Alchemy, l’ultima creazione di Moses Pendleton per i Momix, in scena attualmente al Teatro Bellini di Napoli fino al 15 febbraio, si è rivelato un altro dei tanti capolavori della storia della straordinaria compagnia statunitense.
Alchemy può essere sinonimo di un viaggio onirico, nel quale il coreografo ha voluto analizzare il concetto di “evoluzione universale”, proiettando sulla scena i molteplici aspetti della natura e dell’uomo.
Questo concetto è stato elaborato secondo i quattro elementi primordiali, aria, acqua, terra e fuoco, rappresentando l’origine della materia stessa e mettendone in luce il potere di trasformazione e di catarsi immaginifica.
Il susseguirsi dell’azione scenica prende forma partendo da richiami di danze tribali, un chiaro rimando all’origine delle prime popolazioni native, arrivando poi, con effetti illusionistici tipici dei Momix, all’espressione – in un dialogo visuale a metà tra simbolico ed esplicitamente enucleato – del concetto di evoluzione del corpo umano, che non si è mai dato limiti alla sperimentazione di se stesso, mettendosi sempre più alla prova.
Uno dei messaggi più interessanti dello spettacolo è il costante paragone del concetto di riproduzione tra la natura e l’uomo, analizzando i molteplici aspetti in comune, utilizzando una trama ironica ma allo stesso tempo poetica.
La vera e propria alchimia di questo capolavoro è l’unione tra le suggestive proiezioni tridimensionali, i sensazionali costumi di Phoebe Katzin e la potente suggestione metaforica delle note di Ennio Morricone.
L’insieme di questi elementi ha reso la platea ancora una volta insaziabile di magia, meramente artistica e non artificiale.
Lorena Coppola
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Foto © Max Pucciariello