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Anastasia (balletto): storia, personaggi, curiosità e trama

Anastasia è un balletto ideato e coreografato da Sir Kenneth MacMillan sulla partitura comprendente la Sinfonia n. 6 di Bohuslav Martinů e la musica elettronica scritta appositamente da Fritz Winckel e Rüdiger Rüferdi. La creazione in un atto vide il debutto presso la Deutsche Oper Berlin (ai tempi della direzione di MacMillan) il 25 giugno 1967 con protagonista la prima ballerina canadese Lynn Seymour. In seguito venne rielaborata a serata intera dallo stesso MacMillan in tre atti e andò in scena il 22 luglio 1971 per il “Royal Ballet” da lui diretto artisticamente tra il 1970 e il 1977.

Quello che era l’originario atto unico di Berlino divenne l’ultimo atto della nuova versione. Il primo e secondo atto erano dedicati all’infanzia della granduchessa e alla fine dei Romanov con la Rivoluzione d’Ottobre. Le Sinfonie n. 1 e 6 di Pëtr Il’ič Čajkovskij facevano da colonna sonora a questi due nuovi atti. I costumi e le scenografie portavano la firma di Barry Kay, che aveva già curato la messa in scena originale. Lynn Seymour tornò a danzare il ruolo di Anastasia, mentre il resto del cast includeva Antoinette Sibley, Anthony Dowell, Lesley Collier e David Wall. Il balletto venne proposto anche allo Stuttgart Ballet nel 1976.

La trama è imperniata sulla celebre granduchessa imperiale russa e sulla personalità di Anna Anderson, che per un certo periodo venne creduta l’autentica e sopravvissuta Anastasia. Soltanto negli anni ottanta gli esami del DNA smentirono questa tesi. Il balletto è ambientato nell’ospedale psichiatrico in cui la Anderson fu internata per gran parte della sua vita, inframezzato a ricordi del suo immaginario passato nei panni della figlia dello Zar.

Nello specifico: Atto I – Nell’estate del 1914 la famiglia imperiale è festosamente occupata in un picnic estivo, in cui la giovanissima Anastasia si conferma come l’anima dell’evento. Ad intrattenere lo zar e la sua famiglia ci pensa un vivace gruppo di cadetti della marina. L’idillio è interrotto dall’arrivo di un messaggero che annuncia allo zar lo scoppio della guerra e i cadetti interrompono i loro passatempi per andare a combattere. Atto II – San Pietroburgo, 1917. La sedicenne Anastasia debutta in società e per festeggiare l’evento due danzatori del Balletto Mariinskij si esibiscono in un elegante pas de deux. La ballerina altri non è che Matil’da Feliksovna Kšesinskaja, l’ex amante dello zar. I festeggiamenti vengono interrotti dai rivoluzionari bolscevichi, che arrestano la famiglia reale e la porta via. Atto III – In un ospedale psichiatrico Anna Anderson è tormentata da ricordi confusi del suo passato, in cui i personaggi dei primi due atti si ripresentano, ma cambiati al punto di essere quasi irriconoscibili. In bilico tra i ricordi e la pazzia, Anna accetta di essere la granduchessa Anastasia e si aspetta che il mondo la riconosca come tale. Inizialmente questo terzo atto era l’unico atto del balletto, che solo successivamente viene trasformato in uno spettacolo a serata intera aggiungendone due che fungevano da prequel.

Gli zar Romanov sono stati i basilari finanziatori dei Teatri imperiali, non mancando mai alle occasioni in cui era possibile ammirare le esibizioni delle future prime ballerine, senza tralasciare la tradizione che voleva imperatori e nobili scegliere le amanti tra le artiste in scena.

Kenneth MacMillan rifacendosi alla leggenda della granduchessa scampata all’eccidio della famiglia imperiale russa avvenuto il 17 luglio 1918 a Ekaterinburg nelle persone dello Zar Nicola II, della zarina Aleksandra Fëdorovna, e dei figli Ol’ga, Tat’jana, Marija e lo zarevich Aleksej (erede al trono della dinastia). Con loro vennero uccisi inoltre figure al loro servizio: il dottor Evgenij Botkin, il cuoco Ivan Michajlovič Charitonov, il valletto Aleksej Egorovič Trupp, la cameriera Anna Demidova. La coreografia di MacMillan punta dritto al mito (sfatato) della sopravvissuta Anastasia, confezionando uno spettacolo capace di tratteggiare volti e personalità con potenza evocativa.

L’edizione integrale mostra nel primo atto lo Zar e la sua famiglia nella vita quotidiana di corte e a bordo dello yacht imperiale con alcuni ospiti mentre vengono informati dell’avvenuto scoppio della Prima Guerra Mondiale. Prosegue nel secondo atto con il ballo in onore di Anastasia, presso il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo per il debutto in società della sfortunata granduchessa. La festa viene interrotta dall’annuncio del divampare della rivoluzione. Nel terzo atto si cambia totalmente registro e si ritrova la protagonista in un manicomio berlinese, in cui è ricoverata una donna in stato confusionale che non distingue il passato dal presente. La giovane afferma di essere Anastasia, ma in realtà si chiama Anna Anderson e per lungo tempo riempie le cronache dichiarandosi Anastasia, la superstite.

Da questo fatto realmente accaduto prende spunto l’ampliamento del balletto di Kenneth MacMillan rispetto a quello del debutto. Anna Anderson pretendeva di essere identificata come la granduchessa Anastasia che qui viene raffigurata delirante mentre cerca di recuperare la memoria tra coloro che la sostengono e chi la incolpa di falsificare la verità consapevolmente. MacMillan palesa l’esistenza terrena di Anastasia mediante la fantasiosa immaginazione della Anderson.

Dopo la scomparsa del grande coreografo scozzese avvenuta nel 1992, il balletto venne ripreso nel maggio 1996 con piccole modifiche sotto la supervisione di sua moglie, Deborah MacMillan, e con nuovi costumi e scenografie firmati da Bob Crowley, a differenza di quelli originali creati da Barry Kay, a punteggiare la maestosità dell’Impero russo con colorati rimandi alle danze di carattere, tipiche dell’identità nazionale. Il balletto Anastasia è rimasto nel repertorio del Royal Ballet e nel tempo ha visto alternarsi nel ruolo della protagonista Viviana Durante, Leanne Benjamin, Mara Galeazzi, Lauren Cuthbertson, Laura Morera e Natal’ja Osipova.

Come già accennato poco sopra nella trama c’è da sottolineare il grand pas de deux che coinvolge idealmente la storica amante dello zar, la celebre ballerina Matil’da Feliksovna Kšesinskaja, figlia del ballerino Feliks Kšesinskij, la quale si diplomò nel 1890 con Lev Ivanov, Christian Johansson ed Ekaterina Vazem alla Scuola del Teatro Imperiale esibendosi al Teatro Mariinskij nel balletto La fille mal gardée, dove fu notata dalla famiglia imperiale. In seguito divenne ben appunto amante dello zarevic Nikola, e si trovò spalancate le porte della carriera di prima ballerina e poi di prima ballerina assoluta dei Teatri imperiali, a dispetto della volontà del coreografo Marius Petipa.

Nel finale del balletto di MacMillan colpisce l’immagine della donna con i capelli tagliati, con indosso la tenuta tipica da ospedale psichiatrico di colore grigio, mentre osserva un film d’archivio della Russia Imperiale, soffermandosi sul primo piano della figlia più giovane dello zar, Anastasia, nella quale lei si identifica e riconosce.

La drammaturgia inizialmente leggera con rimandi allo stile tipico di Petipa, sfocia passo dopo passo in una potente sfida psicologica per il ruolo della ballerina protagonista, capace di esplorare uno dei grandi misteri storici del XX secolo. Nel 1991 quando furono riesumati i corpi delle nove persone ad Ekaterinburg il Dna constatò che si trattava dei membri della famiglia imperiale. La mancanza però di due corpi riaprì il caso su Anna Anderson. Nel 1994 le analisi genetiche della Anderson portarono a concludere che non poteva essere imparentata con i Romanov ma che in realtà si trattava di Franziska Schanzkowski, una psicotica polacca. Nel 2007 negli Urali furono trovati i due corpi rimanenti identificati dal Dna. Questo fatto mise una pietra definitiva su qualsiasi possibilità che membri della famiglia imperiale potessero essere scampati al massacro di Ekaterinburg.

Il balletto di MacMillan fa rivivere una tragedia nella tragedia, quella della follia umana sviluppata in differenti ambiti, dove la luce lascia spazio all’oscurità e alla cronaca internazionale.

La curiosità la ritroviamo nella realtà della Berlino nel 1920, quando una donna passata poi alle cronache mondiali (e alla quale vennero dedicati numerosi libri e film), viene trovata da un poliziotto sul parapetto di un ponte, pronta a lanciarsi. Una volta salvata e portata in centrale, questa si mostra in stato confusionale, non ricorda chi sia e per questo viene rinchiusa in un istituto psichiatrico. Solo poco tempo dopo la donna, come risvegliatasi dal letargo, dichiara di essere Anastasia Romanov. L’età coincide, la somiglianza c’è, eppure nessuno le crede. La situazione inizia a catturare l’attenzione dei media tedeschi e ben presto diventa un caso. Alla donna viene attribuito il nome di Anna Anderson e nel frattempo inizia un lungo processo con il quale dovrà dimostrare di essere davvero la discendente della famiglia imperiale Romanov. Tra ex domestici, conoscenti e parenti vari, in tanti cercano con ogni mezzo di comprendere se si tratti di una truffatrice o della vera Anastasia. Le dichiarazioni ufficiali della nonna della granduchessa, l’imperatrice Maria, e della zia, la granduchessa Olga, denunciano Anna per frode. Nel 1970 (e poi nel 1977) arriva infatti la sentenza definitiva del tribunale che chiude il processo per assenza di prove.

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

© Riproduzione riservata

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