalla mezzosoprano Helena Rasker, che esegue i brani di Vivaldi, Robert de Visée e Tarquinio Merola con una facilità ed eleganza invidiabili.

Un balletto costruito in crescendo, che mette al centro di un plot non narrativo le diverse sfumature dell’emozione nell’epoca barocca, e parla di amore, rabbia, seduzione, disincanto, senza innalzare a giudice la compagnia che li rappresenta, ma calandola nell’epoca.

Forse un po’ lenta la parte iniziale, con molte sequenze che si ripetono, la coreografia prende ritmo compositivo a livello di varietà di passi man mano che procede: si parte da una danza simile al minuetto eseguita da una coppia sotto gli sguardi curiosi della corte e si procede con una sequenza corale di movimenti ampi di avvicinamento delle coppie di ballerini, tutti e diciotto presenti in scena, fino a una serie di quadri fatti di passi a due o momenti corali, eseguiti spesso a canone come chiede la partitura musicale.

Tra un “atto” e l’altro, la musica si ferma e i ballerini continuano a danzare portando avanti una loro musica interiore.

Cifra stilistica dell’intera composizione sono sicuramente gli ampi ed espressivi port de bras e i numerosi glissade alla seconda, che fanno scivolare i ballerini da una parte all’altra del palco, creando così un forte movimento di rottura, o, meglio ancora, bellissimi intrecci dei ballerini, che scopriamo così intenti in un gioco delle coppie che li fa ridere a voce alta.

C’è spazio anche per l’ironia e il gioco infatti, tra un passo a due e l’altro, tra una “chiacchiera di palazzo” (messa in scena come fosse un’arma invisibile che colpisce un danzatore e lo riduce in petali di rosa) e l’altra: entrano in scena giocattoli e una danza di corte diventa un’occasione per correre come pazzi.

Ma c’è tanto spazio per l’amore anche. Vediamo così il corteggiamento, in passi a due fisici e caratterizzati da movimenti che si rincorrono e terminano in off-balance; vediamo il tradimento, in un uomo che è attratto da tre donne differenti e le seduce una a una sotto lo sguardo delle altre due, in una serie di pas de deux legati da un sottile fil rouge di passi che si ripetono, ma ognuno con una vita propria che si fa via via più intensa e ammette anche una sorpresa finale; vediamo il cuore spezzato, uno dei momenti più alti della coreografia, in un assolo maschile eseguito quasi alla perfezione e fatto di ritmo e salti veloci, di movimenti decisi e sprezzanti seguiti dai più disperati movimenti sinuosi; e intravediamo anche l’onore ferito, nel duello di spade tra uomo e donna, e la tragedia, in un passo a due amoroso molto intenso – anche per i danzatori che hanno a che fare con numerose prese rispetto alla media del balletto- che si conclude con degli spari.  

Di certo le sezioni maschili hanno più impatto sul pubblico: Wubbe da il meglio di sé con la parte maschile della compagnia scegliendo di dedicare loro brani di salti piccoli e veloci, legati fra loro da movimenti che esaltino l’abilità dei danzatori sia nella tecnica precisa, sia nella forza, sia nel ritmo.

Alle donne riserva invece movimenti più ampi, con arabesques e sollevamenti che fanno svolazzare i ricchi e bellissimi abiti, e una serie di movimenti del busto che risentono di una base classica ma diventano estremamente contemporanei nella scelta di eseguirli sincopati, come li suona il violino (la cui interpretazione è quasi sempre affidata a una ballerina). Ambigue, le donne di Wubbe sembrano danzare un valzer rudimentale, come fossero l’una il burattinaio dell’altra, e invece si prendono per il collo; sembrano essere l’oggetto del desiderio di tutta la corte maschile e invece sono innamorate di un cavaliere; sembrano pazze e invece non riescono semplicemente ad accettare pienamente l’amore (nel bellissimo passo a due finale).      

Forse manca all’inizio di varietà, per una ricerca di unitarietà che a volte risuona negli occhi del pubblico, ma la bravura dei danzatori è tale che difficilmente ci si accorge, fino al momento degli applausi, che Wubbe sceglie ballerini di corporature e altezze differenti; poiché ne fa un gruppo talmente uniforme da creare una compagnia di altissimo livello.

Di certo, oltre all’amore narrato, in scena c’è l’amore di Wubbe per l’epoca barocca, un’epoca ambigua, che ci viene sapientemente raccontata nel suo dualismo tra la bellezza e la ricchezza di abiti, arte e danze di corte, e, dall’altro lato, una forte inquietudine e opacità di intenti e sentimenti, senza scadere nel prosaico dualismo tra essere e apparire, ma mostrandoci piuttosto un film in presa diretta, un lungo piano sequenza in cui la musica è narrata (e non il contrario!) da movimenti che ne esaltano sia la melodia principale che il basso continuo.

Un gioiello di danza contemporanea, una gioia per gli occhi.

Greta Pieropan

www.giornaledelladanza.com

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