Gonzalo Garcia, principal dancer del New York City Ballet sarà in Italia il prossimo 22 e 23 ottobre per la Rassegna “Tersicore. Nuovi Spazi per la Danza”.
Sei nato a Saragozza and hai iniziato i tuoi studi di danza all’età di otto anni presso la scuola di Maria De Avila. I ricordi della tua infanzia…
Ho dei ricordi fantastici della mia infanzia. È stato un momento della mia vita davvero speciale in cui mi sono innamorato della danza e della musica e di tutta la magia che c’era in sala con gli altri giovani danzatori pieni di entusiasmo come me. La mia insegnante Maria De Avila era così dedita alla danza ed era nello stesso tempo severa ma molto generosa. Ero circondato dai migliori insegnanti in Spagna… mi ritengo molto fortunato per l’interesse che lei ha avuto verso me come allievo.
Nel 1995 hai partecipato al Prix de Lausanne e sei stato il più giovane danzatore ad aver vinto una medaglia d’oro. Il successo ha cambiato la tua vita?
Sì, senza dubbio, me l’ha cambiata perché si sono aperte altre porte ed ho avuto opportunità migliori di sviluppare i miei studi e la mia carriera, ma non mi ha reso un danzatore migliore. Mi ha dato solo una responsabilità maggiore rispetto al fatto di trarre vantaggio dalle opportunità che mi si presentavano.
Nel 1998 sei entrato nel corpo di ballo del San Francisco Ballet, poi sei stato nominato solista nel 2000 e principal dancer nel 2002. Quattro anni importanti…
Sono stati anni molto importanti. Quando entri in una compagnia devi creare una solida base per il futuro e devi anche dimostrarti un danzatore affidabile e capace di lavorare in gruppo. Quel periodo è stato molto importante e impegnativo per me e in quella fase ho cercato in ogni istante di migliorare come danzatore e nello stesso tempo di imparare le dinamiche della compagnia.
Col San Francisco Ballet hai danzato un repertorio molto vasto, con molte coreografie di George Balanchine, Jerome Robbins ed Helgi Tomasson. Hai interpretato anche ruoli importanti in coreografie di Christopher Wheeldon, William Forsythe ed Alexei Ratmansky. Cosa hai amato di più di ciò che hai danzato?
È difficile scegliere uno stile o un ruolo soltanto, perché ogni coreografo ti dà qualcosa di diverso, ma Forsyhte è stato speciale e sono stato molto fortunato a lavorare con Wheeldon molte volte. I ruoli di Robbins mi riescono molto naturali ed amo in particolare Opus 19 e Other Dances. Per quanto riguarda Balanchine, devo dire che il ruolo di Apollo è al primo posto. Dei balletti classici invece quello che amo di più è Giselle, così romantico e drammatico al tempo stesso.
Hai debuttato al New York City Ballet nel maggio 2004 come artista ospite ne “Il Ballo della Regina” per la celebrazione del Centenario della nascita di George Balanchine. Nel 2007 sei diventato primo ballerino in quella stessa compagnia. Cosa è cambiato da allora?
È cambiato tantissimo, tutto nuovo, una nuova città, una nuova compagnia, dei nuovi amici e tanto repertorio nuovo da imparare e gestire. Inoltre, essere a New York significa essere più vicini all’Europa e dunque ho avuto grandi opportunità di danzare.
Sei ambizioso?
Sì, molto. Potrei dire che sono una persona ansiosa e piena di energie, dunque cerco di tenermi sempre impegnato, con le prove, in palestra o imparando coreografie nuove… non avere ambizione significa essere quasi morti in questo tipo di carriera.
Quali sono i tuoi obiettivi nel futuro immediato?
Danzare il più possibile nuovi balletti importanti nel repertorio della compagnia, lavorare con tanti coreografi diversi che possano portare nuova linfa ed una nuova dimensione alla danza a danzare in luoghi nuovi con danzatori diversi e fare così nuove grandi esperienze.
E nel lungo termine?
Se riuscirò a raggiungere i miei obiettivi, quando finirò di danzare mi piacerebbe condividere tutto di questa esperienza. Ci sono vari modi per farlo, dirigere una compagnia e insegnare sono fra le mie priorità. Dirigere è probabilmente il lavoro più duro e stressante da intraprendere, ma è anche incredibilmente stimolante, come l’idea di trasmettere il mio bagaglio ad altri artisti e così aiutarli e permettere a loro e al pubblico di crescere attraverso la danza…
La vita vista attraverso i tuoi occhi di danzatore?
Emozionante, veloce, piena di possibilità, difficile, stancante e talvolta troppo breve.
La cosa più importante per te?
La mia carriera è una parte molto importante di me e della mia vita, ma ho anche una famiglia stupenda che mi sostiene con amore e mi mostra la gioia della vita, che è la cosa più preziosa che ho.
Lorena Coppola
Foto di Henry Triplette e Erik Tomasson