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Danzatori e pubblico: empatia cinestetica e autenticità

 

Perché la performance artistica non verbale insita nella danza è così potente? Il concetto di empatia cinestesica è una parte della risposta a questa domanda.

L’empatia cinestesica riguarda la capacità di porsi nello stato d’animo di un altro essere umano osservandone i movimenti. Si riferisce alla condivisione dei sentimenti di un’altra persona come risultato della percezione dei suoi gesti. Pertanto, la pratica e la visione della danza possono essere utilizzate come strumenti per incrementare ed esercitare la propria capacità empatica.

Osservare un danzatore ballare è un’opportunità per notare come emozioni e pensieri danzino tra loro, come si intreccino intorno alle curve e alle linee della sua fisicità e al suo movimento.

Assistendo a una performance, il cervello dello spettatore mette in moto i neuroni specchio che si attivano anche nel ballerino. Nasce un’esperienza emotiva simile sia per il danzatore sia per il pubblico che prova il brivido del movimento dalla sua poltrona in platea.

La danza così vissuta diventa quindi un modo per mettersi nei panni degli altri, ripetutamente, rapidamente e profondamente.

La seconda risposta alla domanda iniziale riguarda come il ballerino percepisce se stesso e il modo in cui danza. Se i suoi movimenti sono veri e sentiti, è più probabile che il pubblico risponda visceralmente.

È indispensabile quindi che il danzatore entri in empatia anche con il personaggio che interpreta, pur mantenendo la distinzione tra il suddetto personaggio e il proprio lavoro. Ed è essenziale che sappia trasmettere e comunicare con il pubblico, perché dall’espressione nasce la connessione.

Quando danza, il ballerino usa tutto il suo corpo, mani, gambe, testa, e diviene esposto, vulnerabile e aperto a chiunque lo guardi. Anche il pubblico non esperto di danza riconosce e recepisce le sue sensazioni.

Questo accade perché, a differenza di altre arti teatrali, la danza raggiunge e coinvolge il pubblico nello stato emotivo dell’interprete, ed è quindi molto personale. Se le emozioni sono sinceramente sentite colpiscono il pubblico e creano la magia. Lo spettatore rimane un estraneo e allo stesso tempo entra in intimità profonda con le emozioni del danzatore, anche se solo per un’ora o pochi minuti.

Ecco perché il danzatore non può fingere. Quando è felice e sicuro, i suoi movimenti sono nitidi ed energetici, mentre quando è triste, ansioso o turbato, i movimenti mancano di convinzione e il pubblico se ne accorge chiaramente.

La danza in definitiva insegna cosa significhi esibirsi davvero, ossia dare tutto se stesso a estranei, genuinamente. Danzare infatti è molto più che padroneggiare movimenti tecnici e coreografie, è autenticità, coraggio e generosità.

In fondo a pensarci bene, la vita, nella sua forma migliore e più pura, è proprio danza.

Stefania Napoli
© www.giornaledelladanza.com

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