Il bianco e il nero, il fuoco e l’acqua, la tempeste e il sereno, la passione e l’effimero, Sasha Riva e Simone Repele: “I poeti della danza”. Formatisi entrambi all’Accademia del Balletto di Amburgo e interpreti del repertorio John Neumeier e di altri grandi coreografi, Sasha Riva e Simone Repele hanno fatto parte del Balletto di Ginevra e sono regolarmente ospiti di gala e festival internazionali dove interpretano creazioni loro e di altri autori. Hanno recentemente fondato Riva&Repele, riscuotendo grande successo di pubblico e critica, attirando attenzione sulla coreografia del loro duetto, all’interno di opere e performance. Per il Giornale della Danza ci raccontano il loro sodalizio e la loro danza.
Un duo, due singoli oppure un tutt’uno?
Sasha – Due personalità distinte ma che attraverso le proprie qualità ed i propri difetti, si compensano e trovano un loro equilibrio come coppia.
Simone – Sicuramente un tutt’uno, ma con grandi contrasti di personalità. Siamo incredibilmente affiatati e più lavoriamo a stretto contatto più cominciamo ad intenderci senza troppi convenevoli. E’ sicuramente ancora un work in progress la nostra unione artistica, ci stiamo analizzando e scoprendo ad ogni esperienza e creazione. Il lavoro in sala aiuta a consolidare nuove forme di espressione che andiamo ricercando ogni volta che dobbiamo mettere in scena qualcosa di nuovo e le discussioni al di fuori della sala ci aiutano a scoprire più e più la visione artistica l uno dell’altro trovando il giusto punto di incontro unendo le varie visioni e unirle in una unica che possa rispettare l’idea che vogliamo rappresentare in scena.
Sasha Riva e Simone Repele allo specchio: chi è, da dove viene e cosa vede?
Sasha – Vengo da una famiglia fantastica che mi ha sempre supportato in tutte le mie scelte e nonostante nessuno facesse parte del “mondo particolare” che è quello dell’arte, mi hanno sempre capito ed appoggiato. Sono cresciuto fuori Milano e anche se ho iniziato tardi lo studio della danza, da subito ho sentito che stare in scena è ciò che mi riempie l’animo. Ho una personalità abbastanza complicata, spesso divisa da parti contrastanti e la mia sensibilità è affiancata da molta determinazione ed ambizione e tanta voglia di fare. Il tempo sembra quasi sempre troppo poco per tutto quello che si vorrebbe fare e provare, e soprattutto nel modo e con le possibilità con cui lo si vorrebbe fare, ma ahimè ai giorni d’oggi bisogna essere il più veloci possibili è ancora più difficile.
Simone – Devo ammettere che non amo particolarmente l’auto analisi, forse perché ho paura di far affiorare sempre alcune debolezze che nella vita privata preferisco accantonare per fare in modo che non prendano il sopravvento e che indeboliscano il mio carattere. Preferisco lasciare che le mie fragilità vengano trasmesse attraverso le mie performance. Sicuramente se dovessi guardarmi allo specchio ad oggi troverei un Simone completamente diverso da qualche anno fa, diverso del Simone adolescente che rincorreva il sogno della danza ancora lontano e lottava tutti i giorni per capire quale fosse la strada giusta da percorrere. Non solo, purtroppo come tanti ragazzini italiani ho dovuto fare i conti con molestie da parte dei miei coetanei e di chi vedeva la mia scelta di intraprendere un percorso da ballerino una cosa estremamente pericolosa.
Cosi le mie fragilità alternate dalle mie sicurezze per ci che amavo fare hanno sempre trovato un punto di incontro, amalgamante con un pò di rabbia, che mi lascio alle spalle ma che fa parte del mio essere, mi ha dato la forza per andare avanti e dimostrare a me stesso in primis che io ce la potevo fare, malgrado gli ostacoli che mi si ponevano davanti. Per fortuna ho avuto una famiglia che ha sempre creduto in me, ha compreso le mie esigenze e mi ha aiutato a ragionare sulle decisioni da prendere nel corso della mia carriera professionale e di vita.
Come nasce il vostro sodalizio?
Sasha – Io e Simone ci conosciamo da più di 10 anni visto che eravamo entrambi nella Scuola del Balletto di Amburgo. Poi io sono rimasto per qualche anno lì in compagnia da Neumeier e siamo dunque stati separati per un po’. Ci siamo però sempre tenuti in contatto ma solo nel 2016 ci siamo ritrovati al Balletto di Ginevra dove abbiamo piano piano iniziato a collaborare insieme per progetti al di fuori della compagnia. Sin da subito c’è stata molta affinità, pur avendo molte caratteristiche distinte sia fisiche che artistiche, i nostri interessi e il nostro focus artistico è molto simile e abbiamo trovato un appoggio e comprensione reciproca ed uno stimolarci sia nella danza che umanamente. Simone a me ha aiutato e continua ad aiutare moltissimo per darmi più visioni e migliorarmi in ciò che faccio. Infine, all’inizio del 2020 abbiamo preso la decisione di lasciare la compagnia e concentrarci su ciò che più vogliamo fare come creatori e come danzatori e così abbiamo fondato RIVA & REPELE.
Simone – Sasha ed io ci siamo incontrati nel 2009, io entrai all’Accademia del Balletto di Amburgo e Sasha era già in scuola da un anno. Non facevamo parte della stessa classe ma da buoni italiani abbiamo subito legato e negli anni successivi in accademia è cresciuta la stima reciproca. Nel 2014 lasciai Amburgo e Sasha rimase in compagnia per 4 anni. Mi raggiunse a Ginevra nel 2016 e da li cominciammo a creare piccoli duetti per alcuni Gala Internazionali.
La danza per voi da dove parte e dove deve o arriva?
Sasha – La danza per me parte da una necessità. Una necessità di espressione e comunicazione che però deve essere liberata ed esternata tramite il corpo, il viso, il movimento ed il gesto. Questa necessità penso sia innata e non la si può imparare, è un bisogno. Però va accostata ad uno studio che ci permette di avere sempre più coscienza in come modellare questo bisogno in qualsiasi forma o stile ci sia. Non si smette mai di imparare a migliorarsi e a formarsi nella direzione che si vuole prendere. Poi assolutamente esistono diversi tipi di danza da quelle più tecniche e virtuose, quelle più narrative, quelle più concettuali, quelle più da intrattenimento. Io personalmente, apprezzo diversi tipi di danza in diverse situazioni, ma personalmente preferisco qualcosa che mi dia delle immagini o delle emozioni o una storia che mi rimangano impresse. E allo stesso tempo mi piace vedere una danza che sia comunque anche fisica e tecnica. Il gusto è per ognuno molto soggettivo e personale, ma si può sempre notare se c’è un bisogno ed un pensiero dietro a quello che si è visto. Ciò che ci può essere di più significativo nel nostro mestiere è il potersi connettere ad un’esperienza o ad una sensazione di chi ti sta guardando così che questa persona senza capirne il motivo si sentirà legata a quello che stai rappresentando.
Simone – Parte dall’esigenza di esprimersi, di parlare ma attraverso il corpo. La danza di per se, vista dal punto di vista del danzatore potrebbe essere anche solo il piacere di usare il proprio corpo in modo fisico, imparare dei passi ed essere a funzione di chi li crea. Ci sono danzatori magari meno tecnici che per sono si prestano alla scena e la loro presenza rispecchia quello dell’attore mentre altri che riescono con la loro tecnica e forza fisica a risultare straordinari nel esecuzione dei passi. Per un artista invece che crea e danza il suo lavoro, dal mio punto di vista il passo non può avere un fine a se stesso, ma è una conseguenza di ci che si vuole esprimere. Credo che ogni artista debba ricercare una sua sfumatura che lo renda per quanto possibile unico e che rispecchi la sua vera personalità. E’ quello sul quale stiamo cercando di lavorare io e Sasha come duo. Quando hai alle spalle diversi anni di carriera in compagnia hai nel corpo tanti passi assimilati e tanti stili diversi e quando decidi di diventare un artista indipendente, non è sempre facile distaccarsi da ci che si ha imparato. Io e Sasha ci troviamo entrambi più sicuri a utilizzare una linea più classica per quanto riguarda la base creativa del passo, ma attorno a quello per noi è importante la gestualità che nel nostro lavoro è molto presente e l uso di tableau, immagini teatrali che prendono parecchia ispirazione dalla nostra tradizione, dalla provenienza delle campagne italiane in cui il modo di vivere è diverso dalla città. Inoltre personalmente trovo molta ispirazione nei quadri , soprattutto quelli religiosi, affreschi delle cattedrali e monumenti. Si ricollegano molto al mio passato, mi ricordano i momenti in cui da piccolo accompagnavo mia nonna a messa la domenica mattina ed ero affascinato dalle immagini che ritraevano i santi e dalla malinconia che mi trasmettevano.
Vi ho definiti i “poeti della danza”, vi rispecchiate?
Sasha – È un onore e forse una delle definizioni che più vorrei rispecchiasse la nostra arte. Penso ci sia ancora tantissimo da affinare e bisognerebbe anche avere molte più possibilità per poter realizzare quello che si vuole nel modo in cui lo si vorrebbe veramente. All’inizio è difficile perché bisogna provarci con quello che si ha sia a livello di disponibilità economiche che di tempistiche lavorative. Ma piano piano si cresce e si spera di poter fare tutto al meglio. Ti ringrazio moltissimo per questa definizione perché per me la danza associata alla poesia è qualcosa di meraviglioso e qualcosa in cui credo molto. Di sicuro la nostra visione artistica non è fine ad un risultato che sia puramente estetico e tecnico pur integrando molto questi elementi nel nostro lavoro.
Simone – Che onore! Spero di essere all’altezza di tale definizione.
Chi sono i coreografi dell’attuale scena a cui guardate con particolare interesse, se ci sono?
Sasha – Ci sono tanti e diversi coreografi dei quali apprezzo il lavoro. Da danzatore ci sono così tante cose che mi piacerebbe avere il tempo e la possibilità di provare come esperienza personale, per esempio ho sempre ammirato e guardato con particolare interesse Mats Ek, Lightfoot/Leon, Jiri Kylian. Che stimo tantissimo e con il quale anche se per poco ho avuto modo di lavorare è Marco Goecke, con il quale non vediamo l’ora di tornare forse presto in studio. Poi ci sono coreografe come Pina Bausch e Crystal Pite che trovo geniali. Infine, il coreografo che mi ha dato molto, soprattutto nel trovare, sempre un senso dietro a quello che si fa, ed è una cosa che mi porterò sempre dentro è modo di lavorare di John Neumeier. Sicuramente ci sono altri coreografi che dovrei conoscere meglio e dei quali non ho avuto modo di vedere molto. Trovo però che spesso ai giorni d’oggi ci sia molto la tendenza di fare cose che siano “COOL”, ma dove per me spesso manca un po’ l’anima.
Simone – Sono sempre stato attratto da coreografi delle generazioni passate in particolare modo Mats EK e Hans Van Manen. Ma ammiro molto alcuni dei nomi del momento: Marco Goecke, Cristal Pite, Peeping Tom.
La ricetta del vostro successo, vogliamo l’elenco degli ingredienti!
Sasha – Non saprei se parlare di successo perché siamo davvero all’inizio e c’è tantissima strada da dover percorrere e tantissimo lavoro da fare. Di sicuro quello che posso dire di noi è che abbiamo tantissima passione e determinazione. Ci mettiamo l’anima in quello che facciamo, anche se poi si possono avere alle volte risultati migliori ed altre volte peggiori. Noi rispettiamo molto quest’arte. C’è un amore e odio per la danza fortissimo perché ci teniamo così tanto che ci sono diversi momenti dove la frustrazione è grande ma non ci arrendiamo e anzi continuiamo maggiormente. Sicuramente al momento stiamo facendo dei sacrifici enormi dovendoci occupare un po’ di tutto e non avendo ancora un vero team attorno a noi, ma la voglia ed il desiderio di entrare in scena e di essere creativi è grandissimo. Forse, almeno parlo per me, mi sento ancora un bambino che ha un sogno grande da voler realizzare ogni giorno e anche se crescendo ci si inizia a porre molte più domande su quello che si sta facendo, la passione non cambia.
Simone – C’è ancora tantissima strada da fare, sicuramente il duro lavoro e il sacrificio dei giorni passati in sala viene ripagato da altrettante soddisfazioni. Non molliamo!
L’ultima vostra creazione è a dir poco meravigliosa ‘Lili Elbe Show’ raccontatemi.
Sasha – Ci sarebbe tantissimo da scrivere riguardo a questa creazione. “Lili Elbe Show” è il nostro primo lavoro coreografico che fa serata intera ed è liberamente ispirato alla vita di Lili Elbe/Einar Wegener, una delle prime persone ad essere stata identificata come donna transgender. Non è stato facilissimo sotto molti punti di vista perché lo abbiamo creato durante la pandemia, con tutte le difficoltà che ne derivano e soprattutto con un cast che vive in città differenti. Quindi abbiamo provato per davvero poco tempo e soprattutto pochissimo con tutti i danzatori insieme nella stessa sala. È un lavoro che mantiene una linea narrativa ma concentrandosi più sull’emotività della vicenda. Infatti, avendo comunque solo 5 danzatori abbiamo giocato tra un piano di realtà ed un piano più di immaginazione che può essere visto e capito oppure può essere interpretato in modo personale. A noi questa cosa interessa perché non vogliamo che diventi qualcosa di troppo descrittivo. Nella nostra visione è molto chiaro il simbolo di ciascun personaggio e lo scopo all’interno della vicenda ma ci possono essere diverse letture per chi lo guarda. È un pezzo che vorremmo far crescere molto ed avere più possibilità per poterlo rendere maggiormente come lo immaginiamo e non vediamo l’ora di portarlo in giro sia in Italia che all’estero.
Simone – La creazione di Lili Elbe Show ha avuto un trascorso burrascoso. L’abbiamo iniziata a Novembre del 2020 durante il lockdown autunnale dovuto al covid con un cast non originale del pezzo ma grazie ad alcuni danzatori dell’Opera di Ginevra che si sono gentilmente prestati ad aiutarci a creare del materiale per la creazione che avremmo poi dovuto fare dopo il lockdown con i ballerini scelti tra cui Yumi Aizawa, Silvia Azzoni e Jamal Callender. Lili Elbe Show è nata da un idea di Sasha, durante l estate del 2020, affascinato dalla storia di Einar Wegener e dal pensiero di poter creare un balletto sulle musiche di Bach e alcune musiche folcloristiche danesi, che potessero staccare con il ritmo classico e donare un tocco più tradizionale come è nostro solito fare con musiche che riprendessero il mood del periodo storico. E’ stata una collaborazione di un anno quasi con l’aiuto di co-produzione del Cantiere Internazionale d arte di Montepulciano che oltre ad ospitarci per le performances ci ha anche dato modo di avere costumi e scenografia. Adesso che il pezzo è stato presentato, lo porteremo in tournée cominciando dalla Sardegna a Novembre con Sassari e Cagliari con la collaborazione di Daniele Cipriani.
Progetti futuri?
Sasha – Siamo reduci da una residenza al Teatros del Canal a Madrid dove abbiamo creato e performato la nostra nuova creazione “la Gert” che fa anche serata intera. Poi abbiamo molti impegni importanti ei prossimi mesi tra Italia, Olanda, Germania e Svizzera. E sicuramente ci sono tantissime nuove idee che aspettiamo di aver modo di poter realizzare.
Simone – Abbiamo appena avuto il piacere di essere ospiti al Teatro del Canal a Madrid, come unica compagnia estera a produrre una nuova creazione per il Festival Canal Baila. Siamo rimasti un mese nelle sale del teatro con un cast di 4 danzatori e ci siamo ispirati alla figura di Valeska Gert, consiglio a tutti di andare a ricercare questa personalità meravigliosa e provocante. Un attrice performer vissuta tra la Germania e gli Stati Uniti durante le due guerre mondiali, considerata pioniera del movimento Punk.
Bianco e nero, da sempre grande contrasto ma anche grande attrazione, chi è il bianco e chi il nero della coppia?
Sasha – Spessissimo quando veniamo visti in scena ma anche al di fuori ci viene detto del forte contrasto e diversità che abbiamo ma che allo stesso tempo è una grande forma di attrazione reciproca. Io vengo sempre definito come bianco e Simone come nero. Penso anche io che sicuramente ad un primo impatto sia così ma trovo che ci sia anche tanta oscurità all’interno del mio essere bianco e tantissima luce nel nero di Simone.
Simone – Hai centrato i due punti fondamentali, contrasto e attrazione. Definisce molto il rapporto che lega me e Sasha, grandi contrasti dovuti a due personalità cosi diverse ma forte attrazione e ammirazione reciproca per le nostre visioni artistiche. Basato su chi ci conosce, io (Simone) sarei il nero, da alcuni conoscenti definito “Terra” dato dal mio carattere un pò impulsivo e diretto. Sasha il “cielo”, con la sua aurea eterea e “apparentemente” ingenua hahah.
Sara Zuccari
Photo Archivio Sasha Riva e Simone Repele
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