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Il meglio di… L’étoile Roberto Bolle si racconta al giornaledelladanza.com

Intervista del 1 dicembre 2011

Scoperto da Rudolf Nureyev, la sua carriera ha oramai toccato vertici prestigiosi ballando nei più importanti teatri del mondo a fianco delle più grandi étoiles della danza degli ultimi anni: Altnyai Asylmuratova, Darcey Bussel, Alessandra Ferrri, Sylvie Guillem, Svetlana Zhakarova, per citarne solo alcune.

Raccontaci il tuo ultimo lavoro l’Orpheus di John Neumeier con l’Hamburg Ballet? In che modo hai interpretato “Orfeo”?

Orpheus è stato per me un balletto molto desiderato che ho ballato dopo due anni dal previsto debutto. È un onore che un coreografo della portata di John Neumeier , uno dei geni della coreografia e del balletto moderno e narrativo, abbia plasmato una creazione su di me. Un grande riconoscimento e un punto di arrivo per la mia carriera. Insieme abbiamo fatto un lavoro molto intenso e profondo sulla figura di Orfeo cercando di entrare e delineare la personalità, la parte più profonda del personaggio.

Le tue sensazioni in questo ruolo?

Abbiamo dato vita ad un personaggio molto vero e sensibile. Neumeier è riuscito, attraverso un linguaggio moderno, a dare una grande verità al mito. Ed è proprio grazie a questo tipo di linguaggio che sono riuscito ad entrare profondamente nel ruolo sia a livello fisico che emotivo. Orfeo è arrivato in un momento della mia carriera e del mio percorso umano adatto, perché è un personaggio che implica una maturità e uno spessore emotivo che sento di aver raggiunto.

E John Neumeier?

Lavorare con lui è un’esperienza straordinaria. È un coreografo molto generoso. Tra di noi è scattato un feeling immediato e una grande empatia. Da quando ci siamo incontrati, nel 2007, il nostro rapporto umano e la stima personale sono cresciuti sempre di più. Il suo primo lavoro che ho affrontato è stata la Dama delle Camelie che ho ballato per la prima volta con Alessandra Ferri alla Scala. John mi ha poi voluto interprete di questo balletto ad Amburgo, all’Opera di Parigi e al Metropolitan di New York. Quando mi ha comunicato che voleva modellare un ruolo su di me, ero entusiasta. Se già il lavoro con lui per la Dama delle Camelie aveva rappresentato un punto di crescita artistica per la mia carriera, con Orpheus ho raggiunto un livello superiore, un punto di svolta nel mio percorso artistico. Lavorando direttamente con lui ho avuto modo di curare ogni dettaglio tecnico ed emotivo del ruolo, entrare nel personaggio in un modo più profondo e totalizzante. Un’esperienza mai provata fino ad allora e impagabile.

Il tuo percorso artistico dagli inizi sino ad ora…

 Un percorso fatto di sacrificio, totale dedizione, nessuna scorciatoia e tante soddisfazioni.

Il tuo messaggio artistico… cosa cerchi di trasmettere agli altri?

 L’amore per la danza. La grande energia di questa arte di cui oggi è troppo spesso sottovalutata l’enorme capacità di attrarre e comunicare emozioni ad un pubblico vastissimo e trasversale.

Da Italiano come hai vissuto il fatto di essere un talento riconosciuto all’estero?

Con grande orgoglio, certamente è un onore. Al di là delle polemiche l’Italia continua ad avere un ruolo centrale nell’arte e nella cultura mondiale. Questo quasi a dispetto della trascuratezza con cui viene coltivata in patria. Serve maggiore cura del nostro patrimonio artistico e culturale, sostegno, sovvenzioni, aperture. Dobbiamo tornare ad essere un faro, in ogni arte, perché questo è scritto da sempre nella nostra storia.

Ci sono state persone o maestri, in particolare, che hanno segnato particolarmente la tua crescita artistica?

Molti. Citerei sicuramente Neumeier e Roland Petit – interpretare i suoi balletti è stato un altro momento di grande crescita artistica per me – ma anche Kylian e Forsythe che mi hanno dato una qualità di movimento che prima non avevo e che ha influito in maniera positiva su come ho affrontato il repertorio classico.

Dedichiamo la nostra vita alla danza, ma la danza stessa in fondo è vita, nel suo significato più profondo…

Concordo, cos’altro potrei dire di più giusto?

Qual è il traguardo più importante per un ballerino?

Riuscire ad emozionare il pubblico sia con la perfezione dei movimenti sia perché interpretando ruoli lo si porta a vivere una storia, immedesimarsi in personaggi, vivere altre vite.

Qual è la tua idea di teatro, nel senso più ampio del termine?

Riciclerei la tua domanda di prima e direi che il teatro “è vita nel suo significato più profondo”.

La tua è una carriera lunga e ricca di soddisfazioni…ha ancora un sogno nel cassetto da realizzare?

Non uno in particolare. La mia carriera mi ha regalato tantissime soddisfazioni, ma anche tante sorprese, soddisfazioni inattese, realizzazione di progetti che non avrei mai neanche immaginato. Quindi spero che la mia carriera mi stupisca ancora una volta.

Roberto Bolle allo specchio: come si vede?

Per un ballerino lo specchio è uno strumento di lavoro quotidiano. È un confronto costante e indispensbile, a volte conflittuale che non ha implicazioni solo estetiche, ma serve per correggere difetti e perfezionare movimenti e posizioni.

Rapporto con il pubblico.

Rapporto con il pubblico è da sempre un elemento importante che negli ultimi anni è molto cambiato. Non si limita più al palco, ma grazie a internet prosegue con grande libertà e possibilità di confronto in modi impensabili fino a qualche anno fa e che mi interessano molto. Oggi è possibile parlare e seguire i fans via internet dai blog, siti e giornali online appunto proprio come il giornaledelladanza.com. Io uso molto anche Twitter. Lo trovo un modo inedito per rimanere a contatto con il pubblico, anche a sipario chiuso.

Sara Zuccari

 Direttore www.giornaledelladanza.com

 

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