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Barbara Gatto: “Le mie coreografie nel ricordo di mio padre, che è sempre con me”

Il Giornale della Danza ha parlato con Barbara Gatto, insegnante, coreografa, fondatrice e direttrice di Arte Danza, istituzione per l’arte coreutica a Novara.

È insegnante e coreografa freelance di Contemporaneo, Modern e Sbarra a terra. Diplomata al Centro Internazionale Danza di Milano diretta da Maria Teresa Del Medico e Renato Greco, studiaMattox con Annatina Hug a Genova e Classico con Luigi Sironi. Frequenta la scuola di Enzo Paolo Turchi a Roma, studiando con lo stesso e con il coreografo Marcello Stramacci. Si perfeziona a Nizza al “Off Jazz” con Gianni Loringett. Lavora a numerosi programmi televisivi e collabora con Renato Zero per tre anni nelle vesti di ballerina, partecipando con lui al musical “Provaci ancora Italia”. Grazie all’eccellente preparazione dei suoi allievi e all’estro delle sue coreografie, ha vinto numerosi concorsi di grande valore tra i quali “Youth American Grand Prix”, “Rieti Danza Festival”, Concorso Internazionale di Danza Città di Spoleto. 
Dal 2007 è maestro istruttore di Contemporaneo della F.I.D. Dal 2009 è direttore artistico del Concorso Internazionale Novara in Danza. Dal 2010 è docente residente nelle discipline di Contemporaneo e Sbarra a terra al festival “Moncalvo Summer Camp”. Dal 2015 al 2017 è direttore artistico del Moncalvo Festival Gala con ospiti speciali quali Carla Fracci, Roberto Fascilla, Beppe Menegatti. Dal 2018 inizia una collaborazione in qualità di coreografa con la Staatliche Balletschule di Berlino (Germania).
Nella stagione 2018/2019 prenderà parte alla quarta edizione del Made4You, ideato dai direttori artistici Paolo Mahovic e Pompea Santoro. Presenta la coreografia Empaty, finalista al premio di Varna in Bulgaria per i danzatori della Staatliche Balletschule di Berlino, Elena Iseky e Haruto Goto, rispettivamente vincitori del 3 e del 2 posto nella categoria junior.
Ha partecipato inoltre in qualità di giurato al concorso internazionale Magic World in Bulgaria per le edizioni 2017 e 2018 e presso Loano Labat Festival.

Una chiacchierata che ci ha permesso di capire come la vita di un’artista come Barbara sia cambiata in pochissimo tempo e come la figura del padre sia sempre con lei, nei suoi lavori e nelle sue emozioni.

Innanzitutto congratulazioni ha un centro di formazione veramente ottimo. È stato difficile iniziare a lavorare in una piccola realtà e, nel contempo, portare avanti una cultura della danza che è nata come di nicchia ma si sta, sempre più, espandendo?

Premetto che per lavorare al meglio in provincia è fondamentale essere dei veri certosini: costanza e precisione sono alla base. Ma non sempre è facile, anzi. Questo mio progetto di formazione di danzatori è nato alcuni anni fa, quando ho incontrato il mio compagno di vita. Mi sono trovata a vivere, e lavorare, in una piccola città come Novara che, come altre realtà simili, è estremamente lontana da quel mondo, molto estroso ed artistico, della danza. Di cui io ho sempre fatto parte. Inizialmente non capivo perché tutte le persone che incontravo mi guardavano in maniera strana…diciamo che nessuno di loro era pronto ad un progetto di questo tipo, molto ambizioso, lo ammetto. Mi vedevano diversa. Per gioco, però, dopo anche i suggerimenti di mio marito – che mi ha sempre spronata ad iniziare questo percorso – ho iniziato ad insegnare in un centro che non era mio: mi sono trovata ad lavorare in un centro sportivo e, in pochissimo tempo, da un allievo…ne ho iniziato ad allenare 120. Un’esperienza estremamente formativa e bellissima.  I problemi sono sorti, però, proprio con i numeri: tanti ragazzi, sì, ma io non avevo ciò di cui avevo veramente bisogno. La palestra voleva la quantità ed io mi rendevo conto, invece, che stavo sciupando gli anni agli allievi. Non potevo, infatti, suddividere gli allievi per livello e non potevo seguirli al meglio per la mancanza di ore e spazio…quindi mi sono detta: inizio una nuova avventura e apro una scuola di danza. Il perché di farlo a Novara? I miei tre figli erano ben inseriti in questa città e, soprattutto quando erano piccoli, tutto ruotava intorno a loro. Ho rinunciato anche ad importanti lavori coreografici in Germania, proprio per i miei figli: volevo stare accanto a loro. Ero convinta che quella fosse la strada da percorrere. In un punto della mia vita, però, il più grande di loro, mi ha messo di fronte al fatto concreto: in tanti mi cercavano e lui stesso mi diceva di rimettermi in moto, di ricominciare anche ad intraprendere la strada che avevo lasciato quando avevo deciso di crescere proprio i miei figli.

Io, però, ero felice anche con la sola idea che tante persone avessero ripreso a cercarmi e a farmi i complimenti per i miei lavori. Per me non era importante che il mio pubblico fosse quello più importante: a me fa star bene fare qualcosa che possa piacere agli altri. Perché non c’è spettacolo senza spettatore. Io stavo benissimo anche solo portando i miei allievi ai concorsi, in giro per l’Italia, dove abbiamo ottenuto ottimi risultati.  Mio figlio, però, non smetteva di ripetere: perché tutta questa bellezza non può rimanere negli anni? Io voglio che il tuo nome resti! Tu hai creato uno stile! E, in aggiunta a questo, tanti coreografi mi chiamavano per dirmi che avevano tratto qualcosa dal mio stile: si era creato un vero e proprio movimento che raccontava, appunto, il mio stile coreografico! Oltre ad insegnare, quindi, ho deciso, quindi, di fondare la Bagart Ballet Company, che include sei/sette danzatori e che rappresentano i miei lavori. Un lavoro molto difficile ma bellissimo, che in Germania sta riscuotendo molto successo.  Ho iniziato a lavorare per la Ballet School di Berlino e preparato alcuni danzatori con un pezzo molto importante di contemporaneo. Mi hanno contattato anche altre realtà internazionale: il mio lavoro, in Germania, piace molto. Sono veramente felice di questo.

Io, però, sono una persona molto cauta nel realizzare le coreografie: devo prima capire, ho bisogno del mio tempo, non mi butto a capofitto. Il centro di Novara, nonostante le difficoltà, resta sempre la mia priorità. Alcuni colleghi, visto il lavoro, mi chiedono come io riesca a resistere in una realtà così piccola e a portare avanti un progetto così ambizioso come un centro di studi di danza…io dico sempre che voglio premiare la voglia di chi ci vuole credere e si impegna. Io cerco nei danzatori di tirare fuori la loro personalità, con i loro punti di forza e le loro debolezze. Perché il danzatore è un artista. Un bravo Maestro deve saper cogliere l’unicità dei suoi allievi. Non è un lavoro seriale, anzi.

Ed è questo che mi differenzia. Io faccio danzare la loro personalità. Per fare questo è fondamentale una conoscenza approfondita, affinché i loro difetti entrino a far parte del loro lavoro, che può essere un aiuto a sconfiggerli. Un lavoro di movimento ma in prospettiva.

Quanti allievi ha ora?

La scuola è un centro che ha 120 ragazzi. Un gruppo di 18 studenti studiano a livello professionale. Abbiamo anche aperto una foresteria, alcuni studenti vivono fuori città e non riescono a frequentare cinque giorni su cinque, almeno per ora, e magari provano a fermarsi l’anno prossimo. C’è una ragazza bulgara che si è trasferita qui, altre ragazze verranno l’anno prossimo. Altri ragazzi stanno provando a venire e decideranno che tipo di percorso seguire nei prossimi anni. Ci sono molte formule. Un grande impegno ma molto stimolante.  

Quanti di loro, proseguono nella vita lavorativa del ballerino?

Prima di formare la Bagart Ballet Company, molti danzatori hanno comunque proseguito la loro carriera. Uno di loro lavora al Balletto di Roma, un’altra allieva invece danza nei più importanti videoclip musicali. Altri danzatori hanno partecipato a progetti importanti … sono molto contenta di quello che hanno ottenuto.

Parliamo ora dei lavori che lei crea per i suoi danzatori. “La coscienza della morte”, pièce a cui è stato conferito il Premio Speciale per la categoria Composizione Coreografica di Sara Zuccari al Concorso Expression di Firenze. A cosa si è ispirata per realizzare questa coreografia?

Premetto che la mia maturazione artistica è avvenuta dopo la perdita di mio padre e di una sorella molto giovane. Due malattie importanti che mi hanno portato a vedere il mondo sotto una luce differente: prima di questi momenti, sicuramente davo importanza ad aspetti diversi nella mia vita. Mio padre, da quando è scomparso, è sempre con me e mi guida in ogni cosa io faccia. Soprattutto nella danza, nella realizzazione delle mie coreografie, prendo proprio la forza da lui, dal suo ricordo. Mio padre era un uomo onesto che, nella sua semplicità, voleva cambiare il mondo. Ed io, in quello che faccio, provo a portare avanti le sue idee, così avanguardiste. In questo pezzo, una prosa di Giorgio Gaber, rifletto proprio sulla sofferenza di mio padre, di come la sua vita sia cambiata in pochissimo tempo e di come sia riuscito, lui stesso, a farmi vedere il mondo da un’altra prospettiva. Da quando lui non c’è più, la mia vita ha altre priorità, in ogni cosa che faccio lui c’è sempre. È il mio spirito guida. Che mi segue nella mia vita di tutti i giorni, che mi aiuta ad affrontare le difficoltà. Può sembrare strano, ma io sto vivendo mio padre più ora, che non c’è più, nella mia quotidianità, molto più di quando era fisicamente con me. Ogni giorno sento le sue parole, che mi spronano ad andare avanti.  Ciò che più porto di lui, ciò che voglio raccontare di lui in ogni cosa che faccio è la sua onestà, il suo essere cristallino e con un grande desiderio: far trionfare sempre la giustizia, la meritocrazia. Lui non voleva mai, in ogni suo lavoro, sovrastare gli altri. E questo è un insegnamento fondamentale per tutto il mondo di cui faccio parte: purtroppo si tende a far prevalere il proprio ego. Su tutto. E forse, proprio dall’onestà, dalla partecipazione e dal desiderio di cambiare il mondo, caratteristiche proprio di mio padre, potremmo prendere tutti spunto.  Di lui mi porto anche il suo immenso desiderio di voler combattere sempre le ingiustizie: ed io, nel mio lavoro, ogni giorno, sto provando a fare questo. Sempre. E lui mi guida. Ed è bellissimo.

Le emozioni, i sentimenti, ciò che si prova: elementi fondamentali del lavoro coreografico…

Assolutamente: emozioni e sentimenti sono intoccabili. Sono loro ad aiutarci a buttare giù tutti i muri di cemento che ci circondano. Dobbiamo reimparare a guardarci intorno e a non concentrarci su noi stessi: il mondo è bello perché siamo circondati da cose belle. Ma bisogna accorgercene! Dovremmo guardare gli altri e lasciare da parte noi stessi. È fondamentale iniziare subito, ogni secondo della nostra vita è prezioso!

 

www.giornaledelladanza.com

Foto di Andrea Gianfortuna

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