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La danza modula la memoria spaziale e le funzioni esecutive e neurali

L’invecchiamento è correlato al normale declino fisico e cognitivo, e all’alterazione dei processi esecutivi e mnemonici.

Tale declino cognitivo è particolarmente importante nei lobi frontale e parietale, nelle funzioni esecutive sottostanti e nella memoria spaziale.

Quest’ultima è una delle abilità più colpite dall’invecchiamento, a causa della perdita delle funzionalità che dipendono dal lobo temporale del cervello e che ci consentono di codificare, archiviare e recuperare informazioni su posizioni e stimoli spaziali.

Un recente studio clinico randomizzato ha mostrato i benefici delle lezioni di danza per sei mesi, tre volte a settimana in adulti sani e ha scoperto che, oltre a essere un’attività piacevole e appassionante, la danza stimola un eccezionale impegno motorio, cognitivo, visuo-spaziale, sociale ed emotivo.

I suoi effetti a lungo termine sulla cognizione, sulla struttura e sulla funzione del cervello sono effettivi e durevoli. Studiando le differenze nella struttura del cervello tra un campione di dieci danzatori e dieci individui senza formazione nella danza, è emerso l’aumento dello spessore della corteccia temporale superiore tra i danzatori, collegato a  un aumento del cervello volume nelle regioni motorie.

Rispetto ai giocatori di pallamano per esempio, i ballerini avevano aumentato il volume del cervello nell’area motoria del piede, suggerendo un neuro-adattamento specifico connesso all’allenamento della disciplina della danza.

Oltre alle differenze nel volume del cervello, i ricercatori hanno scoperto che i danzatori possedevano una maggiore funzionalità cognitiva e del corpo calloso, il quale interconnette i due emisferi cerebrali e garantisce la loro coordinazione e il trasferimento di informazioni.

Anche per questi motivi, si assiste a un crescente interesse per la danza quale intervento terapeutico per svariati gruppi clinici: disturbi dello sviluppo come la sindrome di Down, disturbi neurologici come la schizofrenia, disturbi dell’umore come la depressione, e disturbi neuromotori come il morbo di Parkinson e la demenza.

Rispetto ad altre forme di attività fisica aerobica, la danza coinvolge anche altre abilità, come il coordinamento e il stimola le sequenze di movimenti, rafforzando la percezione e la memoria spaziale e le funzioni esecutive. Danzare integra l’esercizio fisico con la musica e comporta miglioramenti nell’equilibrio e il recupero di complesse sequenze di passi e movimenti creando e ballando le coreografie.

Danzare può addirittura invertire gli effetti negativi del normale invecchiamento ed è considerata un fattore neuroprotettivo dal declino cognitivo.

Studi epidemiologici, infatti, hanno scoperto che le persone che danzano per tutta la vita hanno meno probabilità di sviluppare demenza o il declino cognitivo correlato all’età.

Tutto ciò è tanto sconosciuto ai più quanto straordinario. La danza andrebbe diffusa e promossa anche come mezzo di mantenimento cognitivo della popolazione, con effetti positivi sulla società in generale.

Stefania Napoli
www.giornaledelladanza.com

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