Dopo il debutto al Teatro Stabile di Catania con 6 repliche sold out, arriva a Milano quella che à considerata una delle migliori creazioni di Roberto Zappalà. La “A” sta per Agata, la santa patrona della città di Catania. La santa martire a cui sono stati strappati i seni per punizione al rifiuto delle avances del proconsole. A lei Catania dedica ogni anno una festa, che figura tra le più importanti del mondo cattolico. Quel giorno la città si riempie di un solo grido martellante, «siamo tutti devoti tutti!». Nell’aggiungere un punto interrogativo (siamo tutti devoti tutti?) il coreografo siciliano pone delle domande che disturbano e affrontano il non-detto. Immaginare, concepire e costruire uno spettacolo su S. Agata, la sua immensa processione e festa a Catania, (fra le più grandi dell’intero mondo cristiano/cattolico) oltre a proporre un’identificazione città/popolo/Santa che trova appunto a Catania uno dei luoghi al mondo dove questo avviene in maniera inestricabile, è volere, più di ogni altra cosa, indagare a fondo un aspetto fondamentale dell’oggi.
Il rapporto che si ha con il sacro, la religione, la religiosità. E Agata, una santa, la cui immagine devozionale, (le tenaglie, i seni straziati), in bilico fra erotismo e sadismo, tra le più immediatamente riconoscibili di tutta l’iconografia religiosa cattolica, è “solo” un punto di partenza. Si utilizza un apparato iconografico tradizionale per farlo sposare con il moderno, con la contemporaneità, per dare origine a contrasti e cortocircuiti.
La missione: A. nasce dalla necessità, sofferta, e a lungo rimandata, per timore e pudore artistico, non religioso, di affrontare una serie di nodi cruciali riguardanti il vivere in una comunità e l’esserne parte integrante; di indagare e sviscerare il sentimento di appartenenza che medializzata prova verso Dio, la religione, il trascendente. Un rapporto che si configura in due aspetti opposti e complementari; quello privato e quello pubblico, due facce della medaglia di un’ambiguità fondamentale che non è possibile chiarire. Come se il credente (siciliano e non) fosse condannato a questo paradosso: rendere pubblico il proprio fervore mistico, la propria devozione come l’unico modo di manifestare la propria religiosità, ma così facendo rischiare di snaturarla o addirittura di cancellarla. Non si poteva, quindi, tralasciare in un progetto come re-mapping sicily – percorso che Roberto Zappalà ha intrapreso diversi anni addietro con l’intenzione di rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico – l’aspetto della religiosità popolare, un apparato che nell’isola e in Italia diventa cartina di tornasole per quasi tutto, un teatro d’operazioni che investe e riassume, facendoli esplodere, tutti gli aspetti che interessano l’appartenenza ad una collettività.
ORARI & INFO
27 e 28 settembre ore 20.30
Teatro Elfo Puccini – Sala Shakespeare
Corso Buenos Aires, 33
Milano
www.giornaledelladanza.com
Foto di Serena Nicoletti