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Napoli di Bournonville: storia, personaggi, curiosità e trama

“Napoli, o il pescatore e la sua sposa” è un balletto in tre atti su coreografia di August Bournonville con musica composta da Niels W. Gade, Hans Christian Lumbye, Edvard Helsted, Holger Simon Paulli. Fu rappresentato per la prima volta al Teatro Reale di Copenaghen il 29 marzo 1842 con interpreti principali Auguste Burnonville nel ruolo protagonista di Gennaro e Caroline Fjeldsted nel ruolo principale di Teresina. Persuaso dal suo amico Hans Christian Andersen a viaggiare per l’Italia, Bournonville è stato ispirato a recarsi Napoli, e così è nato questo balletto tipicamente romantico ma al contempo capace di manifestare una moltitudine di colori tra atmosfere vivaci e pittoresche ispirate ai suoi vibranti abitanti. Nel balletto si rispecchiano elementi caratteristici dell’epoca coreutica in cui è nato: l’interesse per la vita della gente comune, l’importanza data alla trama, la danza usata come tramite espressivo per narrare al meglio la storia. Dalla scena di apertura del mercato al trionfante e romantico tableau finale, “Napoli” è da sempre un’esperienza teatrale e tersicorea ricca di sfumature. È considerato tra i balletti più famosi di Bournonville e nonostante oggi ne venga rappresentato solitamente solo il terzo atto (variazione dei solisti) la versione integrale del balletto fa ancora parte del repertorio del “Royal Danish Ballet”

Il primo atto si apre sulla banchina di Santa Lucia dove c’è trambusto, i pescatori sono attesi al loro ritorno e tutti sono di umore festoso. La vedova Veronica vive qui con la sua attraente figlia, Teresina. Il venditore di spaghetti, Giacomo, e il venditore di limonata, Peppo, sono in competizione per la mano di Teresina, ma lei a sua volta li rifiuta ridendo. Veronica, tuttavia, preferirebbe un matrimonio con uno di questi due piuttosto che con Gennaro, il capitano di un peschereccio, che Teresina ama e da cui non si separerà. I pescatori arrivano a casa con il loro pescato che viene distribuito e venduto. Gennaro abbraccia Teresina ma non dimentica di ringraziare la Santa Vergine. I pesci vengono dati a Frate Ambrosio e Teresina offre anche un piccolo cuore d’argento. La gelosia si risveglia quando vede Gennaro flirtare con una cliente civettuola, ma dopo un piccolo litigio tutto ritorna alla tranquillità. Peppo trama contro la coppia. Durante il ballo che segue, Teresina esce di nascosto di casa con Gennaro per andare al Golfo, portando con sé la loro amata chitarra. Un cantante di strada e un burattinaio appaiono sulla banchina. All’improvviso si scatena una tempesta. Per sviare inutili pettegolezzi sull’infedeltà di Teresina, Gennaro le chiede la mano. Partono insieme in barca ma una tempesta affonda il battello e solo Gennaro si salva. La madre di Teresina lo accusa di aver ammazzato la figlia e Gennaro, disperato, cerca consolazione presso Frate Ambrosio, che gli dona un’immagine della Madonna (in alcune versioni si tratta di una Santa Croce) e lo esorta ad andare alla ricerca di Teresina. La ragazza è stata salvata dalle Nereidi che l’hanno condotta alla Grotta Azzurra dove vive Golfo, lo Spirito del Mare. Quest’ultimo si innamora della ragazza e la trasforma in Nereide, cancellando ogni ricordo della sua esistenza precedente. Gennaro approda nella grotta e vede Teresina, ma lei non lo riconosce. Le mostra però l’immagine della Madonna e questo fatto le restituisce le sembianze umane e i suoi ricordi. Golfo, davanti ad una simile potenza, non può fare altro che offrire dei ricchi doni agli sposini che ricompaiano a Napoli per fare un pellegrinaggio di ringraziamento. A questo punto il popolo accusa Gennaro di stregoneria per aver resuscitato un’annegata. Frate Ambrosio interviene, rivelando che non è stato Gennaro ma l’intervento miracoloso della Madonna a salvare Teresina. La storia finisce felicemente con una scattante tarantella.

Il balletto fu coreografato dopo che Bournonville aveva visitato Napoli, dove era rimasto colpito dal colore locale e dalla vivacità di una città in continuo movimento e volle concludere l’atto finale con una trascinante tarantella. Nel 1841, Auguste Bournonville fu bandino dalla Danimarca per un periodo di tempo dopo aver insultato il re Cristiano VIII dal palcoscenico! Durante il suo bando, Bournonville fece un viaggio a Napoli e fu affascinato dalla città di mare, tanto che nel 1842, dopo essere tornato in Danimarca coreografò “Napoli”. Colpito dal colore locale e dalla vivacità della città partenopea, Bounonville si è sforzato di includere la stessa vivacità della città nel balletto, concludendo l’atto finale con una tarantella. Nelle sue memorie Bournonvile racconta come durante un lungo viaggio in carrozza trascorse ore a canticchiare la melodia che sarebbe diventata la prima della tarantella del terzo atto.

I Bournonville sono stati fondamentali nella formazione del “Royal Danish Ballet” e dello stile romantico nel balletto. Antoine, il padre (1760-1843) dal 1792 fu primo ballerino a Copenaghen (formatosi sotto la guida del coreografo francese Jean Georges Noverre) e poi Maestro del balletto dal 1816 al 1823. Fu anche il principale insegnante del figlio August (1805-1879) che da giovane lasciò la patria per studiare e ballare nelle principali capitali europee. Dal 1829 rimase a Copenaghen come primo ballerino e coreografo del “Royal Danish Ballet” e per quasi cinquant’anni ne è stato Direttore, definendo uno stile nazionale e inconfondibile. Inizialmente August fu formato da suo padre e in seguito studiò sotto la guida del coreografo italiano Vincenzo Galeotti a Copenaghen, e a Parigi sotto la guida di Auguste Vestris. Dal 1830 al 1877 fu coreografo romantico per lo stesso Balletto, per il quale creò più di cinquanta titoli. I più noti sono “La Sylphide”, “Valdemar”, “Le Conservatoire” (l’unico balletto che mostra gli esercizi di danza classica accademica così come venivano praticati in classe all’inizio del XIX secolo), “Infiorata a Genzano” e ben appunto “Napoli”. Purtroppo non tutti sono sopravvissuti. Il suo stile chiamato “Metodo Bournonville” è applicato in particolare alla tecnica della danza maschile e si basa sulla danza virtuosa e sulla mimica espressiva. Bournonville scrisse anche un manuale didattico dal titolo “Scritture coreografiche” nel 1861. La “Royal Danish Ballet School” di Copenaghen continua oggi ad insegnare la sua tecnica e il “Royal Danish Ballet” rimette regolarmente in scena i balletti da lui firmati con la coreografia originale.

Harald Lander ne ha realizzata una versione ridotta per il “London Festival Ballet” nel 1954, mentre si ricordano altri allestimenti tra cui quello del 1971 a Göteborg (Svezia) curato da Elsa-Marianne von Rosen, oppure la prima versione integrale per una compagnia britannica e cioè quella allo “Scottish Ballet” nel 1978 a cura di Poul Rudolph Gnatt presso il “King’s Theatre” di Edimburgo, si rammenta inoltre l’allestimento coreografico firmato da Peter Schaufuss per il “National Ballet of Canada” nel 1981, mentre Erik Bruhn ha messo in scena solo il “divertissment” dal terzo atto per il “Royal Ballet” nel 1962. Da citare inoltre la versione messa in scena al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1988 a cura di Peter Schaufuss pure interprete al fianco dell’étoile Elisabetta Terabust. Il “Ballet Arizona” è stata la prima compagnia negli Stati Uniti a mettere in scena “Napoli” negli Stati Uniti (in versione integrale) nel febbraio 2015 utilizzando scene e costumi del “Royal Danish Ballet”. Il balletto si è visto al Teatro Stanislavskij di Mosca nel 2021 su indicazione del direttore del “Royal Danish Ballet” Frank Andersen.  Nel 2006 per la prima volta a Ekaterinburg venne eseguita una suite tratta da “Napoli” portata in palcoscenico da Vjaceslav Samodùrov. A Parigi andò in scena al Théâtre de l’Opéra nel 1937, per il Corpo di ballo dell’Opera di Copenaghen con interpreti R. Rasmussen, U. Poulsen, M. Harald. All’American Ballet Theatre si è visto per la prima volta solo il “divertissment” nel 1963 al Lisner Auditorium di Washington nel programma “American Ballet Theatre Workshop” con interpreti Susan Borree, Eleanor D’Antuono, Gail Israel, Fern MacLarnon, Melinda Plank, Bruce Marks, Richard Beaty, Ted Kivitt, Richard Wagner, Gayle Young, sulla coreografia originale di August Bournonville messa in scena da Hans Brenaa e i costumi di Marcos Paredes. Nella stagione 2013-2014 si è ammirata la nuova versione di Nikolaj Hubbe per il “Royal Danish Ballet” da lui diretto, il quale ha spostato l’azione negli anni Cinquanta e ha aggiunto suggestioni neorealiste tipiche dei film all’italiana firmati da Vittorio De Sica, Dino Risi, Totò, Roberto Rossellini, Alberto Lattuada, Luchino Visconti, Federico Fellini, Alberto Sordi ecc. con i personaggi femminili che riecheggiano attrici del calibro di Sophia Loren, Silvana Mangano, Lucia Bosé, Anna Magnani e Gina Lollobrigida. L’Oregon Ballet Theatre ha inaugurato la stagione 2018-19 con una produzione completa del balletto. Una prima assoluta con i personaggi che appaiono come la gente comune: operai, un produttore di pasta, un venditore di limonata, il tutto a firma di Kevin Irving, direttore artistico della compagnia di danza con sede a Portland. Interpreti principali Xuan Cheng e Peter Franc. L’OBT è stata la seconda compagnia americana a mettere in scena la versione integrale (dopo il “Ballet Arizona” già menzionato sopra) mentre è stata la prima in assoluto negli Stati Uniti ad allestire una produzione totalmente nuova, investendo in nuove scenografie e costumi. Per questa versione venne coinvolto Frank Andersen l’ex direttore artistico del “Royal Danish Ballet” che unitamente a Kevin Irving e al team del “Royal Danish Ballet” hanno fatto apparire il balletto di August Bournonville fresco oggi come sempre. Nel 2006 si ricorda anche il “divertissment” dall’originale di Bournonville ripreso da Frédéric Olivieri per lo spettacolo istituzionale della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta allora da Anna Maria Prina sul palcoscenico del Teatro degli Arcimboldi di Milano.

Una curiosità: nella trama di “Napoli” la Madonna è colei che compie il miracolo e porta il lieto fine alla trama del balletto. A tal proposito sovviene alla memoria la tradizione che vede, soprattutto in passato, le ballerine della Scala di Milano affidare le loro preghiere ad una Madonnina affrescata nel XIV secolo, conservata in una cappella presso la Chiesa di San Fedele a pochi passi dal Teatro. Era usanza prima di un debutto sul palcoscenico del Piermarini deporre dei fiori ai piedi della sacra immagine detta “Madonna del latte” oppure “Madonna dei Torriani” ma per i milanesi meglio conosciuta come “Madonna delle Ballerine”. Carla Fracci, come tante altre danzatrici dell’epoca (oltre alle giovani allieve della Scuola di Ballo scaligera) lasciavano omaggi floreali e preghiere affidandosi alla Vergine come alla loro protettrice.

 

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

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