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Coreografi, ritmo, ironia. L’Automne a Parigi è un Festival

ONE FLAT THING, REPRODUCED

È iniziato il 4 settembre scorso e continuerà per quattro mesi il Festival d’Automne, che porta sui palcoscenici dell’autunno parigino il meglio del teatro e della danza delle prossime stagioni. Quest’anno, tanta bella danza e tanta italianità, per un’edizione che tra le sue tre sezioni “Portrait” (Ritratto di…) sceglie Forsythe per la danza, e due italiani: Luigi Nono per la musica e Romeo Castellucci per il teatro (retrospettiva, quella su Castellucci, che continuerà anche nel 2015).

A mettere in scena i lavori di Forsythe tre compagnie: il Ballet de l’Opéra de Lyon, che ha presentato Limb’s Theorem, una delle coreografie cardine di Forsythe che ne ha curato anche i costumi e le luci per la seconda parte, dal titolo Enemy in the figure, splendida creazione di giochi di luce, in repertorio lionese dal 2005; il Semperoper Ballett de Dresde, porta in scena a fine ottobre tre pezzi del coreografo: i classici Steptext e In the middle somewhat elevated, insieme al debutto parigino di Neue Suite, coreografia nata proprio per questa compagnia, e che costituisce un ottimo esempio della de-costruzione del linguaggio classico portato avanti dal coreografo. A novembre e dicembre in scena ancora il Ballet di Lyon, con una selezione del repertorio forsythiano tra cui Workwithinwork; ma non mancherà anche una nuova creazione, di un diverso coreografo: Benjamin Millepied, e il suo nuovo Sarabande. Ultimi ad andare in scena, proprio la Forsythe Company, con Study#3: una coreografia che, pochi lo sanno, nacque al Teatro Grande di Brescia, dalla riflessione del coreografo sull’improvviso successo della Madama Butterfly in quello stesso teatro, a seguito di alcuni aggiustamenti dopo la prima – disastrosa – di Milano.

Tre solisti per il coreografo, anche: Jone San Martìn, che ha già regalato al pubblico italiano a Bassano del Grappa un assaggio di Legitimo/Rezo, coreografia che Forsythe ha creato apposta per lei, e che vuole mettere in scena il processo creativo del ballerino attraverso l’improvvisazione; e il duo Fabrice Mazliah e Ioannis Mandafounis, collaboratori della Forsythe Company, con il loro Eifo Eifi, seguito di uno studio sull’immagine e la sua percezione da parte del pubblico, con humour e una tecnica asciutta.

Per la sezione non retrospettiva, apre, il 24 settembre, lo spettacolo di Jerome Bel, dal titolo omonimo, che nel 1995 si presentò come un radicale studio sui rapporti tra corpo, musica e luci. Il secondo titolo (l’8 e 9 novembre) del coreografo è un passaggio di focus: dal creatore all’inteprete, da Jerome Bel a Cédric Andrieux, dal coreografo al lavoro del ballerino, in una carrellata socio-culturale sulla figura del ballerino e sulle coreografie.

Tre titoli per l’italiano Alessandro Sciarroni, a Parigi da fine settembre a dicembre, che presenta le prime due parti della trilogia Will you still love me Tomorrow? (FOLKS, sulla pratica delle danze folk, e UNTITLED, sulla giocoleria) e il pezzo JOSEPH_kids, una riflessione sulla visione danzante di se stessi, che accosta alla coreografia un live morfing ottenuto attraverso l’uso di una webcam.   

Dal 17 al 25 ottobre ancora giochi tra danza e cinema con Lucinda Childs, coreografa americana, protagonista della prima versione di Einstein on the beach di Wilson, che porta nella sua arte il minimalismo di cui è figlia, grazie alle collaborazioni e agli studi con Philip Glass (autore delle musiche dello spettacolo in scena a Parigi) e Sol LeWitt. In Dance, la protagonista è proprio la danza, sdoppiata dalle immagini, proiettate sullo sfondo, del film realizzato da deWitt, e sottolineata dalla geometricità delle figure create in due quartetti e un assolo.

Ha già avuto una propria sezione Portrait nel 2012, invece, Maguy Marin, che dal 30 ottobre al 15 novembre presenta una coreografia che segue il tema della musicalità dei corpi, del ritmo, in un concentrato di movimenti lenti, veloci, che problematizzano il rapporto col tempo, per una coreografa che porta avanti un lavoro che vede la coreografia come una lotta contro il vuoto, una lotta ispirata alle parole celeberrime di Beckett: “Tentare ancora. Fallire ancora. Fallire meglio”.

Dal 5 al 15 novembre in scena anche Boomerang ou le retour à soi, di Claudia Triozzi, italiana residente in Francia da anni, che indaga il detto e soprattutto il non-detto della propria sessualità, attraverso testimonianze esterne, e attraverso un’autobiografia coreografata, espediente che le consente di mescolare diversi mezzi espressivi.

Dal 20 al 25 novembre altro nome italiano, ma nato in Germania: Marco Berrettini, che porta in scena un Eden rock in iFeel2, una coreografia che gioca sui temi, cari al coreografo, dell’antropologia, del Desiderio e dell’Altro.

A chiudere il mese di novembre manger, di Boris Charmatz, direttore del Museo della danza e del centro della danza di Bretagna, una coreografia che fa partire il movimento non dagli arti, ma dalla bocca, per uno studio sulla circolazione del movimento, sulla “digestione” del mondo, sia utopico, sia reale.

Due gli appuntamenti di dicembre: uno senza titolo, Sans titre appunto, di Xavier Le Roy, che è uno spettacolo diviso in tre parti, ognuna delle quali imperniata sulla sparizione di un personaggio fondamentale; a chiudere la sezione danza il ritrovato trio formato da La Ribot, il ballerino Juan Dominguez e l’attore Juan Loriente, che in El Triunfo de la libertad creano una fantasia sociale che mette al centro la danza come mezzo privilegiato per l’irriverenza e l’ironia.

Un’edizione che accoglie protagonisti di diversi Paesi e riflette sulla danza tra ritratti coreografici e tanta ironia.

Greta Pieropan

www.giornaledelladanza.com

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