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Jacopo Godani a Roma con Symptoms of Development

Corpi sospesi che sfidano la gravità e tensioni verso l’infinito al ritmo di musica rock. Indagini sulla mascolinità e reinterpretazioni del pianto rituale. Monumenti iconici attraversati dalla danza butoh e microcosmi sottomarini come specchio delle nostre nature profonde.

Torna dal 20 giugno al 7 luglio Fuori Programma, il festival internazionale di danza contemporanea della Capitale con la direzione artistica di Valentina Marini, giunto alla sua VIII edizione. Prodotto da E.D.A, sostenuto dal Ministero della Cultura e con il contributo dell’Ambasciata di Israele in Italia e realizzato in collaborazione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Biblioteca Quarticciolo e Direzione Musei Statali della città di Roma, tre settimane di spettacoli, incontri con gli autori, residenze, workshop e progetti speciali fra il Teatro India, Castel Sant’Angelo, il Teatro Biblioteca Quarticciolo e il Parco Tor Tre Teste.

Da Jacopo Godani che apre le cerimonie al progetto speciale site specific di Silvia Gribaudi che chiude il festival; dalla folta presenza di produzioni israeliane con le creazioni di Ophir KuneschLior TavoriOlivia Court Mesa e Andrea Costanzo Martini agli sguardi di coreografi e danzatori provenienti da diverse parti del mondo come l’australiano di base in Francia Thomas Alfred BradleyElìas Aguirre e il collettivo Qabalum dalla Spagna e l’artista di origini bulgare Krassen Krastev che arriva al Festival con una produzione svizzera. E poi gli italiani Francesco MarilungoSalvo Lombardomk e Daniele Ninarello con una creazione che coinvolge la pluripremiata indie-rocker Cristina Donà e il Premio Tenco Saverio Lanza,  l’italo-giapponese Masako Matsushita.

Artisti nazionali e internazionali, autori dalla solida carriera e le nuove scoperte del panorama coreutico sono dunque le voci plurali che danno corpo e senso al tema e titolo di questa edizione 2023: Unisono. A più voci.

Un titolo che trova la propria forza nella melodia finale come risultato di una pluralità di differenze. “Ecco allora che al termine ‘unisono’, aggiungiamo ‘a più voci’ una pluralità che supera di gran lunga la somma delle parti e trova nella radicalità del singolo la forza del totale. Non dunque suoni di uguale altezza a formare una melodia, ma un intreccio di timbri diversi a formare un cammino comune, anche al costo di tradire un’armonia” come afferma la direttrice artistica Valentina Marini, che aggiunge: “del resto la voce, prima ancora fenomeno acustico è un evento corporeo. Metaforicamente ‘prendere voce’ si traduce con il prendere posizione, boicottare il silenziamento. Prenderla collettivamente significa per noi far vibrare l’ecosistema che ci accoglie e di cui siamo cellule.”

La pluralità di voci è quella di artisti che lavorano su formati eterogenei e linguaggi differenti per disegnare una mappa mobile della danza contemporanea; è quella dei luoghi attraversati da un festival che promuove la creazione di progetti outdoor per riabitare in modo immersivo ambienti inconsueti, per coinvolgere diversi contesti urbani di Roma facendoli (ri)scoprire alla cittadinanza, in un processo dinamico di mobilità tra luoghi e punti di vista diversi. Ma la pluralità di voci è anche quella dei diversi progetti in programma oltre agli spettacoli, come i percorsi di scrittura giornalistica o i workshop pensati per decolonizzare l’immaginario della danza e per sperimentare la materia vibrante della vocalità; e, infine, quella del sistema di alleanze con altre istituzioni culturali che ogni anno il festival mette in campo per rendere più sostenibile la progettazione e abbattere le logiche competitive fra le varie realtà.

Sara Zuccari

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