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Il balletto Don Chisciotte nasce come riflesso danzato di uno dei più grandi miti della letteratura occidentale: il romanzo di Miguel de Cervantes El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha.
Nel tempo, la figura del cavaliere errante ha attraversato innumerevoli metamorfosi sceniche, ma tra tutte una si è imposta come luminosa costellazione del repertorio classico: quella ideata dal coreografo Marius Petipa sulle musiche scintillanti di Ludwig Minkus, presentata per la prima volta a Mosca nel dicembre del 1869 sul palcoscenico del Teatro Bol’šoj.
Il cuore narrativo del balletto non segue tanto le imprese folli dell’hidalgo, quanto una vicenda amorosa vivace e popolare. La giovane e brillante Kitri ama il barbiere Basilio, spirito libero e ironico del villaggio. Suo padre, però, sogna per lei un matrimonio più vantaggioso e vorrebbe darla in sposa al ricco e goffo Gamache. Di fronte al rifiuto, gli amanti fuggono e trovano rifugio in una taverna, dove l’astuzia di Basilio trasforma il dramma in commedia: fingendosi morente, strappa al padre il consenso alle nozze. Quando l’inganno viene svelato, la finzione si scioglie in festa, e l’amore trionfa tra danze e allegria.
La storia di Don Chisciotte nel balletto comincia molto prima di Petipa. Già nel Settecento, coreografi come Franz Hilverding a Vienna e Jean-Georges Noverre tentarono di tradurre l’immaginario cervantino in gesto e pantomima.
Parigi, Milano, Vienna e altri centri europei accolsero versioni differenti, ognuna specchio del gusto e dello stile del proprio tempo, fino a creare una lunga tradizione di riletture coreografiche.
Fu però nella Russia imperiale che Don Chisciotte trovò la sua forma definitiva. Petipa, maestro assoluto della danza accademica, trasformò il racconto in uno spettacolo solare, virtuosistico e teatrale, sostenuto dalla musica brillante di Minkus.
Petipa montò il balletto per il Teatro Bol’šoj a Mosca su commissione. La produzione debuttò il 26 dicembre 1869 con un enorme successo.
Dopo il consenso moscovita, il coreografo ampliò l’opera per San Pietroburgo, rendendola ancora più fastosa, articolata in più atti ed episodi, con grandi scene corali e momenti di puro classicismo.
All’inizio del Novecento Aleksandr Gorskij rinnovò profondamente il balletto, infondendovi maggiore realismo scenico e una nuova vitalità drammatica.
Le sue produzioni, impreziosite da interpreti leggendari e da nuove pagine musicali, fissarono molti elementi che ancora oggi caratterizzano le versioni moderne, come celebri variazioni solistiche e danze di carattere entrate stabilmente nel repertorio.
Nonostante i profondi cambiamenti storici del Novecento, Don Chisciotte sopravvisse alla Rivoluzione russa e rimase uno dei titoli più amati dai grandi teatri, dal Bol’šoj al Kirov.
Nel frattempo, grazie ad artisti carismatici come Anna Pavlova, Rudolf Nureev e Michail Baryšnikov, il balletto attraversò i confini russi e conquistò l’Occidente, diventando patrimonio condiviso delle principali compagnie internazionali.
Oggi Don Chisciotte vive in molte versioni, classiche e moderne, ma conserva intatto il suo spirito: una celebrazione della gioia, del colore, della vitalità popolare e dell’amore che sfida ogni ostacolo.
Strutturato in tre atti, il balletto alterna episodi di danza brillante e pantomima a momenti di puro lirismo accademico: dalle piazze animate e dagli accampamenti zingari, fino alla celebre scena del sogno e al trionfale grand pas de deux finale, dove la danza diventa festa e il teatro si accende di luce.
Michele Olivieri
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