La danza è libera espressione, ma quando viene codificata nella tecnica diventa pura forma d’arte che evoca forti emozioni in chi la pratica e in chi assiste alla sua esecuzione.
Nel corso degli anni si sono sviluppate ed evolute diverse forme di danza che hanno fatto ricorso a un differente uso del linguaggio del corpo, sia dal punto di vista espressivo che tecnico.
Indipendentemente dallo stile di danza, l’improvvisazione rappresenta un elemento fondamentale per la creazione coreografica e la libera manifestazione delle emozioni. L’attuazione di movimenti spontanei, infatti, permette di creare dal nulla un movimento nuovo e spesso inconscio, svincolando corpo e cervello dai movimenti abituali e dagli schemi.
Già nel XV secolo i ballerini ricorrevano all’improvvisazione per modificare passi e sequenze di movimento sul palcoscenico, al fine di presentare al pubblico gesti sempre nuovi. Nei secoli successivi si è verificato un calo nell’uso dell’improvvisazione, impiegata unicamente per arricchire coreografie già impostate, oppure rimediare a errori e contrattempi durante una performance.
Con l’avvento della danza moderna e la sua affermazione come disciplina accademica, si assiste a una rivoluzione della concezione della danza stessa. Il corpo si trasforma in un mezzo per dar voce ai sentimenti e al periodo sociale e storico, infrangendo le regole tradizionali e dando vita a qualcosa di innovativo.
L’attenzione si sposta dai virtuosismi e dall’estetica del movimento, all’espressività e alla creatività. Improvvisare cambia senso e definizione, diventa quel momento in cui composizione e svolgimento coincidono e si fondono. Essa diviene uno strumento fondamentale per la realizzazione coreografica, basato principalmente sull’ascolto delle proprie emozioni e sulla conoscenza delle proprie qualità di movimento, alla ricerca di un linguaggio personale, intimo e vero.
Sembra facile raccontato così, invece improvvisare è uno degli elementi più complessi e delicati nell’esecuzione artistica. Significa smettere di pensare, lasciarsi andare all’immaginazione, allontanarsi da ciò che si conosce pur mantenendosi ancorati alla tecnica.
L’improvvisazione dunque può generare cambiamenti nei danzatori, stimolandone le potenzialità più nascoste, liberando la mente da paure e insicurezze.
Nonostante l’esistenza di una grande quantità di metodi per improvvisare, esistono basi comuni necessarie per eseguire una buona improvvisazione. Vediamole nel dettaglio.
Responsività: ‘capacità dell’organismo di adattare all’ambiente le proprie funzioni vitali’. Ciò implica una rapida reattività agli stimoli forniti da musica, corpo e spazio in breve un arco di tempo, perché, a differenza della coreografia, la composizione improvvisata avviene immediatamente.
Estemporaneità: benché una buona improvvisazione richieda anni di allenamento e conoscenza di sé e del proprio corpo, il movimento improvvisato accade senza che sia precedentemente preparato e sviscerato.
Inseparabilità: come accennato sopra, composizione ed esecuzione sono atti inseparabili, il processo creativo si mostra nel momento in cui accade.
Originalità: ogni performance non sarà mai uguale a un’altra, ma sarà unica e irripetibile, sorprendendo lo spettatore e spesso il danzatore stesso.
Irreversibilità: improvvisando si entra in un flusso di movimento in cui da un passo ne nasce un altro, e poi un altro. Una volta nato un certo gesto, non ci si può fermare e tornare indietro per cambiarlo. Si va avanti, sempre, sfruttando il passo precedente, anche quando il ballerino può non ne è pienamente soddisfatto, e questa è anche un bella lezione di vita.
Alla base dell’improvvisazione in definitiva c’è l’ascolto di sé, del messaggio che si vuole comunicare e di ciò che si ha intorno. Questo richiede un particolare stato mentale e lo sviluppo della capacità di risolvere rapidamente un eventuale errore, creando sequenze di movimento che catturano l’attenzione dello spettatore ed esprimano con sincerità il mondo interiore del danzatore.
Stefania Napoli
Fotografia: Tien Austin
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