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Biennale Sessions – “Tufo”: Dal confine tra dentro e fuori, tra inconscio e superficie

Tufo

Il progetto speciale Biennale Sessions della Biennale di Venezia dedicato a università, accademie e istituti di formazione superiore, partecipa per la prima volta a Parco Aperto 2023, all’interno del quale prende vita il progetto Ecologia (A)sociale curato da Escuela Moderna Ateneo Libertario, Fuoriposto Mestre e Marche Arte Viva.

Il programma che si sviluppa tra la mattinata di Sabato 20 maggio e la sera di Domenica 21 maggio 2023 prevede una serie di happening, interventi performativi, installazioni e iniziative gratuite aperte alla cittadinanza. Il progetto è articolato partendo dall’idea di 5 isole tematiche che si connettono tra di loro, creando un arcipelago di persone che riflettono collettivamente sulle idee di performatività e costruzione dello spazio pubblico in quanto luogo per lo sviluppo di un discorso politico plurale basato su pratiche di pedagogia libertaria.

Nell’ambito del progetto avrà luogo la performance di Alessandra Sorrentino dal titolo Tufo. Abitiamo ciò che indossiamo. D’altronde le parole, ridotte a pura radice, non possono mentire.  Abitiamo case, indossiamo spazi, calziamo vuoti e memorie. Finché tutto si confonde e ci imprigiona. Pensiamo di essere liberi, ma siamo solo in attesa. Di notte, non visto, un vento boreale porta scompiglio sulle pareti delle nostre case. La polvere di tufo, sollevandosi in aria, sfarinata, ci entra nelle narici e allaga i sensi. I nostri neuroni diventano incandescenti. È così che si diventa parte della città, è così che si dismette il proprio corpo per indossare l’abito di ogni casa in cui siamo entrati per guardare, godere, patire e perdersi.

A Napoli almeno è così. Materia e corpi, salsedine e lingua si mescolano, si intridono l’uno dell’altra, l’uno nell’altra. Si appartengono, per diritto divino. Succede pertanto di non capire dove finisca il giallo tufaceo che striglia le case del centro storico, e dove cominci il volto abbronzato di certe donne che passeggiano a ridosso dell’Anticaglia. Gli ocra maiuscoli delle catacombe, delle pietre rarefatte e porosissime, si confondono nel sole che percuote le iridi, si slavano in un sontuoso marrone che sa di terra e pastiera, di anfiteatri e torroni. Avviene a Napoli quello che accade nei luoghi dove energia animale e ragione non si guardano in faccia: sentirsi disorientati. La città, si sa, è sensuale ed aggressiva.

Ti circonda, succhia l’energia del tuo corpo e lo schiaffeggia con lunghe vampate di calore. Ma quello stesso calore è intriso di una luce talmente potente da fortificarlo, da riuscire a rinvigorirlo al pari di un nettare purissimo.  Le voci e i rumori possono essere così intensi da creare vertigini. Allora non resta che correre, lasciarsi alle spalle il lungo serpentone di uomini e auto per piombare, all’improvviso, davanti alle scale marmoree di una chiesa o nello slargo socchiuso di una Porta. Ma siamo dentro o fuori? Dov’è il confine tra i luoghi che dovrebbero proteggerci e la città che pretende di essere sognata?

Tufo

Alessandra Sorrentino parte da qui. Da questa domanda sospesa, dal confine tra dentro e fuori, tra inconscio e superficie. Immette energia nella bellezza del passo, perimetra il vuoto con la grazia della danza per poi rimuovere uno dopo l’altro i mattoni che ci portiamo addosso. Ogni mattone un desiderio sfiorito, una colpa inflitta, un rimpianto divenuto zavorra. Lavorando per sottrazione, ci solleva dal peso. Eliminando il peso, ci riporta alla verità di ogni esistenza: essere liberi, finalmente in procinto di diventare ciò che siamo destinati ad essere, ma ad un passo dalla vertigine di cadere.

Nell’improvviso vuoto che si forma, ci sembra di ricordare, come se lo avessimo sempre saputo, che i corpi non dovrebbero mai incontrarsi; dovrebbero semplicemente sognarsi, da un punto all’altro di ogni desiderio. Dovremmo vivere tutti dentro il medesimo sogno collettivo, liberi di galleggiare tra l’infinito dell’inconscio e la beatitudine delle cose che proseguono anche senza di noi. Il tufo di Napoli è come il giro dei secoli nella corteccia degli alberi. È possibile, seguendolo, risalire lungo il corso del tempo. Spostarsi dal barocco sublime di certe chiese, ai vicoli che ancora parlano di un’Ellade impossibile. Dalla sontuosa perfezione dei basoli, all’asfissiante modernità di appartamenti privi di compassione. Dal caos al silenzio, tutto in pochissimi secondi.

E non c’è tempo per riprendere fiato. La bellezza della luce e la degradazione della storia si susseguono ritmicamente, danzano attorno al corpo tirando ognuno dalla propria parte, perché l’unico scopo di questa città è toglierti un baricentro, farti perdere l’equilibrio. Ricordarti che la vita è sogno. Che se la vita non è sogno, semplicemente non è. Ecco cosa c’è attorno, dentro, dappertutto.

Giunto a Napoli, Sartre passò un giorno e una notte a vagabondare tra stradine e piazze, e alla fine così la descrisse: Città in putrefazione, la amo e ne ho orrore. È un piccolo racconto che intitolò Spaesamento. Ecco cosa ci consegna Alessandra Sorrentino. Questa parola qui e nient’altro: precisa, metallica, perfettamente addensata nei suoi significati. Nello spazio che ci spalanca addosso, smontando frammento per frammento la casa, amando ognuno di quei singoli mattoni, toccando ognuno di quei singoli mattoni, noi che guardiamo subiamo lo spaesamento di dover essere semplicemente noi stessi. E cos’altro chiedere all’arte se non questa possibilità, questo smarrimento, questa vertigine e questa consolazione?

ORARI & INFO

“Biennale Sessions”

BIENNALE DI VENEZIA

Sabato 20 maggio 2023

Domenica 21 maggio 2023

Biblioteca di Carpenedo Bissuola

Aree esterne del Parco Albanese (Mestre)

Lorena Coppola

www.giornaledelladanza.com

Photo Credits: Alessandra Sorrentino

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