
Cinquantuno anni dopo la loro nascita, Les Ballets Trockadero de Monte Carlo continuano a rappresentare una delle realtà più sorprendenti e affascinanti del panorama internazionale della danza.
Ciò che era iniziato nel 1974 come una piccola avventura artistica newyorkese si è trasformato nel corso dei decenni in un fenomeno culturale globale, capace di conquistare generazioni di spettatori con un linguaggio unico: l’eleganza del balletto classico intrecciata all’umorismo più raffinato, in un gioco scenico che sfida le regole senza mai perdere la profondità del gesto artistico.
Per comprendere la rivoluzione dei Trocks bisogna tornare nella New York degli anni ’70, una città che respirava libertà creativa, fermento sociale e desiderio di rompere schemi consolidati.
In questo scenario di trasformazione culturale, un gruppo di giovani danzatori immaginò una compagnia che potesse unire tecnica accademica, teatralità e ironia, in un momento in cui il balletto classico era ancora percepito come un territorio rigido, quasi sacralizzato.
La loro intuizione fu tanto audace quanto geniale: far danzare uomini en travesti interpretando i grandi ruoli femminili della tradizione classica, con calzamaglie, tutù, trucchi vistosi e soprattutto… con le punte ai piedi. Ma non come caricatura. Non come parodia.
Bensì come dichiarazione artistica: dimostrare che la tecnica non ha genere, mentre l’umorismo può essere un ponte verso una nuova consapevolezza estetica.
La forza dei Trocks sta nella loro dualità. Da un lato c’è la comicità, costruita attraverso piccoli incidenti volutamente esagerati, giochi di sguardi, rivalità sceniche esasperate con sapore di slapstick, cadute fintamente maldestre o improvvisi “errori” che svelano la teatralità del balletto.
Dall’altro lato c’è una tecnica impeccabile: arabesque, fouettés, equilibri sulle punte, variazioni tratte dai grandi classici, repertorio rigorosamente studiato e rispettato.
Ogni passo è reale. Ogni port de bras è riconoscibile. Le difficoltà sono autentiche. Ed è proprio questa coesistenza a rendere l’esperienza dei Trocks unica: gli spettatori ridono, ma allo stesso tempo riconoscono la complessità del gesto coreografico e la serietà del percorso artistico che lo sostiene.
Nel corso dei suoi 51 anni, Les Ballets Trockadero hanno portato in scena un ventaglio di interpretazioni che non hanno mai smesso di rinnovarsi.
I loro Cigni morenti o le loro versioni di Giselle e Don Chisciotte sono diventati iconici proprio perché uniscono fedeltà al modello classico e spirito dissacrante.
La costruzione dei personaggi – con nomi d’arte volutamente esotici e biografie inventate – aggiunge un’ulteriore dimensione teatrale, quasi da commedia dell’arte in tutù.
Ciò che però colpisce nel profondo è il rapporto che i Trocks hanno saputo instaurare con il pubblico di tutto il mondo. Platee molto diverse per cultura, tradizione e sensibilità hanno accolto la loro visione con entusiasmo.
Non solo come intrattenimento, ma come occasione per riflettere, attraverso il sorriso, su ciò che la danza può diventare quando le si lascia spazio per evolvere.
Uno degli aspetti più rivoluzionari dei Trocks è il ruolo che hanno avuto nel rendere visibili artisti queer in contesti tradizionalmente conservatori.
La danza classica, da sempre associata a ideali estetici molto specifici, è stata trasformata dai Trocks in un terreno di libertà.
La loro presenza scenica non è mai provocazione fine a sé stessa: è un invito a riconoscere la pluralità dei corpi, delle identità e delle possibilità espressive.
Le loro tournée hanno avuto anche un valore politico, spesso arrivando in paesi dove i discorsi sulla diversità erano (e in alcuni casi sono ancora) difficili. Eppure i Trocks, con leggerezza e talento, sono riusciti a portare un messaggio universale: l’arte non divide, unisce. E può farlo ridendo.
Quest’anno, nel celebrare i 51 anni dalla loro fondazione, Les Ballets Trockadero de Monte Carlo si confermano una compagnia in continua evoluzione.
La formazione cambia, arrivano nuovi danzatori, nuove interpretazioni, nuovi progetti. Ma lo spirito originario rimane solido, brillante, fedelissimo alla sua missione: onorare la tradizione del balletto classico attraverso una lente ironica, intelligente e radicalmente libera.
Restano un faro per chi vede nella danza un linguaggio aperto e inclusivo; un riferimento per chi crede che l’arte possa raccontare la realtà con delicatezza e ironia; un punto di incontro tra tradizione e innovazione, tra disciplina e comicità, tra rigore e gioia.
Cinquantauno anni non sono soltanto un traguardo cronologico: sono un patrimonio culturale costruito passo dopo passo, battuta dopo battuta, punta dopo punta.
E se oggi il mondo della danza appare più fluido, più curioso, più disposto a sperimentare, è anche grazie a compagnie come i Trocks, che hanno mostrato a tutti che il palcoscenico non è un luogo di confini, ma di possibilità.
Michele Olivieri
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