Con Elegie, nuovo lavoro autoriale di Oliviero Bifulco per la compagnia Eko Dance Project, il palco del Teatro Fraschini di Pavia, in prima assoluta, si è trasformato in uno spazio di memoria fluida e collettiva, dove la danza contemporanea ha incontrato la musica classica in una riflessione profonda sul tempo, la perdita e la trasformazione.
Il progetto si è aperto con la Serenata per archi di Pëtr Il’ič Čajkovskij, affidata alla vibrante esecuzione dell’Accademia d’Archi Gian Giacomo Arrigoni, con la straordinaria partecipazione del violista Danilo Rossi, solista dalla tecnica intensa e struggente.
Il dialogo con la musica – presenza viva e non mero accompagnamento – diventa una trama invisibile che sostiene ogni gesto con cui la coreografia entra in tensione e dialogo continuo.
Dieci danzatrici in scena costruiscono un tessuto in cui l’accuratezza tecnica si intreccia ad un’urgenza espressiva mai esibita. Le geometrie classiche vengono decostruite e ricomposte in forme organiche e in continuo mutamento: duetti, catene, fughe improvvise e ricongiungimenti che parlano di distanze emotive, affinità invisibili, risonanze intime.
La prima coreografia rilegge Pëtr Il’ič Čajkovskij non come nostalgico del passato, ma come visionario della fragilità umana: corpi che si cercano, si respingono, si accordano come strumenti d’orchestra. La scrittura di Bifulco si fa stratificata e poetica, capace di suggerire livelli interiori senza cadere nell’illustrazione.
L’atmosfera – con il light designer di Oscar Frosio – si fa più rarefatta e solenne nella seconda parte dello spettacolo, costruita sull’esecuzione della Metamorphosen di Richard Strauss. In questo struggente addio sinfonico, un carme per il mondo devastato dalla guerra, i corpi si muovono come se attraversati da onde di memoria.
Bifulco evita il pathos diretto, preferendo un linguaggio fisico essenziale, tutto giocato sul peso, sulla gravità, sulla sospensione. Ogni movimento sembra emergere da una necessità intrinseca, in quanto eco di un trauma collettivo non risolto.
Le danzatrici entrano in scena come ombre in cerca di un senso, intrecciandosi in duetti rarefatti e lente spirali che sembrano emergere dal suono stesso, come se la musica le generasse in tempo reale.
È in tale sezione che la coreografia raggiunge il suo apice emotivo, scavando nelle pieghe più segrete della perdita, della trasformazione, della testimonianza.
Nel cuore di Elegie c’è un’idea forte e semplice: il corpo quale archivio sensibile del tempo, luogo di passaggi, di epoche, di silenzi.
Un corpo che ascolta, che accoglie la partitura, che si fa canale di ciò che è stato e di ciò che, forse, potrà ancora essere.
La collaborazione tra Eko Dance Project (composto da Patricia Ansa, Anna Bruno Antonello, Chiara Colombo, Oona Delaye Suner, Sara Luisi, Jennifer Mauri, Cecilia Napoli, Francesca Raballo, Arianna Reggio, Gaia Triacca) sotto la direzione della maestra Pompea Santoro, l’Accademia d’Archi Gian Giacomo Arrigoni e l’istrionico Danilo Rossi trova in questo evento una sintesi di raffinatezza artistica.
Il risultato è opera compatta, che restituisce al pubblico dei Preludi D’Autunno una danza che pensa, e che resta tra dissolvenze e rinascite perché “ogni corpo è un’eco”.
Michele Olivieri
Foto di Vito Lo Russo
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