Ogni forma di danza utilizza il linguaggio del corpo in maniera diversa, sia dal punto di vista tecnico che espressivo. Il fine cui tende però è il medesimo, comunicare bellezza utilizzando l’elemento artistico, fisico, emotivo e intellettuale. Nel momento in cui la danza trasmuta da manifestazione spontanea a codice linguistico e comunicativo basato su precise norme estetiche ed espressive, si trasforma in arte.
La danza classica o accademica è comunemente definita ‘balletto’ e viene considerata la forma più alta di danza in cui si può raggiungere perfezione artistica, vigore espressivo e capacità interpretativa. Essa inizia a trasformarsi in balletto nel XVI secolo, quando viene regolata da schemi iconografici e canoni estetici ben precisi, tendenti a una differenziazione sempre più marcata nei confronti di tutte la forme di danza istintiva.
La danza moderna e contemporanea si sviluppano a partire dal XX secolo grazie al lavoro illuminato di Rudolf Laban e Mary Wigman che, trovando il balletto classico eccessivamente rigido e schematico, gli contrappongono una danza libera che valorizzi il gesto e il movimento, ed esprima la personalità del danzatore. Pur ricorrendo spesso all’improvvisazione come mezzo creativo, i movimenti della danza moderna presentano una morfologia ben precisa, basti pensare alla tecnica Graham, Cunningham, Horton, Limon, molto diverse dalla danza libera della meravigliosamente anticonformista Isadora Duncan.
Questo stile di danza valorizza il cosiddetto ipercorpo in cui gesti, movimenti e linee rappresentano l’uomo nella sua interezza. Corpo e spirito sono strettamente interconnessi e il corpo diventa manifestazione esterna dell’interiorità. Il movimento danzato è un flusso costante, regolato da una pulsazione energetica modellata sul respiro. Le linee si spezzano, gli equilibri e bilanciamenti lasciano spazio ai disequilibri, il contatto con il pavimento e la terra diventa necessario, e si abbandonano i concetti di simmetria e parallelismo tipici del balletto a vantaggio di antinomie di forte impatto emotivo.
La danza neoclassica nasce agli inizi del ‘900 negli Stati Uniti grazie al coreografo russo Georgij Melitonovič Balančivadze, meglio noto come George Balanchine, creatore dell’American Ballet. Egli ricorre a un linguaggio tecnico vicino a quello della danza classica, che tuttavia integra atteggiamenti della danza moderna, pose naturali e maggiore libertà di movimento.
Nella sua evoluzione come forma d’arte, quindi la danza subisce numerosi cambiamenti, tuttavia i principi che la regolano sono sempre gli stessi: bellezza e armonia ottenuti tramite rigoroso impegno e qualche sacrificio.
La danza come sappiamo è continua ricerca della perfezione, e conduce a plasmare il proprio corpo e i muscoli per renderli funzionali alla sua espressione. Il corpo dunque si muove attraverso passi codificati, elaborati secondo precisi canoni, le linee creano disegni armoniosi e simmetrici e spesso terminano in figure decorative come attitudes o arabesques.
Tutti questi elementi rimandano al concetto classico di bellezza proveniente dalla cultura greca, fonte di ispirazione dei canoni della danza classica. Tale concetto si esplica in tre principi: armonia, simmetria, nel senso di misura e compostezza, ed euritmia, ossia ritmo esatto e proporzioni corrette.
La bellezza è un insieme di qualità percepite tramite i sensi, che suscitano sensazioni piacevoli in riferimento a ciò che osserviamo, e che si collegano a uno stato emozionale secondo dei canoni innati o acquisiti.
Essa può essere soggettiva, quindi dipendente dal proprio gusto e senso estetico, oppure oggettiva, condizionata dalla cultura del proprio tempo, perciò inserita all’interno del proprio contesto storico. Pensiamo a due eccezionali danzatori come Rudolf Nureyev e Roberto Bolle per esempio, osservando la loro tecnica è evidente come non sia possibile paragonarli, in quanto appartengono a due periodi distinti eppure entrambi vengono considerati étoiles del balletto.
Detto ciò, esistono chiaramente canoni e requisiti che rientrano nel concetto di bellezza espresso nella danza, indipendentemente dallo stile, ossia proporzioni armoniose, scioltezza, elasticità, forza muscolare, equilibrio, coordinazione dei movimenti, grazia ed eleganza.
A questi elementi prettamente fisici tuttavia vanno aggiunte espressività e sensibilità musicale. La danza non si esaurisce nella spettacolarità dei virtuosismi, in gambe altissime, piedi meravigliosi e corpi sottilissimi, dotati di una tecnica apparentemente perfetta.
Ciò che crea la vera bellezza è la sensibilità dell’animo del danzatore, il suo talento, l’espressività, la qualità dei suoi movimenti e l’armonia tra uno sguardo, un gesto e un respiro. Solo così l’incanto della danza trova il modo compiersi e di raggiungere l’animo dello spettatore, fine ultimo di ogni attività creativa e della danza, considerata non a caso la madre di tutte le arti.
Stefania Napoli
Fotografia: Aris Rammos
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