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In prima visione il balletto “Peer Gynt” dalla Scala su Rai5

Dal Teatro alla Scala di Milano il visionario Peer Gynt del coreografo Edward Clug: un viaggio potente e suggestivo, fisico e interiore, alla ricerca di sé dell’’eroe ribelle nato dalla penna di Ibsen. Per la prima volta alla Scala Peer Gynt del coreografo Edward Clug, balletto narrativo ma onirico. Musica di Edvard Grieg per la direzione d’Orchestra di Victorien Vanoosten. Nel cast Navrin Turnbull è Peer Gynt, Alice Mariani è Solveig, Andrea Crescenzi La Morte, Agnese Di Clemente Ingrid, con i solisti, primi ballerini e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri. Regia tv Stefania Grimaldi. In onda giovedì 25 settembre alle ore 22.10 su Rai 5. A dieci anni dalla sua creazione, nell’aprile 2025 è entrato in un repertorio italiano il celebre balletto contemporaneo di Edward Clug. La produzione registrata da RAI Cultura è ora trasmessa su Rai 5 e Rai Play per l’estero (ad eccezione di Grecia, Repubblica Ceca e Giappone) in live streaming sulla piattaforma digitale Medici Tv il 18 aprile. Primo balletto narrativo a serata di Clug, Peer Gynt vide il suo debutto nel 2015 per il Balletto del Teatro Nazionale Sloveno di Maribor. Da allora è diventato così popolare da essere ...

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La danza dei 4 cignetti: eleganza, simmetria e precisione

Nel cuore del balletto Il Lago dei Cigni, composto da Pëtr Il’ič Čajkovskij nel 1875-76, si trova uno dei momenti più iconici della danza classica: la Danza dei Piccoli Cigni (Pas de Quatre), conosciuta anche come la Danza dei Quattro Cigni. Questa breve ma intensissima coreografia appare nel secondo atto del balletto. È interpretata da quattro ballerine che rappresentano giovani cigni. Legate fisicamente — spesso incrociando le braccia o tenendosi per mano — eseguono una serie di passi piccoli, rapidi e sincronizzati, chiamati pas de bourrée. Il fascino di questo pezzo non è solo nella bellezza del movimento, ma nella sua straordinaria richiesta tecnica: ogni ballerina deve essere perfettamente coordinata con le altre. Anche un solo errore di tempo o posizione può rompere l’illusione dell’unità del gruppo. Dal punto di vista narrativo, la danza raffigura la tenerezza, l’innocenza e la vulnerabilità delle giovani donne trasformate in cigni dal maleficio del perfido Rothbart. I loro movimenti all’unisono ricordano un’unica creatura con più ali, che cerca rifugio e protezione. Visivamente, l’effetto è magnetico: quattro figure bianche che si muovono come se fossero una sola, in una danza leggera ma intensa. Il pubblico resta spesso ipnotizzato da questo momento, tanto che la Danza dei ...

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Amina Boschetti: la stella dimenticata del balletto romantico

Nel cuore dell’Ottocento una giovane ballerina italiana incantava i teatri con la sola forza del suo movimento. Il suo nome era Amina Boschetti: figura luminosa del balletto romantico, oggi avvolta da un velo di ingiusto oblio. Nata a Milano nel 1836 con il nome di Giacomina, fu ribattezzata artisticamente Amina, quasi a evocare quell’aura eterea che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita. Fin da bambina, il suo destino apparve segnato: fu ammessa alla scuola di Carlo Blasis, il più influente maestro di danza del suo tempo. Il suo talento fu così precoce che a soli dodici anni debuttò come prima ballerina al Teatro Re, affiancando icone del calibro di Fanny Cerrito e Marie Taglioni. La sua danza non era solo tecnica: era emozione, teatralità, presenza. Il pubblico non vedeva una bambina sul palco, ma uno spirito danzante capace di trasformare il movimento in poesia. Giovanissima, fu scritturata dall’impresario Domenico Ronzani e intraprese una tournée internazionale che la portò a Barcellona, Vienna, Firenze, Trieste. Ovunque andasse, lasciava dietro di sé un’eco di entusiasmo e lacrime di commozione. Ogni città diventava un altare dove il pubblico adorava la sua leggerezza come un dono divino. Nel 1852 approdò alla Scala di Milano, consacrandosi definitivamente ...

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La Direttrice Artistica Nina Loory “allo specchio”

  Il balletto classico preferito? La Bella Addormentata. Il balletto contemporaneo prediletto? Giulietta e Romeo di Mats Ek. Il Teatro del cuore? Il Teatro Bolshoi di Mosca. Un romanzo da trasformare in balletto? Anna Karenina di Lev Tolstoj. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Non esiste un film del genere. Il costume di scena indossato che hai preferito? I costumi che ho indossato in La leggenda dell’amore del coreografo Yuri Grigorovich e del costumista Simon Virsaladze. La musica più bella scritta per balletto? La musica di Pyotr Tchaikovsky per Swan Lake e The Sleeping Beauty. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Vaslav Nijinsky e Galina Ulanova. Il tuo “passo di danza” preferito? Pas de bourrée. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Frederic Ashton. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Per favore, lascia che l’ispirazione, lo stile e la musicalità siano l’anima e la quintessenza della danza. Lo sviluppo del développé a 180% e i trucchi tecnici cediamoli per un’altra arte: quella del circo. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Il duro lavoro ripetuto. Come ti vedi oggi allo specchio? Vedo il “tempo”. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com © Riproduzione ...

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Trittico alla Scala tra rituale e sensualità [RECENSIONE]

Tre mondi coreografici. Tre modi di intendere il corpo e la danza. Il trittico ideato dal direttore del corpo di ballo della Scala, Frédéric Olivieri è formato da Études di Harald Lander, Boléro di Maurice Béjart e Petite Mort di Jiří Kylián. Una sfida dichiarata al danzatore e allo spettatore: una progressione emotiva che parte dalla disciplina accademica per dissolversi nella bellezza inquieta del gesto essenziale e poi scivolare nel rituale ipnotico. Apre la serata Études, omaggio coreografico (ripreso da Johnny Eliasen con la consulenza di Lise Lander) alla tecnica classica portata al suo massimo grado di rigore e brillantezza. Lander costruisce un balletto che si sviluppa come una lezione di danza in tempo reale: dalla sbarra ai salti mozzafiato, ogni movimento è un’elevazione della disciplina accademica a linguaggio scenico. Progressivamente si trasforma in una escalation di abilità, culminando in un travolgente apice corale che coinvolge l’intero ensemble scaligero nel gran finale. I danzatori – qui veri atleti dell’arte – si muovono con una precisione quasi geometrica. Ma non è solo virtuosismo: è una dichiarazione d’amore per la forma, per il rigore della struttura, per l’ordine, per il lavoro invisibile dietro ogni arabesque perfetto, e la musica di Czerny ne ...

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I fouetté: virtuosismo, tecnica e potenza femminile

Nel vasto universo della danza classica, pochi passi riescono a catturare l’immaginazione del pubblico quanto i fouetté. Iconici, vertiginosi e carichi di tensione scenica, i fouetté non sono solo un’esibizione di abilità tecnica: rappresentano la sfida tra forza e grazia, tra rigore accademico e spettacolarità. Originari della tecnica accademica russa, i fouetté hanno conquistato un posto d’onore nel repertorio ballettistico, diventando una sorta di “firma” del grande assolo femminile. Il termine fouetté in francese significa “frustato” o “frustata” e descrive perfettamente la dinamica del movimento. L’effetto visivo è quello di una ballerina che gira vorticosamente su sé stessa, mantenendo il perfetto equilibrio mentre la gamba esterna “frusta” l’aria ad ogni rotazione. Il più celebre esempio di fouetté è senza dubbio quello contenuto nel Grand Pas de Deux del Lago dei Cigni, atto III, in cui Odile esegue 32 fouetté consecutivi — un vero e proprio banco di prova per ogni ballerina professionista. Un fouetté corretto non è soltanto questione di rotazione. Esso richiede: Solida forza del centro per mantenere l’asse del corpo dritto e stabile; Precisione della gamba di supporto, che deve restare perfettamente tesa e forte per sostenere il peso e la forza centrifuga; Coordinazione tra braccia e gamba ...

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La prima ballerina Beatrice Parma “allo specchio”

  Il balletto classico preferito? Romeo e Giulietta di Sir Kenneth MacMillan. Il balletto contemporaneo prediletto? Radio and Juliet di Edward Clug. Il Teatro del cuore? Teatro alla Scala. Un romanzo da trasformare in balletto? Piccole donne di Louisa May Alcott Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Orgoglio e Pregiudizio diretto da Joe Wright. Il costume di scena indossato che hai preferito? Tutù di Cenerentola del secondo atto nella versione di Sir David Bintley. Costumi stupendi di John Macfarlane, quel tutù brilla, ti fa proprio sentire una principessa. Quale colore associ alla danza? Non ci ho mai pensato prima ma forse l’azzurro. Se lo associo al mare o al cielo che si estendono all’orizzonte oltre ciò che possiamo vedere anche la danza in un certo senso può trasmettere quella sensazione, dove i gesti ed i movimenti ti trasportano verso quelle che solo le parole possono dare. Che profumo ha la danza? Sudore dell’impegno dei ballerini e costumi vissuti che raccontano la storia di balletti e dei loro interpreti. La musica più bella scritta per balletto? Quelle di Čajkovskij per il Lago dei Cigni, ci sono tantissimi momenti musicali che fanno venire i brividi. Il film di ...

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Christopher Marney nominato Artista in Residenza al Baryshnikov Arts Center di New York

Il direttore artistico del London City Ballet, Christopher Marney, è stato nominato Artista in Residenza al Baryshnikov Arts Center di New York, con inizio dell’incarico previsto per l’autunno 2025. Marney continuerà la missione del London City Ballet di riprendere balletti raramente eseguiti, portando in scena Quiet City di Jerome Robbins, creata nel 1986. L’opera, che sarà riproposta con la regia di Robert LaFosse, membro originale del cast ed ex étoile del New York City Ballet, verrà ricreata utilizzando appunti e filmati storici delle prove di Robbins, girati 40 anni fa. La preparazione avverrà a New York, a partire da settembre 2025, per poi essere presentata a Londra al Linbury Theatre a novembre 2025. Questa ripresa rappresenterà una pietra miliare, poiché il London City Ballet sarà solo la terza compagnia a portare in scena Quiet City, una composizione straordinaria che unisce danza e musica in un linguaggio espressivo che sembra quasi anticipare le sfide artistiche dei decenni successivi. I ballerini coinvolti in questa rielaborazione saranno il principal dancer Alejandro Virelles, insieme ad Arthur Wille e Joseph Taylor. Mikhail Baryshnikov ha commentato con entusiasmo l’iniziativa, sottolineando l’importanza del progetto e il valore che riveste per i ballerini coinvolti, ma anche per il ...

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Alda Fendi per Gian Carlo Menotti a Spoleto

Ritrovarsi in un luogo storico, pulsante di vita e di bellezza, per celebrare insieme il ricordo di un grande artista del ‘900: è stato un evento imperdibile quello che il 20 settembre a Spoleto Alda Fendi, presidente della Fondazione Alda Fendi – Esperimenti, ha voluto dedicare, con rinnovato entusiasmo, a Gian Carlo Menotti, illustre compositore e ideatore nel 1958 del Festival dei Due Mondi. A ospitare il prestigioso appuntamento è stata la preziosa e magnifica casa di fronte al Duomo che fu del Maestro e che Alda Fendi, da anni innamorata dell’arte e appassionata sostenitrice della creatività, è riuscita ad acquistare realizzando un sogno. “Si scordano soltanto le persone che non trasmettono amore! Quando ho deciso, con una magica intuizione, di continuare la sua scelta di vivere nella stessa casa a Spoleto, mi è sembrato naturale rendere omaggio a Gian Carlo Menotti per tributargli un ricordo per sempre”, ha commentato Alda Fendi, ricordando il grande amico, “Un filo che si riallaccia al suo mondo affettivo, culturale, pieno di estremi significati. Ogni anno il ritorno a Spoleto, con i miei nuovi e vecchi amici, diventerà una meravigliosa consuetudine e un affettuoso ricordo del sublime Gian Carlo”.  Regista della serata-evento, promossa e ...

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L’ultima esibizione di Vaslav Nijinsky a Sankt Moritz

Era il 19 gennaio 1919. In una stanza d’albergo a Sankt Moritz, tra le montagne innevate dell’Engadina, Vaslav Nijinsky, il più grande danzatore della sua epoca, danzò per l’ultima volta. Ma non su un palcoscenico, non in costume, non davanti a un pubblico teatrale. Il suo corpo, che aveva stregato l’Europa con salti impossibili e uno sguardo che toccava il divino, si muoveva ora davanti a pochi intimi, mentre scivolava inesorabilmente verso la follia. Quella non fu una performance nel senso convenzionale. Fu un rituale tragico, un grido corporeo che preannunciava la fine della sua carriera, e forse anche la fine del confine tra arte e delirio. Nel 1917, Nijinsky si era ritirato dalle scene. Dopo anni di gloria con i Balletti Russi di Sergej Djagilev, una tormentata relazione personale e artistica con il mecenate russo, e un matrimonio improvviso con Romola de Pulszky, il danzatore era caduto in un lento crollo psichico. La guerra, l’esilio, l’isolamento, la fine del sodalizio con Djagilev, le pressioni della celebrità si intrecciarono in un quadro fragile. Sankt Moritz, scelto come rifugio per la salute mentale, divenne invece lo scenario del suo addio. Quella sera di gennaio, invitato da amici e pochi ospiti, Nijinsky ...

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