C’era molta attesa per lo spettacolo, andato in scena per tre serate consecutive (promosso dal Ministero delle Risorse Umane) in ordine cronologico al Teatro Coccia di Novara, al Teatro Sociale di Stradella e al Teatro Cagnoni di Vigevano: una triade di rara bellezza nel panorama dell’architettura teatrale di stampo italiano d’epoca ottocentesca.
L’evento, costruito in due tempi, si è articolato in una rassegna delle danze del folklore ungherese, presentata dall’Hungarian State Folk Ensemble con le “ricercate” coreografie del direttore artistico Gábor Mihalyi; le travolgenti sonorità affidate ai direttori d’orchestra Ferenc Radics e Pál István e dall’attenta direzione musicale firmata László Kelemen.
La serata dal titolo Rapsodia ungherese trae la sua genesi dalle danze nazionali, popolari e folkloristiche che da sempre sono da annoverare come tecnica essenziale e strutturale al nobile studio della danza classica tant’è che queste danze sono spesso presenti in molteplici balletti del grande repertorio. Mediante il ritorno alle radici, abbiamo potuto ammirare in scena, l’utilizzo della scarpa con il tacco, costumi e abiti riccamente decorati, ampie gonne colorate oltre a un’attenta cura dei dettagli da ritrovarsi, in primis nell’elemento dominante: gli stivali e a seguire nastri, tamburelli, cappelli al fine di sottolinearne la teatralità e l’espressività (doti fondamentali nelle danze popolari).
Serate come queste, offerte dall’Hungarian State Folk Ensemble – una delle Compagnie più conosciute e apprezzate nel panorama mondiale con i suoi sessant’anni dalla fondazione – sono il risultato di un buon antidoto per sorprendere, stupire e incantare spettatori di ogni età con suggestivi canti eseguiti dal vivo tracciati da virtuosismi, acrobazie e da un elegante supporto video.
La spettacolarità è stata marcata dagli artisti, i quali grazie alla padronanza scenica e a una sicura tecnica gestuale e vocale hanno caratterizzato la serata con ritmi tumultuosi, emozioni forti ed appassionate trasportando tutto ciò nelle coinvolgenti e pittoresche sequenze coreografiche. Le danze folcloristiche presentate, stilizzate e riviste, hanno seguito alcuni canoni della danza accademica pur possedendo una pertinente tecnica, una propria sbarra, una propria postura, posizioni specifiche di braccia, gambe e mani, costituendo un necessario bagaglio formativo e culturale per ogni ballerino, ma anche un mezzo didattico per lo spettatore poiché il suo studio è complementare a quello cattedratico, attingendo direttamente dal patrimonio popolare per dispiegarsi nella ritmica delle sequenze, dei giri, dei salti e saltelli, danze in cerchio, nella velocità dei battiti sottolineati da virtuosa forza e resistenza fisica con intensità interpretativa di gusto moderno. La maggior parte dei passi eseguiti hanno compreso battiti di tacchi, di mani, passi a coppie con uno stile molto forte e deciso seppur alternato a movimenti poetici e morbidi.
Tutti i quadri in Rapsodia Ungherese, hanno riecheggiato alla memoria le immagini contadine degli ungheresi e degli altri gruppi della regione balcanica in un appassionante viaggio. Giochi popolari e storici della tradizione con un occhio di riguardo rivolto anche verso lo stile contemporaneo. La presentazione teatrale delle testimonianze folkloristiche ungheresi hanno saputo cogliere la forza dello spirito, scoprendo quanto la danza e la musica, ancora oggi, abbiano conservato un carattere nazionale d’identificazione per meglio conservare il legame con le tradizioni.
Durante la serata si è percepito come l’arte popolare magiara sia quasi un rituale tra l’accompagnamento musicale e l’emozione dei sentimenti, sostenendo anche un ruolo assai simbolico, giocoso e di intrattenimento, volendo dimostrare che il folklore è l’espressione della storia e della cultura di un popolo. Le musiche e le loro coreografie presentate si sono sviluppate attraverso il tempo e si sono tramandate tra le generazioni come avviene con storie e leggende. Per il popolo ungherese, questi balli, sono ancora un momento di incontro, di condivisione delle emozioni, dei problemi e dei sentimenti.
Le esibizioni proposte dall’Hungarian State Folk Ensemble (compagnia formata solo da ecccellenti ballerini e professionisti ungheresi coordinati da Richard Kokeny coadiuvato dagli assistenti Beatrix Borbély, Katalin Jávor, György Ágfalvi) ereditate dal passato traggono spunto dalle danze del popolo ma anche da quelle dei nobili, esse vengono elaborate con un preciso significato: sottolineare lo stile e il colore nazionale dell’Ungheria.
In generale, non solo in Ungheria, le danze “folk” hanno avuto il merito, con il trascorrere del tempo d’influenzare lo sviluppo coreutico, ad esempio con i celebri “Pas de bourrée” provenienti da un’antica “danza popolare francese” risultando poi sequenze di collegamento fondamentali nella disciplina madre.
Applausi convinti e scroscianti ad ogni coreografia in cui si è voluto narrare i sentimenti dell’amore, dell’abbandono, del desiderio, della festa, dello scherzo, della perdita, della gioventù, della nostalgia, del divertimento e di tutto ciò che quotidianamente è parte integrante della vita di un popolo.
Una disquisizione armonica nel tempo, tra passato e presente, per ballare alla riscoperta delle proprie radici in cui “il ritmo etnico” è il messaggio proiettato dalla danza e dal canto e di come esse siano le arti più “vitali” nel riscoprire il piacere arcaico delle radici.
Michele Olivieri
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