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Lo Schiaccianoci di Bifulco conquista Pavia [RECENSIONE]

Dopo anni di assenza dalle scene pavese, Lo Schiaccianoci è tornato finalmente al Teatro Fraschini in una produzione totalmente nuova, prodotta dalla Fondazione Teatro Fraschini. La presente edizione, con le coreografie inedite di Oliviero Bifulco, rappresenta un felice incontro tra la tradizione classica e la sensibilità contemporanea, restituendo al pubblico una versione del balletto che, pur rispettando la partitura originale di Pëtr Il’ič Čajkovskij, riesce a raccontare la fiaba con occhi nuovi. La rinnovata apparizione di questo titolo simbolico nel periodo natalizio a Pavia segna un momento culturale di grande rilevanza: non si tratta semplicemente di una replica, ma di un vero ritorno, in cui la città può finalmente godere di una propria versione originale.

Fin dall’apertura, la magia della fiaba prende corpo attraverso la festa di Natale nella casa di Clara. Gli adolescenti, interpretati dai giovani talenti della Compagnia Étoile Ballet Theatre diretta da Ines Albertini e Walter Angelini, incarnano l’innocenza e il gioco con naturalezza, mentre gli adulti compongono quadri coreografici armonici che rispettano il linguaggio canonico.

La scelta di Bifulco di inserire elementi contemporanei – torsioni, improvvisazioni calibrate e gesti più fluidi – conferisce un respiro moderno senza mai alterare la struttura narrativa tradizionale. Questo equilibrio tra classicità e contemporaneità diventa il filo rosso dell’intera produzione, capace di rendere il balletto accessibile e al contempo profondamente suggestivo. Il momento della trasformazione dello Schiaccianoci in Principe è reso con straordinaria delicatezza: Andrea Risso riesce a trasmettere eleganza, forza e lirismo in egual misura, trasformando il suo personaggio da statuaria figura fiabesca a protagonista pienamente credibile. Carola Puddu, nei panni di Clara, offre una performance che coniuga spensieratezza e maturità tecnica, rendendo palpabile il senso di meraviglia e di scoperta che caratterizza il viaggio della protagonista.

I loro duetti sono costruiti con cura, alternando momenti di sensibilità e dinamiche vivaci, in cui ogni passo diventa espressione narrativa. L’Orchestra Giovanile Pavese, sotto la direzione di Biagio Micciulla, restituisce la partitura di Čajkovskij in tutta la sua ricchezza emotiva, orchestrata da W. McDermott e revisionata da M. Rogers.

La musica, che nel balletto originale rappresenta spesso un vero e proprio personaggio, qui si manifesta con una vivacità nuova: i valzer – da quello dei fiori a quello dei fiocchi di neve – sono eseguiti con leggerezza e precisione, mentre le melodie più intime, come la celebre danza cosiddetta della Fata Confetto, diventano momenti sospesi in cui il pubblico può respirare la poesia del racconto. L’interpretazione orchestrale sottolinea ogni tensione drammatica e ogni momento di gioia, accompagnando la danza senza mai sovrastarla, e facendo emergere la qualità narrativa intrinseca della partitura.

Il Valzer dei Fiocchi di Neve si apre come un soffio gelido che trasforma il palcoscenico in un paesaggio invernale incantato. Le danzatrici, vestite con i tipici tutù bianchi, sembrano corolle di neve sospese nell’aria, ciascuna leggerezza e ogni passo appaiono scanditi dallo stile accademico. Il corpo diventa filo e respiro, ogni arabesque e ogni giro riflette la luce e l’armonia della neve che scende, creando un’atmosfera rarefatta. La coreografia, pur rispettosa della tradizione classica, acquista una vitalità eterea grazie alla purezza dei movimenti, trasformando il valzer in una delizia visiva e sonora, dove l’eleganza rigorosa dei tutù bianchi amplifica i fiocchi che cadono lievi come piume di luce, avvolgendo il teatro in un silenzio innocente, dove ogni respiro diventa cristallo.

Sul piano filologico, questa produzione mostra grande rispetto per l’originale: la struttura del balletto, le sequenze danzate e i quadri fondamentali rimangono fedeli alla tradizione, ma vengono reinterpretati da Oliviero Bifulco con uno sguardo attento alle possibilità espressive della tecnica contemporanea. La lineare e sobria scenografia di Riccardo Sgaramella gioca con prospettive e trasformazioni, passando dall’intimità della casa di Clara ai paesaggi minimalisti del Regno dei Dolci, creando un continuum visivo che accompagna la narrazione senza interromperla. I costumi di Vittoria Papaleo e Maria Barbara De Marco, supportati da Cecilia Ferrero e Vivian Basili, combinano eleganza classica e tocchi innovativi con tinte neutre, evidenziando la distinzione tra mondi realistici e fantastici senza rinunciare a praticità e armonia. Le luci di Oscar Frosio completano l’illusione poetica, modulando chiaroscuri in modo da valorizzare gesti e composizione coreutica.

Dal punto di vista simbolico e narrativo, Lo Schiaccianoci porta con sé significati universali: il passaggio dall’infanzia alla maturità, il sogno come spazio di libertà e di immaginazione, il conflitto tra realtà e fantasia. La nuova produzione firmata da Oliviero Bifulco, vista sabato 20 dicembre in un Teatro Fraschini gremito in ogni ordine di posto, accentua questi temi senza didascalismi: la danza diventa linguaggio emotivo, capace di tradurre tensioni interiori e aspirazioni della protagonista in immagini poetiche, rendendo chiara la profondità psicologica del racconto. Ogni scena, dal sogno della battaglia dei giocattoli al trionfo nel Regno dei Dolci, funziona come un frammento di un percorso di crescita, raccontato con intensità. Oltre alla tecnica e all’inventiva, questa produzione restituisce al pubblico l’emotività simbolica del racconto.

Lo Schiaccianoci non è solo una favola natalizia: è un viaggio nella crescita, un racconto sul passaggio dalla trasparenza dell’anima alla consapevolezza, sul sogno come spazio di libertà e trasformazione interiore. Oliviero Bifulco, pur introducendo elementi contemporanei nel suo radicato stile, rispetta questa dimensione narrativa: ogni gesto, ogni torsione o sospensione contribuisce a delineare i personaggi e il loro sviluppo intimista. Fin dalle prime note orchestrali, la partitura di Čajkovskij avvolge il pubblico in una luce festosa. Gli archi dipingono l’intimità della casa di Clara, mentre flauti e legni giocano con motivi leggeri che sembrano accompagnare il fruscio dei vestiti dei bambini e il ronzio della conversazione degli ospiti. È un Natale sospeso dei giorni nostri tra illusione e respiro del reale, e Bifulco traduce questa delicatezza con coreografie precise ma mai rigide: i danzatori dell’Étoile Ballet Theatre si muovono con spontaneità misurata, e i piccoli gesti di Clara anticipano il passaggio verso un mondo fantastico.

La musica e la danza dialogano in ogni respiro, e già dalla marcia dei giocattoli, con i suoi timpani scanditi e i fiati brillanti, l’incanto prende forma. Non è solo una marcia: è la promessa del meraviglioso, un invito a lasciare la quotidianità e a seguire la magia che presto trasformerà lo Schiaccianoci in Principe. Quando la trasformazione avviene, la musica di Čajkovskij si fa sospesa, delicata, e ogni frase musicale sembra sollevare Clara e il Principe nello spazio del sogno. I pizzicati degli archi inferiori e i flauti ascendenti creano una sensazione di leggerezza sospesa, mentre Bifulco incarna questa sospensione in torsioni e arabesque che sembrano sfidare la gravità. La relazione tra Clara e il Principe si sviluppa attraverso passi a due lirici, in cui ogni gesto dialoga con le melodie ascendenti degli archi e con le sfumature dei legni: non è solo danza, è narrazione emotiva, un racconto di curiosità, stupore e coraggio. La battaglia dei giocattoli e dei topi introduce un contrasto deciso: la musica diventa più marcata, i timpani rimbombano e gli ottoni segnano il pericolo imminente. I temi minori si alternano ai motivi giocosi dei giocattoli, creando una tensione dinamica che Oliviero Bifulco traslittera in movimenti contrapposti e curvature controllate, i quali mantengono leggerezza nonostante la drammaticità. Ogni attacco orchestrale sembra dettare un passo, ogni modulazione della forza musicale trova eco nei gesti dei danzatori, trasformando la battaglia in un racconto visivo e sonoro sincronizzato.

Superata la tensione del conflitto, il viaggio di Clara e del Principe li conduce nel Regno dei Dolci, dove la musica di Čajkovskij esplode in un caleidoscopio di colori e stili. Il Valzer dei Fiori avvolge la scena con la sua fluidità ternaria e gli archi sospesi: la coreografia disegna spirali nello spazio, e i movimenti leggeri dei danzatori adornati da gigantesche fiorescenze sembrano seguire i vortici della musica, personificando il senso di fluttuazione. Ogni danza folkloristica – qui rivista e rimodulata – prende vita come un arcobaleno di culture ed è accompagnata da orchestrazioni che ne esaltano il carattere: castagnette e percussioni sottolineano la vivacità, flauti e arpe delineano i movimenti sinuosi, mentre gli archi pizzicati scandiscono la leggerezza giocosa. Il Grand Pas de Deux costituisce il culmine del secondo atto. La musica diventa cantabile, sospesa, e ogni frase orchestrale sembra avvolgere i danzatori come un tessuto sonoro morbido e luminoso.

Clara e il Principe si muovono seguendo linee ascendenti e virtuose che dialogano con gli archi e la celesta, creando un momento di lirismo. È in questo spazio musicale e coreografico che la produzione mostra tutta la sua profondità: il sogno non è solo fantastico.

Nella notte della Vigilia, mentre nello Schiaccianoci il rito dello scambio dei doni si schiude colmo di promesse, la piccola cagnolina ALMA attraversa la scena con cuore spalancato e con lo sguardo colmo di fiducia. La sua presenza delicata, fatta di respiro caldo, di occhi lucenti e di silenziosa devozione, si intreccia alla musica e alla danza di Bifulco come un segreto d’amore sussurrato al Natale stesso, trasformando il palco in un luogo ancora più fragile e incantato, dove la tenerezza prende forma viva e ricorda che la magia più profonda nasce sempre da un’anima gentile.

Il ritorno de Lo Schiaccianoci in versione inedita a Pavia assume anche una valenza culturale significativa: la città, da sempre attenta alle produzioni di qualità, ha ora l’opportunità di assistere ad una lettura originale e contemporanea di un balletto che ha attraversato i secoli, riconnettendosi con la tradizione europea del repertorio classico, ma con un linguaggio moderno e a tratti volutamente essenziale, capace di dialogare con il pubblico dei giorni nostri.

In conclusione, questo allestimento entrato nel repertorio del Teatro Fraschini è un’esperienza immersiva: un equilibrio tra attrazione sperimentale (senza gli ornamenti e le pantomime enfatizzate delle tipiche versioni in stile ottocentesco), abilità tecniche, fedeltà filologica alla narrazione e respiro contemporaneo. È un balletto che lascia nel cuore del pubblico un senso giocoso di trasparenza, ricordando che la poesia della danza non conosce tempo.

Michele Olivieri

Foto di Diego Steccanella

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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