Musica e teatro hanno svolto un ruolo importante nell’evoluzione della danza, diventandone parte integrante. La parola greca mousikē, per esempio, si riferisce alla musica, alla poesia e alla danza come a un’unica forma, riflesso della relazione indissolubile tra queste tre arti.
Anche dove la danza è percepita come una forma d’arte indipendente, la maggior parte della coreografia è ancora accompagnata da uno o più di questi elementi. Gli effetti sonori possono chiarire e acuire l’effetto drammatico di un movimento, e possono aiutare lo spettatore a percepire pienamente le qualità estetiche del gesto.
La stretta correlazione tra danza e musica nasce dal fatto che entrambe sono organizzate secondo schemi ritmici. Quindi, il ritmo musicale può essere utilizzato per enfatizzare i passi, l’armonia dei movimenti, per aiutare i ballerini a danzare in sincrono e stimolare le emozioni in chi danza e nel pubblico.
Alcuni coreografi nella seconda metà del XX secolo, tuttavia, hanno lavorato in modo tale che musica e danza rimanessero completamente indipendenti l’una dall’altra. Uno dei maggiori esponenti della Modern Dance americana Merce Cunningham ha creato coreografie prive di suono. L’artista riteneva, infatti, che un’eccessiva correlazione tra danza e musica non avrebbe aiutato il pubblico a percepire le due forme artistiche in modo più chiaro e distinto ma, al contrario, credeva che si sarebbero annullate a vicenda.
Jerome Robbins, regista e coreografo statunitense, vincitore del Premio Oscar per l’iconico “West Side Story”, ha utilizzato il silenzio completo in alcuni dei suoi lavori. Robbis lasciava che i suoni naturali dei movimenti della danza fossero l’unico accompagnamento, richiamando l’attenzione dello spettatore sugli schemi e sui ritmi del movimento.
I singoli passi di danza possiedono comunque un loro ritmo naturale che determina il modo in cui possono essere eseguiti. Un salto è condizionato dalla forza di gravità che ne limita la durata e l’altezza, quindi il danzatore deve trovare il modo di rispettare quel ritmo adattandolo alla necessità coreografica, sfruttando la forza cinetica e facendo precedere il salto da una corsa.
Ogni ritmo differente dunque è fondamentale per raccontare diverse qualità di movimento e stimolare emozioni differenti. Un ritmo lento e uniforme, per esempio, crea morbidezza e fluidità e genera un senso di serenità. Al contrario, un ritmo veloce e asimmetrico sviluppa un movimento irregolare ed energetico, suscitando una sensazione di forza e vitalità.
È raro che la danza non segua alcun tipo di organizzazione ritmica, perché essa rappresenta la vita. Ogni nostra funzione biologica, infatti, segue un ritmo, il battito del cuore, il flusso del respiro, camminare e correre, e via dicendo.
Nella creazione delle sue coreografie, Doris Humphrey ricorreva al ritmo del respiro, del battito cardiaco, della peristalsi, della contrazione e decontrazione muscolare. La sua tecnica ‘fall and recovery‘ era basata sul processo di allontanamento e ritorno all’equilibrio, da cui nasceva una dinamica nuova e diversa.
A testimonianza dell’inscindibile legame tra danza e ritmo (fisico, naturale o musicale), citiamo alcune frasi di grandi personalità della danza, della musica e dell’arte.
Isadora Duncan dichiarava che: ‘La prima idea del movimento e della danza mi è venuta di sicuro dal ritmo delle onde’.
Curt Sachs, etnomusicologo e organologo tedesco, insegnante presso le maggiori università europee e americane, sosteneva che: ‘La danza è la madre di tutte le arti… vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo‘.
Infine, secondo la poetessa Maria Luisa Spaziani, ‘Danza e poesia sono tanto simili quanto profondamente diverse, ma al di là di struttura e contenuti emotivi sono unite dal ritmo, sovrano di tutte le cose che hanno senso a questo mondo‘.
Stefania Napoli
Fotografia: Guryanov Andrey
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