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Cristiano Principato dalla Scala ad Amsterdam

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Cristiano Principato è nato a Novara e si è brillantemente diplomato presso la Scuola di Ballo Accademia Teatro alla Scala di Milano nel giugno del 2014. Dopo un anno con la Junior Company dell’Het Nationale Ballet di Amsterdam, è oggi membro del Corpo di ballo della compagnia olandese “Het Nationale Ballet – Dutch National Ballet”.

 

Carissimo Cristiano, la tua famiglia ti ha sempre supportato nella scelta della “danza”?

Tutti in famiglia si erano ormai abituati a vedermi ballare allegramente in soggiorno, e di conseguenza hanno subito approvato la mia scelta di iniziare un corso di danza, per dare sfogo al mio desiderio di muovermi con uno spazio più grande del salotto di casa. Più complicato è stato quando è arrivato il momento di intraprendere la mia avventura a Milano: chiaramente i miei genitori erano molto impauriti all’idea di vedermi lontano da casa all’età di soli undici anni, sapevano che avrebbero sentito la mia mancanza e che avrei dovuto fin da subito imparare ad affrontare tutto da solo, ma sebbene sia stata dura per loro lasciarmi andare, hanno voluto assecondare la mia scelta sapendo che mi avrebbe reso molto felice. Una situazione simile si è ripresentata quando è arrivato il momento di iniziare la mia carriera dopo il Diploma alla scuola di Ballo della Scala, quando ho dovuto decidere se continuare a lavorare a Milano, relativamente vicino a casa, oppure farlo all’estero, a Monaco o ad Amsterdam. Ancora una volta tutta la famiglia avrebbe preferito continuare ad avermi al loro fianco, ma dopo aver riflettuto per diversi mesi hanno saputo comprendere ed accettare il mio bisogno di buttarmi in qualcosa di nuovo, in una nuova realtà, di fare nuove esperienze per poter crescere come persona ed artista.

Ma com’è nata questa tua passione per la danza?

Ricordo bene che fin da piccolo non riuscivo mai a stare fermo: non appena sentivo della musica o vedevo dei ballerini in televisione cominciavo a saltellare in giro per tutta la casa, oppure amavo scatenarmi ai balli di gruppo del campeggio con mia sorella e i miei amici. Ė sempre stata una cosa molto naturale, istintiva. Lo facevo perché mi divertiva incredibilmente e mi regalava un sentimento di libertà: quando ballavo riuscivo a dedicarmi solo a quello e non pensavo più a nient’altro.

 

Da piccolo cosa sognavi di fare “da grande”?

Ricordo che quando ero molto piccolo avrei voluto essere un professore, mentre per un periodo mi divertiva l’idea di poter essere un agente immobiliare, poiché adoravo quando in estate, con i miei genitori, visitavamo vari appartamenti al mare per poi sceglierne uno in cui spendere le vacanze. È stato solo dopo aver iniziato l’Accademia a Milano che sono venuto a conoscenza del fatto che la danza potesse essere una vera e propria professione ed è stato incredibile scoprire che avrei potuto fare della mia grande passione il mio lavoro.

 

 

Quale scuola di danza hai frequentato prima di entrare all’Accademia della Scuola di Ballo della Scala?

 

Data questa mia passione all’età di sette anni mi sono iscritto per divertimento con una mia amica a una scuola di danza moderna, mentre a nove anni ho cominciato a studiare danza classica presso il “Centro Danza Buscaglia” di Novara, la mia città, dove la mia insegnante Antonella Vignola mi ha fortemente consigliato, terminata la scuola elementare, di intraprendere una realtà coreutica professionale. Gradualmente iniziavo a prendere coscienza del fatto che questa disciplina non fosse solo puro divertimento, ma che fosse l’espressione di una grande bellezza, di una vera e propria arte.

 

Quali sono i ricordi più belli all’Accademia della Scuola di Ballo scaligera?

Chiaramente alla Scuola di Ballo dell’Accademia della Scala collego tutta la mia adolescenza. Sono stati otto anni molto duri, ma nonostante abbia dovuto rinunciare a cose di ordinaria importanza per la maggior parte dei ragazzi, come il fatto di vedere la propria famiglia ogni giorno, oppure l’avere molto tempo libero per rilassarsi o divertirsi, l’entusiasmo per questa mia passione mi ha aiutato a portare a termine il percorso con serenità e senza mai nessun rimpianto. Trascorrendo l’intera giornata con i miei compagni di danza e scuola ho stretto con tanti di loro un bellissimo rapporto di amicizia che continua tutt’ora: abbiamo affrontato insieme il lavoro in Accademia e ci siamo aiutati nello studio al liceo, trovando sempre il modo di svagarci durante la giornata o nei pochi momenti liberi. Il percorso in Accademia si è terminato il giorno del Diploma, che resterà per sempre tra i miei ricordi più belli: ovviamente è stato davvero triste dover dire addio alle persone e al luogo in cui siamo cresciuti e che era diventata la nostra seconda casa, ma allo stesso tempo era arrivato il momento di dedicarsi finalmente al mondo del lavoro. Dopo la lezione di classico e di contemporaneo, ho danzato un estratto da “Larmes Blanches” di Angelin Preljocaj, un pezzo che avevo già ballato con l’Accademia a Madrid e a Nizza e che mi aveva emozionato assai, ed in seguito un passo a due, che aveva per me un significato importante e simbolico, poiché tratto dalla “Figlia del Faraone”, uno dei primi balletti a cui ho partecipato come allievo al primo corso, insieme al “Bolshoi Ballet” in tournée a Milano.

Vuoi ricordare in particolare qualche tuo maestro di danza?

 

Maurizio Vanadia è stato il mio maestro di danza da quando avevo dodici anni fino al giorno del diploma: mi ha conosciuto da bambino, fin da subito ha sempre creduto in me e mi ha visto crescere per sette anni seguendomi ogni singolo giorno. Tra di noi si è creato un legame affettivo molto forte e tutt’ora restiamo in contatto. Nel corso degli studi ho avuto comunque la possibilità di lavorare con tutti gli altri maestri della scuola (tra i migliori non solo in Italia, ma nell’intera Europa) durante le lezioni o la preparazione degli spettacoli, in particolare con Leonid Nikonov e con il direttore Frédéric Olivieri, che mi hanno aiutato a preparare i ruoli più importanti.

Qual è stato il maggior insegnamento ricevuto dal direttore Fréderic Olivieri?

 

Ciò di cui sono più grato al direttore Frédéric Olivieri è sicuramente la possibilità che mi ha dato nel corso degli anni di fare tantissima esperienza scenica. Trovo che sia stato un momento fondamentale ed indispensabile nella mia formazione. I numerosi spettacoli con l’Accademia organizzati dal direttore nei teatri italiani e all’estero mi hanno reso in grado di affrontare il repertorio contemporaneo (tra cui lavori di Béjart, Kylian e Preljocaj) e ovviamente quello classico, non solo come ballerino di fila, ma anche nei ruoli principali (“Serenade”, “Lo Schiaccianoci”, “Paquita”, “Theme and Variations”). Ho realizzato, quanto utile sia stato fare un tipo di esperienza di questo genere una volta arrivato il momento di prendere parte come ballerino di fila in numerose produzioni del Teatro alla Scala (Raymonda, Il Lago dei Cigni, Aida, Pink Floyd Ballet, Don Chisciotte) e dell’Het Nationale Ballet (Il Lago dei Cigni, Cenerentola, Giselle, Lo Schiaccianoci, Theme and Variations, Violin Concert) ed anche nei ruoli solistici con la Junior Company (Il Lago dei Cigni, Napoli, Visions Fugitives di Hans Van Manem e molti altri). Dopo molto tempo speso in palco sai già come muoverti, come stare in fila, come gestire le emozioni, mantenere la concentrazione, regolare le energie ed il respiro, ti senti preparato, sai cosa aspettarti, come affrontare imprevisti e anche come riuscire a divertirti facendo tutto ciò.

Dopo il meritato Diploma si è aperta la carriera professionale. Com’è stato il trasferimento ad Amsterdam?

 

Ricordo che chiaramente all’inizio ero molto entusiasta, ma spaventato al tempo stesso: non è stato facile abbandonare la famiglia e gli amici, ritrovarsi a vivere da solo in una città nuova (dove si parla un’altra lingua e dove non conoscevo nessuno ad eccezione di un paio di persone), imparare ad essere indipendente (e quindi a cucinare, lavare, pulire la casa, gestire i propri soldi) e al tempo stesso concentrarsi al massimo sul lavoro. Tuttavia è molto positivo il fatto che tutto ciò mi abbia reso più maturo in così poco tempo.

Ci sono altri italiani all’interno della Compagnia… vuoi dedicare a loro un pensiero?

Al momento in teatro ci sono cinque ballerini italiani che stimo profondamente come colleghi e come persone: due lavorano con la Junior Company (Emilie e Giovanni) e altri due sono insieme a me in compagnia (Dario e Vito). È bellissimo avere qualcuno con cui poter parlare italiano e potersi sentire come a casa. Specialmente non appena mi sono trasferito mi sono stati vicini: Dario mi ha aiutato in tutte le cose con cui ero alle prime armi, come con il trucco di scena, l’imparare la struttura e le regole del teatro o su come cavarmela nella nuova città, dove fare la spesa e cose di questo genere. Vito invece mi ha coinvolto fin da subito nel Gala da lui organizzato “Vito Mazzeo & Solisti Het Nationale Ballet” a Legnago il 22 Novembre del 2015 in cui ho ballato il passo a due di Coppelia ed Embers (Ernst Meisner) con la mia ex compagna di corso, attualmente collega nonché grande amica Emilie. Sono davvero contento di avere delle persone così al mio fianco e penso che sarebbe stata molto dura senza di loro qui ad Amsterdam.

Com’è lavorare con Ted Brandsen, direttore del Dutch e coreografo residente?

Ted Brandsen in compagnia non è esclusivamente il direttore, ma anche un attivo coreografo. L’anno scorso ha coreografato per noi ragazzi della Junior Company un pezzo di presentazione per il Gala di apertura della stagione, mentre quest’anno ha creato un intero balletto sulla vita di Mata Hari, nota ballerina e spia olandese. Non solo si è occupato della coreografia, ma il balletto è stato creato da zero, partendo dalla biografia della star olandese. Libretto, scenografie e costumi sono stati ideati appositamente ed è stato davvero interessante assistere alla creazione di un’intera produzione per la prima volta. Amo molto lavorare con il maestro Brandsen e anche in virtù del fatto che nutro il grande sogno di poter, in futuro, dirigere una compagnia con cui creare nuovi balletti, ho seguito l’intero processo con assidua e viva attenzione.

Come è la tua giornata tipo? Quante ore provi in sala danza?

Durante gli estenuanti esami di maturità era convinto che in una vita senza più il liceo fino a tarda sera avrei potuto facilmente dedicarmi alla danza ritagliandomi anche molto tempo libero, ma purtroppo non è così semplice. Sono in teatro dalla mattina alle nove per il riscaldamento, prima della lezione, fino alle sei del pomeriggio, quando finiscono le prove, ma spesso durante il giorno ho poche pause per dedicarmi alla palestra o alle prove per spettacoli extra o fuori cartellone e quindi mi tocca trattenermi fino alle diciannove.

Che atmosfera si respira al Dutch National Ballet?

 

In teatro vi è un bellissimo clima. Noi ballerini siamo molto seguiti dai maitre e insegnanti ed in più vi sono tre massaggiatori, due fisioterapisti e un team di altri cinque coach per varie necessità (pilates, cardio training, palestra ecc…). Tutti sono molto collaborativi e disposti ad aiutarci. Anche durante le prove il clima è sereno e produttivo e imparo molto osservando i colleghi più grandi, specialmente dal modo in cui affrontano le parti impegnative mantenendo la concentrazione, senza agitarsi o stressarsi. Anche in scena amo l’aria che si respira: ovviamente gli spettacoli sono presi con grande serietà, ma allo stesso tempo tutti quanti, danzatori e direzione, vogliono anche assicurarsi che mentre si balla si riesca a divertirsi e a godersi totalmente lo spettacolo senza avere troppa pressione addosso. Pure i periodi di vacanza, i giorni liberi e le ore lavorative sono ben distribuiti, poiché avendo moltissimi spettacoli e produzioni è anche importantissimo avere il giusto riposo.

Siete spesso in giro in tournée. Come venite accolti dal pubblico?

Dall’anno scorso a questa parte siamo andati spesso in tournée, sia all’interno dell’Olanda, in altre città, sia all’estero, ovvero a Londra, Hong Kong, Madrid e Oviedo. Il pubblico è sempre molto entusiasta, non solo al di fuori del paese, ma anche in Olanda, poiché pur essendo lo stato piccolo, non tutti riescono a raggiungere Amsterdam per assistere agli spettacoli e quindi fa loro piacere quando è la compagnia a trasferirsi nella loro città. Nel paese abbiamo portato “Giselle” ed una serata composta da quattro balletti di Hans Van Manen, mentre all’estero “Cenerentola” di Christopher Wheeldon (balletto amatissimo dal pubblico poiché estremamente elegante e romantico, ma divertente al tempo stesso) e più recentemente un trittico composto da “Metforen” (Hans Van Manen) e due balletti di Balanchine (Apollon Musagète e Theme and Variations), anch’esso adorato dagli spettatori.

Qual è lo spettacolo al quale hai assistito che ti ha emozionato?

Lo spettacolo che mi ha maggiormente emozionato è senza dubbio “Il lago dei cigni” di Rudolf Nureyev. La coreografia è magnifica non solo nei momenti d’insieme negli atti bianchi (i più bei cigni che abbia mai visto), ma anche nei passi a due, passi a tre e assoli dei protagonisti Odette, Siegfried e Rothbart, ricchi di lirismo e di significati nascosti. Chiaramente la meravigliosa partitura di Tchaikovsky, in questa versione così musicale, è messa ancor più in risalto e nel finale fa venire la pelle d’oca a tutti gli spettatori.

La forma fisica per un danzatore è fondamentale, come ti mantieni?

L’alimentazione è molto importante perché è ciò che fornisce energia e che garantisce una buona forma fisica, due cose indispensabili per un ballerino. Così come accade al di fuori della danza, il metabolismo gioca un ruolo centrale: ci sono persone che devono fare attenzione a quello che mangiano per restare in linea ed altre che invece rimangono magre anche quando mangiano più del dovuto. Fino ad ora ho avuto la fortuna di appartenere alla seconda categoria, ma in entrambi i casi è importante avere un’alimentazione corretta, cioè completa e sana (tre pasti al giorno, ricca non solo di carboidrati, ma anche di frutta, verdura e proteine), senza sbilanciarsi troppo nell’eccesso o nel difetto poiché entrambe le situazioni possono avere conseguenze negative.

Quale altre passioni nutri, oltre la danza?

 

Purtroppo la danza al momento occupa gran parte del mio tempo e di conseguenza non riesco a trovare spazio per concentrarmi seriamente su altri hobby, anche se mi piacerebbe moltissimo imparare a suonare il pianoforte. Amo tantissimo leggere (specialmente i romanzi, dai grandi classici ai capolavori della letteratura contemporanea) e viaggiare (adoro le città d’arte e le località paesaggistiche). Inoltre amo la musica pop ed il cinema senza dimenticare lo shopping.

Come si vive ad Amsterdam?

Amsterdam è una città splendida e si vive molto bene. Come in tutte le grandi città il costo degli appartamenti e dei servizi è piuttosto alto, ma per il resto è assolutamente vivibile, i supermercati sono accessibili e ben provvisti così come ristoranti e locali. L’inverno normalmente è molto freddo e ventoso, ma in primavera e soprattutto in estate la temperatura è alta. Passeggiare per Amsterdam nel tempo libero è davvero pittoresco, e consiglio sempre agli amici e familiari che vengono a farmi visita di fare il giro turistico in balletto attraverso i canali che è meraviglioso; mi sono innamorato della città dopo averlo fatto. Per i giovani ragazzi la notte c’è molto movimento, locali per uscire e ballare, ma allo stesso tempo la città è ben curata, i mezzi pubblici sono puntuali ed i vari servizi funzionano benissimo. Inoltre chiunque parla un inglese perfetto, persino i bambini di sette anni, perciò è facilissimo comunicare ed adattarsi se si arriva da un paese straniero, anche perché la mentalità della popolazione è molto aperta sotto tanti punti di vista.

A distanza di tempo, chi ha creduto maggiormente in te e ti ha aiutato fattivamente nella tua carriera?


In scuola alla Scala senza dubbio tutti gli insegnanti ed il direttore mi hanno sempre supportato e valorizzato le mie potenzialità. Tuttavia credo che la persona che abbia creduto maggiormente in me sia stato Ernst Meisner, direttore della Junior Company di Amsterdam nonché coreografo di talento. Sono tantissime le cose che ho potuto imparare da lui in solo anno di tempo, così come quelle che ha saputo tirare fuori da me come danzatore. Insieme abbiamo lavorato non solo sulla tecnica e sul passo a due, ma specialmente sull’artisticità. Con il suo aiuto ho saputo trovare in me stesso una libertà di movimento che da sempre andavo cercando ed ho imparato ad apprezzare moltissimo la danza contemporanea. Mi ha spinto ad inseguire il mio desiderio di coreografia, ad essere più sicuro e meno timido, e ad affrontare il mio lavoro con maggiore maturità, ma anche spensieratezza al tempo stesso. Molte sono le cose di cui abbiamo parlato, su cui abbiamo lavorato e su cui ancora so che devo migliorare, ma trovo che il suo supporto sia stato un grande regalo per me.

Hai un mito della danza al quale ti ispiri?

Ovviamente Rudolf Nureyev, una vera e propria leggenda per il suo immenso talento come ballerino e coreografo e per la sua fortissima personalità.

 

Dedicarsi alla danza è estremamente affascinante, ma anche molto faticoso. Nella tua vita, cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto la Danza?

Una delle cose che viene maggiormente sacrificata è la spensieratezza dell’adolescenza: ogni ballerino professionista proviene da una scuola di danza di alto livello e questo significa che ha senza dubbio alle spalle parecchi anni di studio molto duri, per i quali ha spesso dovuto rinunciare al proprio tempo libero, ai divertimenti, ai propri amici e alla propria famiglia. Tuttavia finché si ha una passione forte tutto ciò non viene recepito come un grande sacrificio ed inoltre a volte il fatto di avere pochi momenti di svago ci spinge ad apprezzarne maggiormente il valore.

Con quale coreografo ti piacerebbe lavorare e con quale ballerina fare coppia sul palcoscenico?

Al momento uno dei coreografi che più mi interessano è Alexei Ratmansky e purtroppo ancora non ho avuto la possibilità di lavorare con lui. Attualmente sto lavorando con David Dawson, un artista che amo molto e che era sulla lista dei miei preferiti. Tra le ballerine dei miei sogni ci sono Polina Semionova, Marianela Nunez e l’italiana Petra Conti.

Che giudizio hai a riguardo dei talent televisivi sulla danza?

I talent show sulla danza, se di alto livello, possono essere molto utili per avvicinare il pubblico a questo meraviglioso mondo che purtroppo non ha ancora la meritata visibilità.

Mentre per quanto riguarda i Concorsi di Danza?

Un concorso può aiutare assai un ballerino poiché questi è spinto a lavorare sulla propria tecnica ed artisticità ed ha occasione di fare esperienza sul palcoscenico, anche se le stesse possibilità si possono avere se si frequenta una buona scuola di ballo.

Quali sono i progetti futuri con la Compagnia?

La stagione teatrale è quasi terminata. Al momento stiamo preparando l’ultimo programma, una serata composta da quattro pezzi di grandi coreografi del momento (David Dawson, George Williamson, Justin Peck e Ernst Meisner), con cui debutteremo all’inizio di giugno. Inoltre sono parte di un progetto minore che annualmente coinvolge solo una piccola parte della compagnia chiamato “New Moves”. Questo è uno spettacolo composto esclusivamente da coreografie create esclusivamente dai danzatori della compagnia. È davvero bello poter prendere parte ad una cosa simile, considerando che fin da piccolo la coreografia mi ha sempre appassionato. Amo particolarmente che all’interno della compagnia ci sia spazio per crescere anche sotto questo punto di vista e non soltanto come ballerini. La mia creazione si chiama “Palladio”, si compone di due movimenti dalla durata di quattro minuti, coinvolge sei danzatori ed il tema di fondo è il modo in cui riusciamo ad andare avanti quando un amore non è corrisposto. Tuttavia sto cercando di sviluppare un linguaggio mio, composto da movimenti che possano caratterizzare uno stile ed essere riconoscibili in altri eventuali creazioni in futuro. Chiaramente è una grande responsabilità, ma adoro tantissimo sperimentare e questo mi regala energia e motivazione nonostante la pressione del mio compito.

Secono la tua esperienza, quali sono le maggiori differenze per un danzatore tra la danza classica accademica e i nuovi linguaggi contemporanei?

La differenza tra i due stili è molto grande. Approcciarsi ad un balletto può essere diverso a seconda del repertorio, ma in qualche modo, per un danzatore classico, è come sentirsi un po’ a casa, poiché i passi sono nella maggior parte dei casi già stati eseguiti numerose volte nel corso degli studi e della carriera e quindi può risultare piacevole anche per questo motivo. Il linguaggio moderno, invece, si avvicina di più ad un mare inesplorato: ogni stile è diverso e richiede tanto lavoro e studio prima di poterlo sentire proprio, cosa che nel classico è già acquisito da molti anni. Allo stesso tempo però, una volta che ci si sente a proprio agio con il tipo di movimento che richiede la coreografia, trovo che nella maggior parte dei casi la danza contemporanea possa dare al danzatore maggiore libertà di movimento. Più ho ballato cose di questo genere più mi sono reso conto di quanto il moderno mi regali forti emozioni e mi dia maggiormente la possibilità di esprimere me stesso.

Secondo la tua esperienza, ci sono specifiche doti fisiche che bisogna necessariamente avere per danzare? Dalle quali non si può prescindere?

Tutti sappiamo che la danza ad alti livelli richiede determinate caratteristiche fisiche. I ballerini delle più importanti compagnie sono accuratamente selezionati non solo da un punto di visto tecnico, ma chiaramente anche fisico. La danza richiede determinate proporzioni, una lunghezza di arti, un fisico slanciato e snello e ovviamente anche, come ben sappiamo, doti estetiche quali il collo del piede, elasticità di gambe e schiena eccetera. È anche vero, però, che un fisico perfetto non è sufficiente e a volte non del tutto necessario. Ad esclusione di casi estremi, con molto lavoro, in caso di mancata predisposizione fisica, si può modellare il proprio corpo fino a raggiungere ottimi risultati. Nonostante ciò, però, dobbiamo tenere a mente che la danza è prima di tutto un’arte e quindi sebbene ci possano essere delle lacune dal punto di vista estetico, la cosa più importante per un ballerino rimane l’artisticità, l’espressività, la capacità di emozionarsi e dare emozioni agli spettatori. Il talento può sicuramente in qualche modo rimediare sul fisico, ma un corpo perfetto non potrà mai rimediare ad una mancanza di talento.

Provi sempre le stesse emozioni entrando in palcoscenico per danzare?

Le emozioni che provo in palcoscenico sono cambiate tantissimo nel corso degli anni e penso che continueranno a farlo con il passare del tempo. Da piccolo amavo danzare in casa o in sala, ma in palco ero sempre un po’ intimorito, ricordo che addirittura mi girava la testa e perdevo l’equilibrio ogni volta che mettevo piede in scena. Già frequentando la Scuola di ballo tutto ciò è cambiato: con molta esperienza scenica ho iniziato ad assumere coscienza e consapevolezza del mio corpo. Iniziavo a divertirmi anche sul palco, ma ricordo di essere sempre stato comunque molto agitato prima degli spettacoli per paura di sbagliare. Nell’ultimo anno invece provo una maggiore freddezza che però mi consente di riuscire a concentrarmi e a divertirmi allo stesso tempo. Ho visto grandissimi ballerini sbagliare più volte in scena, ma essi restano comunque grandi danzatori. La danza non è soltanto perfezione: a volte bisogna osare, correre dei rischi per eseguire i movimenti fino a fondo e lasciarsi coinvolgere pianamente nella coreografia o nella storia del balletto, pur rischiando di sbagliare…

Tu arrivi da Novara, splendida cittadina del Piemonte con uno storico teatro come il Coccia. Cosa devi alla tua città e quali sono i luoghi a cui sei più affezionato nei tuoi ricordi?


Purtroppo ho lasciato Novara all’età di undici anni e quindi non ho moltissimi ricordi legati ad essa, specialmente perché tutti i miei amici erano insieme a me a Milano e quelle rare volte che ritornavo cercavo di spendere più tempo possibile a casa con la mia famiglia. Novara è una bella città molto curata e tranquilla. Tra i luoghi che più ho visitato l’oratorio di Santa Rita ed ovviamente il Teatro Coccia, un gioiellino del Piemonte in cui aveva luogo l’annuale saggio di danza della mia prima scuola, e quindi il primo palcoscenico su cui ho mai ballato. Senza dubbio un ricordo davvero speciale.

Ti piacerebbe un giorno poter far parte di una Compagnia di danza italiana?

 

Ho sempre sognato di danzare in Italia: lasciare la Scala è stata una scelta molto difficile perché sono cresciuto in quell’ambiente e gran parte del mio cuore resterà per sempre lì. Sentivo la necessità di fare un’esperienza all’estero che potesse rendermi più maturo come ballerino e come persona e sebbene per ora mi stia trovando molto bene, una parte di me desidererà sempre tornare a danzare nel mio paese.

Mentre la danza com’è accolta e supportata in Olanda?

Fino ad ora ho avuto la fortuna di lavorare per il corpo di ballo del Teatro alla Scala e il Dutch National Ballet: essi, così come molti altri, sono tra i più prestigiosi enti in Europa e nel mondo. Si parla di compagnie dalla grande tradizione e dal vasto repertorio che propongono spettacoli di altissima qualità ed in cui lavorano artisti ricchi di talento e professionalità. Quello che però risulta evidente, e per cui vale la pena lottare, è il fatto che l’Italia abbia una considerazione molto più bassa della danza (ed anche più in generale dell’arte) di quella che hanno gli altri paesi: non solo i cittadini e la stampa sono meno interessati e coinvolti in quest’arte, ma lo stesso Stato vi dedica meno attenzioni e soprattutto meno denaro, il che purtroppo ha conseguenze negative a livello burocratico e non, specialmente nelle compagnie italiane minori (meno spettacoli, meno produzioni, meno ballerini in organico, licenziamenti). Tutto ciò dovrebbe farci riflettere.

Nel prossimo futuro hai progetto un bellissimo Gala di danza a Trecate in provincia di Novara con grandi nomi. Ci vuoi svelare in anteprima come sarà strutturato e quale sarà il programma della serata?

Provo un grande orgoglio e una fortissima emozione per questo progetto e non vedo l’ora che arrivi finalmente il momento di ballare. Sono riuscito a reclutare undici splendidi ballerini professionisti che si esibiranno al mio fianco nel corso della serata. Normalmente siamo ben stipendiati durante tutto l’anno per prendere parte agli spettacoli delle nostre stagioni teatrali, ma ognuno di noi è stato fin da subito incredibilmente entusiasta all’idea di esibirsi gratuitamente allo scopo di raccogliere fondi per aiutare l’associazione “Casa Alessia” nelle sue meravigliose iniziative. La mia famiglia è da anni vicina a questa associazione ed è da tempo che desideravo poter contribuire e fornire ad essa un aiuto concreto. Daremo il nostro meglio, perciò mi auguro che lo spettacolo sia un grande successo, che vi siano moltissimi spettatori e che si riesca a dare un grosso aiuto economico all’Associazione. Lo spettacolo sarà strutturato in due parti: la prima vuole essere un’introduzione al mondo della danza e sarà quindi composta da vari frammenti provenienti dai grandi balletti classici (come “Il Lago dei cigni” o “Coppelia”) e da mie due creazioni (un mio assolo chiamato “Tempo che aprirà la serata” e “Palladio”, creazione per New Moves del Dutch Natinal Ballet), mentre la seconda parte sarà un viaggio all’interno di “Casa Alessia” mediante coreografie collegate alla storia di Alessia, all’Africa o all’Associazione. Si inizierà in Egitto (con una suite tratta dal balletto “La figlia del faraone”) per poi passare ai diamanti dell’Africa (variazione della pietra diamante dalla “Bella Addormentata”), ad un’assolo sulla mancanza di acqua nel continente, un duetto che racconta di due orfani, un passo a due sulla guerra, un altro ispirato ai fiori che Alessia amava (Flower Festival) e molto altro ancora. A chiudere la serata sarà “Embers”, gioiellino di Ernst Meisner, un duetto che parla di un grande amore arrivato purtroppo alla fine e che collego ad un triste ma magnifico tramonto. Tra i coreografi della serata troviamo nomi come Marius Petipa, Lev Ivanov e August Bournonville per il classico ed Ernst Meisner, Ted Brandsen e Cristiano Principato per i frammenti contemporanei. Ad esibirsi saranno un gruppo di danzatori provenienti dall’Het Nationale Ballet di Amsterdam (ovvero gli italiani Cristiano Principato, Emilie Gallerani Tassinari e Giovanni Adriano Princic, la cinese Yuanyuan Zhang, il belga Thomas Van Damme e la brasiliana Priscylla Gallo), un gruppo direttamente dal Teatro alla Scala (Giulia Lunardi, Edoardo Caporaletti e Gaia Andreanò), dal Jas Art Ballet di Milano (Filippo Valmorbida e Federico Ginetti) e dal Wiener Staatsballett di Vienna (Elena Bottaro). Insomma, un’imperdibile serata per lasciarsi incantare dalla bellezza della danza ed allo stesso tempo aiutare chi purtroppo è meno fortunato di noi.

Michele Olivieri

 

www.giornaledelladanza.com

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