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Il danzatore e coreografo Ahmad Joudeh “allo specchio”

Il balletto classico preferito?
La Bayadère (“la danzatrice del tempio”). Porta con sé l’essenza del desiderio spirituale, del destino e della devozione.

Il balletto contemporaneo prediletto?
Boléro: il suo ritmo ipnotico è come un battito cardiaco che non si ferma mai.

Il Teatro del cuore?
Il Teatro Romano di Palmira, in Siria. È lì che ho ballato la mia prima esibizione… e la mia ultima in Siria. Ho ballato lì da solo per dire agli estremisti che i teatri sono per l’arte, non per uccidere. Un mese dopo è stato bombardato. Sono diventato l’ultimo ballerino ad esibirsi su quel palco. Sarà per sempre il mio tempio.

Un romanzo da trasformare in balletto?
L’Alchimista di Paulo Coelho: perché ogni ballerino è un viaggiatore alla ricerca del tesoro interiore.

Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto?
The Fountain – L’albero della vita diretto da Darren Aronofsky: i suoi temi di amore, sacrificio e rinascita sono pura coreografia in attesa di essere realizzata.

Il costume di scena che preferisci nel grande repertorio classico?
Rothbart nel Lago dei Cigni. Potere, mistero e libertà in un unico ruolo.

Quale colore associ alla danza?
Il bianco: perché è divino, pacifico e porta con sé la verità dell’anima.

Che profumo ha la danza?
Come la brezza del mattino mescolata al caffè: fresca, piena di speranza, piena di possibilità.

La musica più bella scritta per balletto?
Quella di Ludwig Minkus per La Bayadère: è una musica che respira come una preghiera.

Il film di danza irrinunciabile?
Il mio documentario The Dancer. Non perché parli di me, ma perché mostra come la danza possa sopravvivere alla guerra, ai confini e al silenzio. Può cambiare il modo in cui le persone vedono la danza e forse anche la vita.

I tuoi miti della danza del passato, uomo e donna?
Rudolf Nureyev e Maya Plisetskaya: fuoco ed eternità.

Il tuo “passo di danza” preferito?
Grand jeté développé: volare e dispiegarsi allo stesso tempo.

Chi ti sarebbe piaciuto essere tra i grandi personaggi del balletto classico?
Rudolf Nureyev, l’uomo che è fuggito da un confine e ha trasformato la sua vita in pura arte.

Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica?
Maurice Béjart, che non coreografava per il corpo, ma per l’anima.

Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa Le diresti?
Grazie per avermi dato voce quando non ne avevo, e per avermi tenuto in vita quando il mondo ha cercato di farmi tacere.

Tre parole per descrivere la disciplina della danza?
Pazienza. Costanza. Spiritualità.

Come ti vedi oggi allo specchio?
Come l’uomo che ho sempre sognato di diventare: fragile, forte, grato… e ancora danzante.

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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