“Tra storia e tecnica della danza” di Flavia Pappacena
La tecnica maschile – Lo stile di Arthur Saint-Léon
Arthur Saint-Léon (1815-1870) viene ricordato per la sua multiforme competenza di violinista e di coreografo (soprattutto del celebre balletto Coppelia andato in scena all’Opéra di Parigi il 25 maggio 1870), ma difficilmente lo si ricorda come danzatore.
Si era formato con il padre Arthur Michel nella linea della scuola dell’Opéra di Parigi e in breve tempo aveva raggiunto la notorietà come danzatore di grandi capacità tecniche e interpretative. Riguardo alle esibizioni degli anni Quaranta in Francia, in Inghilterra e in Italia, tutte le recensioni che uscirono sui giornali concordano nel rilevare una tecnica vigorosa e dal tratto fortemente mascolino, una tecnica caratterizzata da una non comune capacità di elevazione nel salto e da una perizia nell’eseguire veloci ed estremamente elaborate pirouettes.
In Italia, in cui era ancora in auge la tradizione autoctona fondata su una tecnica asciutta e di stampo decisamente atletico, Saint-Léon fu apprezzato, invece, per la leggerezza, la morbidezza e la grazia, oltre che per la rara capacità di sospendere il corpo nell’aria durante il salto. Prerogativa, questa, che fu eguagliata in seguito da altri danzatori, ma per la quale agli inizi del Novecento divenne celebre Agrippina Vaganova che definì questa sospensione “ballon”.
La tecnica di Saint-Léon, anche se tardivamente, è stata la custode della scuola maschile dell’Opéra, quella scuola che tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento aveva prodotto ballerini dal virtuosismo straordinario. Si può dire, anzi, che Saint-Léon sia stato l’ultimo testimone della antica scuola maschile francese in un momento in cui, ormai protagonista assoluta della scena ballettistica la danzatrice, la figura del danzatore stava perdendo spazio e identità, ormai appannata e deprivata di quei tratti caratteristici che l’avevano consacrata per più di un secolo a simbolo della danza.
Nell’aprile 1843 il giornale londinese Times commenta il debutto di Arthur al Her Majesty’s Theatre di Londra con le seguenti espressioni:
«Una meraviglia nel suo genere. Il vigore che egli mostra, l’immensità delle sue piroette e altre prodezze sembrano indicarlo come il fondatore di una scuola totalmente nuova […] La sua danza è lo sport di un giovane Ercole. […] I suoi slanci sono di una forza sorprendente: non possiamo capire quante volte gira in una piroetta, sembra che si sia dato uno slancio che non è in grado di controllare. Volteggia come un uragano, e si ferma immobile come una roccia […] Saint-Léon è un fenomeno».
D’altronde, che la scuola maschile francese della seconda metà del XVIII secolo fosse estremamente avanzata lo dimostra anche il commento fatto nel 1779 dal noto coreografo grottesco Gennaro Magri sul francese Antoine-Bonaventure Pitrot (ca.1727-dopo 1792), uno dei pionieri, insieme a Jean-Georges Noverre, del balletto d’azione.
«Rispetto alle a-plomb non v’è chi al chiarissimo Monsieur Pitrot paragonar si possa. Egli è arrivato a stare per due minuti a-plomb, e nell’atto istesso ha fatto tutti i Battiment possibili fatti, disfatti, alti, bassi, distesi, su ‘l collo del piede, e quanto l’arte di un’esperto Ballerino eseguir possa, vi ha fatto pure de Tordichamp in variate maniere: ma non questo solo è degno di meraviglia; il più si è, che lui non istà in equilibrio come gli altri su mezza pianta di un piede: ma inalbera la vita tutta su la punta del maggior dito del piede, e distende così perfettamente tutte le articolazioni, che tutta la coscia, gamba, e piede istesso cadono in linea perpendicolare. Nella fine delle sue parti a solo, quando sta tutto anelante, e difficilmente per conseguenza a prendere un’esatto equilibrio, si pianta in a-plomb più fermo, che un’Uomo aggiato, e fresco non sta su li proprj piedi. Cose, che pajono sopranaturali, eppure, n’è testimonio di vista tutta l’Europa».
Flavia Pappacena
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Rif. Bibl. Gennaro Magri, Trattato teorico-prattico di ballo Napoli, Orsino, 1779.