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Susanna Salvi: “Per essere brave ballerine non basta la tecnica, l’interpretazione fa la differenza”

Susanna Salvi - Ph. Yasuko Kageyama

Dall’aspetto mite e sorridente, ma dal carattere forte e determinato. E se a questi ingredienti si aggiunge anche tanta forza di volontà e desiderio di dare sempre il massimo in ogni situazione, il mix perfetto è completo.

Susanna Salvi è proprio così: un cocktail di tanti elementi, apparentemente distanti ed estremamente diversi tra loro ma in grado di renderla una ballerina straordinaria quando sale sul palco.

L’ingrediente magico? La voglia di fare e dare il massimo che, questo giovane talento di origini reatine, ha sin dal primo istante della sua carriera di danzatrice messo al primo posto.

Partita, proprio, da una piccola scuola della sua città natale, dopo il diploma a pieni voti il suo percorso è proseguito al Teatro dell’Opera di Roma con Carla Fracci dal 2008 al 2010 insieme ai coreografi Jean-Yves Lormeau, Paul Chalmer, Bronislava Nijiinska, Galina Samsova, Timur Fayziev e Loris Gai. Una parentesi statunitense  l’ha vista danzare al Tulsa Ballet diretto da Marcello Angelini e poi, però, rientrare in Italia, quando Francesco Ventriglia la vuole nel 2012 in compagnia al maggio Musicale Fiorentino  come protagonista di pièce come La Sylphide, nella versione di Johnny Eliasen, Stabat MaterThe Four Temperaments, con le coreografie di Balanchine.

Un tassello importantissimo nella sua carriera è l’incontro con Sylvie Guillem che, nel 2013, la sceglie per il ruolo principale in Steptext di William Forsythe. Una carriera, insomma, in fieri che, però, la riporta a Roma sempre nel 2013, per lavorare prima con Micha Van Hoecke e, poi, da circa un anno, con l’étoile Abbagnato.

Il Giornale della Danza l’ha incontrata qualche giorno prima della messa in scena di Serata Nureyev alle Terme di Caracalla.

Partiamo subito dal tuo percorso di artista: se molto giovane ma hai interpretato ruoli molto importanti. Sappiamo in molti che sei molto legata al personaggio di Coppelia che, tra l’altro, hai avuto modo di interpretare proprio al Teatro dell’Opera di Roma, con la direzione di Eleonora Abbagnato. Raccontaci un po’ di più dei ruoli a te più vicini e che cosa significa poterli interpretare con la nuova direzione…

Il mio percorso di danzatrice è iniziato nella mia città, a Rieti, dove ho iniziato a studiare con Marella Vesseri, la mia prima insegnante. Lei è veramente un talento perché sa riconoscere subito chi ha determinate potenzialità e sa indirizzare ogni allievo. Io le sono estremamente grata per tutto quello che ha fatto per me e per la mia carriera. Dopo gli studi e alcune stagioni in altre compagnie, il debutto a Roma, lo scorso anno, con il balletto dedicato ai Pink Floyd: il lavoro con il Maestro Bonino è stato intenso e speciale, mi ha dato molto. Poi, Giselle: uno dei miei sogni, una sorta di utopia. Poterla interpretare è stato stupendo: ho lavorato con la signora Ruanne e mi ha aiutato a maturare, anche caratterialmente. Sebbene sia una persona molto dura quando insegna, è una figura estremamente generosa che non sempre ci capita di incontrare. Poi, appunto, Coppelia con Bonino: già quando ero piccola, quando studiavo, avevo  interpretato Swanilda…è stato un tuffo nel passato, ma con una maturità, ovviamente diversa. Mi rivedo molto in lei. Poter studiare la pièce nella versione di Roland Petit è stata una sfida importante: è molto difficile ma a me le cose complicate piacciono un sacco! Dopo un breve stop dovuto a un piccolo infortunio (avrei dovuto ballare Lo Schiaccianoci ma sono stata ferma), sono rientrata con The vertiginous Thrill of Exactitude, di William Forsythe, uno dei miei coreografi preferiti. Avevo già avuto modo di danzarlo a Firenze e poterlo interpretare di nuovo è stato stupendo. E poi, Odile! Mai avrei immaginato di poter ballare questo personaggio, da sempre in cima alle mie priorità: è complicato, certo, a causa delle sue personalità, ma sto lavorando molto sulla tecnica e sull’interpretazione.

Dopo tanti anni di studio, ora ti concentri di più sulla preparazione della personalità dell’interpretazione. Come ti prepari per questo?

Credo che questa sia effettivamente la sfida più importante, per me ma anche per ogni danzatore. Siamo tutti sullo stesso livello tecnico, il livello interpretativo è quello che fa la differenza in ciascuno di noi. Io, da sempre, mi sento una protagonista, almeno sul palcoscenico: in aggiunta a questo aspetto, su cui ovviamente lavoro, devo avere una direzione, devo farmi guidare. Studiare un ruolo è sempre difficile. Ma, appunto, devo essere guidata da qualcuno. Per dare sempre il meglio di me.

Quali sono i consigli che ti ha dato il tuo Direttore? Lei è già un esempio per tutti voi…

Nonostante sia un’étoile e abbia, appunto, il ruolo di dirigere la nostra compagnia, la Signora Abbagnato è molto tranquilla con noi: da subito, cerca di stabilire un rapporto alla pari con tutti noi. All’inizio, ovviamente le davo del Lei…poi, però, ci siamo avvicinate. Lei solitamente dice poche parole, ma significative. E a me bastano quelle, perché so il significato che hanno. Pochissimo tempo fa, al termine delle prove del Lago dei cigni, mi ha fermata e detto: “Bene, ho deciso che farai questo pezzo. Chiamo Friedeman e lo avviso!” Io, ovviamente, mi sono sciolta…Una gioia immensa, soprattutto perché la Signora è essenziale, sa quando è il momento per far interpretare determinati ruoli e, nel contempo, sa anche quando è il caso di farti fare altro. Essenziale, sì, ma estremamente fiduciosa nei confronti di chi lavora molto.

Sei molto giovane, la tua carriera è molto intensa. Magari un giorno ti piacerebbe creare, anziché danzare?

Non penso che creare sia la strada giusta per me: preferisco danzare, interpretare…e cercherò di farlo il più possibile. È fondamentale capirlo da subito, in modo tale da poter concentrarsi su quello che più si ama fare. Non mi voglio nemmeno definire una ballerina classica o moderna: finché si tratta di danzare…io sono pronta!

Ovviamente bisogna essere sempre molto concentrati e precisi, sia quando si studia sia quando si è sul palco, controllare le proprie emozioni e lavorare, lavorare.

Guardiamo al futuro: al Teatro dell’Opera ci sono tanti e interessanti progetti. Hai qualche sogno nel cassetto?

Ne ho molti ma, ad essere onesta, preferisco tenerli chiusi…e fare il possibile per renderli “veri”. Dopo la stagione a Caracalla, abbiamo molte produzioni che non vediamo l’ora di ballare. E, come sempre, sto apsettando per mettermi in gioco, studiare, interpretare e…ballare!

www.giornaledelladanza.com

Foto di Yasuko Kageyama

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