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Vittoria Ottolenghi: Una vita per la danza

 

Si è spenta lo scorso 10 dicembre all’ospedale Sant’Andrea di Roma Vittoria Ottolenghi, figura chiave nell’informazione e diffusione della danza degli ultimi 60 anni. La morte è arrivata dopo una lunga malattia che l’ha molto vessata nel corpo ma per nulla nello spirito. Sempre pronta a lavorare per la sua danza, si è spesa nel suo lavoro fino quasi agli ultimi giorni della sua straordinaria vita. Scrittrice, critica, giornalista, saggista, si è scoperta a sua insaputa grande amante dell’arte tersicorea di cui è diventata una delle voci italiane più autorevoli.

Non solo critica, ma anche molto amica dei danzatori, come dimostrano gli speciali legami instaurati con Rudolf Nureyev, Elisabeta Terabust, Carla Fracci, Roberto Bolle, Moses Pendleton e molti altri artisti. Il suo primo incontro con la danza avviene nel 1954 quando inizia a lavorare, come autrice e redattrice per il settore danza e teatro musicale, all’Enciclopedia dello Spettacolo di Silvio D’Amico. Due anni dopo comincia la sua collaborazione con Paese Sera a cui negli anni si legheranno quella con Il Mattino, Il Resto del Carlino, L’Espresso, Musica Viva, Anna, Prima Fila, fino alla più recente con il giornaledelladanza.com per cui ha curato la rubrica Danza: chi, come, perché.

Lungimirante da sempre, ha saputo interpretare il gusto degli italiani per l’arte, come quando, alla fine degli anni settanta, creò la celebre Maratona d’estate, trasmissione che andava in onda all’ora di pranzo, considerata in Italia la principale fonte di diffusione della cultura del balletto. Erano invece gli anni ’80 quando comincia a curare sempre per la Rai gli spettacoli Le Divine, dalla Piazza dei Miracoli a Pisa, Mantova Festa a Corte, Festa da Napoli, Il Gioco dell’Eroe, Gli Specchi di Trieste, Los Divinos, Sport in Danza, Il Paese delle Sirene, Bergamo Festa in Piazza, Una Rosa per il 2000, Torino Notte di Stelle. Per oltre dieci anni ha collaborato al Festival dei due Mondi di Spoleto e dal 1988 al 1996 ne ha curato il coordinamento per il settore Danza.

Nel 1997 è stata membro della Commissione Consultiva per la Danza della Presidenza del Consiglio, ha ricevuto numerosi premi giornalistici, tra cui il San Valentino d’Oro di Terni e l’Edoardo Scarfoglio di Roma, nonché la Medaglia d’oro per i Benemeriti della cultura e dell’arte dalla Presidenza della Repubblica. Molte le opere pubblicate nel corso degli anni: Tutti buoni, Dionisiache. Le danze dal Parnaso a Nijinsky, Perché la solita Giselle? Dialogo sul balletto perfetto, Mi è caduta la danza nel piatto, La danza, Tersicore adorata, In scena en travestì, il travestimento nello spettacolo italiano.

È stata anche docente di analisi della danza tenendo seminari e conferenze presso il Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro San Carlo di Napoli, la Piccola Scala di Milano e all’Accademia Filarmonica Romana. Proprio alla Filarmonica Romana sono stati donati gli oltre 600 tra volumi e documenti video di danza che sono stati raccolti nel Fondo Vittoria Ottolenghi che è a disposizione di tutti gli appassionati e studiosi di balletto. Riportiamo di seguito alcuni degli interventi della Sig.ra Ottolenghi sul nostro giornale come curatrice della rubrica Danza: chi, come, perché :

“Non esistono balletti “importanti” perché moderni o nuovi, o avventurosi, e così via (oppure perché dotati di una bellezza conclamata, senza tempo, e che quindi sfugge ad ogni legame ad un’epoca precisa). Mi permetto di ricordarle che l’arte, al contrario della religione, non possiede mai la verità rivelata.” 

“La cosa che attira nella danza, quasi sempre inconsapevolmente, che è l’attività umana più vicina all’amore. Emozioni, passioni, movimento, forza, e una sorta di ineffabile piacere nelle pene d’amore. Per quanto riguarda i limiti di età per iniziare una vita con la danza, ma non sul palcoscenico: viva la libertà! Come dire fate sempre quello che vi piace, che vi sembra bello, importante, quindi buono.”

“Personalmente penso che essere totalmente estranea, in partenza, alla professione di danzatore sia stata, e sia tutt’ora, quel poco di forza e di credibilità che possiedo. Un critico che è, in realtà, un ballerino fallito sarà sempre, visceralmente, invidioso di qualsiasi artista di successo nel campo della danza teatrale.”

 

 

 

                                                                                         Alessandro Di Giacomo 

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