“Spartacus” è sicuramente da annoverare tra gli ultimi grandi balletti di matrice sovietica, erede della grande tradizione russa. La musica venne creata dal compositore Aram Il’ič Chačaturjan il quale ebbe modo di scrivere altre partiture per l’arte del balletto, come “Happiness” (1939) e “Gayane” (1942) che include la popolare “Sabre Dance”.
“Spartacus” è stato portato in scena al debutto nel 1956, mentre la composizione che valse a Chačaturjan il “Premio Lenin” risale al 1954. Fu rappresentato il 27 dicembre a Leningrado con la compagnia del Kirov sulla coreografia di Leonid Yakobson senza ottenere significativi consensi.
Il libretto porta la firma del drammaturgo Nikolai Volkov ed è basato sull’omonimo romanzo storico di grandissimo successo del 1873 scritto da Raffaello Giovagnoli che narra le gesta dello schiavo ribelle, ambientate nel primo secolo avanti Cristo. Spartaco fu il più celebre gladiatore romano, separato dall’amore della sua vita e costretto a vivere come schiavo nell’arena in cui doveva combattere per sopravvivere, sedotto dal potere e tormentato dalla vendetta.
La prima rappresentazione del balletto al Teatro Bol’šoj di Mosca risale al 1958 con la coreografia di Igor Moiseev e la partecipazione straordinaria di Maja Plisetskaja: questa volta riscosse successo. Ma quella che le ha dato maggiore visibilità e popolarità di cui ancora oggi gode risale al 1968, nata dall’estro coreografico di Jurij Grigorovič che le imprise pienamente uno stile eroico, con protagonisti Vladimir Vasiliev, Ekaterina Maximova, Maris Liepa, Nina Timofeyeva (scene e costumi di Simon Virsaladze). L’osannata danzatrice sovietica Galina Ulanova ebbe modo di affermare “Se il senso del nuovo ‘Spartacus’ di Grigorovič dovesse essere espresso in una parola, allora scelgo la parola ‘modernità’.” Questa terza versione rimase in scena per molti anni al Bolshoi, portandola nella tournée italiana del Bolshoi dell’autunno del 1970 anche al Teatro alla Scala di Milano (con protagonisti Vladimir Vasiliev, Maris Liepa, Ekaterina Maximova, Nina Timofejeva, Vladimir Levasciov, Vladimir Abrosimov, Vasily Vorokhobko, Evghenij Zernov, Tatiana Bessmiertnova, Nadiezhda Krylova, Serghej Radcenko e numerosi altri artisti dell’epoca tra cui in alternanza nel ruolo di Spartacus Michajl Lavrovskij) e al Teatro dell’Opera di Roma. Alla Scala in occasione di una serata di Gala nel 2015 è andato in scena un estratto con interpreti Maria Vinogradova e Ivan Vasiliev. Inoltre frammenti di questo balletto furono presentati nel 1990 in parte al Colosseo e in parte al Circo Massimo di Roma durante lo spettacolo televisivo prodotto da Vittoria Cappelli e curato da Vittoria Ottolenghi “Il Gioco dell’Eroe” con la compagnia del Teatro Bolscioi di Mosca.
La forza di Jurij Grigorovič fu quella inoltre di immettere movimenti di massa per creare suggestioni altamente drammatiche. Il ruolo maschile ha posto in luce la potenza, la forza, lo slancio vigoroso, virtuoso ed atletico del balletto nella seconda metà del Novecento. Secondo il critico e storico di danza, Alberto Testa, i passi a due del balletto “si liberano dalla materia per assurgere a pura visione dello spirito”. Questa versione è entrata anche nel repertorio dello “Staatsballett di Hannover” e al “Balletto dell’Opera di Astana”.
Aram Chačaturjan per la composizione si lasciò ispirare dallo studio di quadri e sculture antiche, si recò in Italia ad ammirare le costruzioni dell’antica Roma, gli archi di trionfo eretti dagli schiavi, le caserme dei gladiatori e il Colosseo, ricercando i luoghi in cui erano passati Spartaco e i suoi compagni. Chačaturjan dovette affrontare alcune difficoltà durante il lavoro di composizione perché non esistevano musiche popolari o di altro genere inerenti quell’epoca. Così scrisse la musica raccontando a suo modo il passato senza rinunciare all’innato stile creativo.
Aram Chačaturjan a proposito del suo lavoro scrisse: “(…) Per me, il balletto è un pezzo romanticamente teso, con una drammaturgia musicale potente, ricca di ampie metafore artistiche e intonazioni esplicite del dialogo. Ho ritenuto importante applicare tutte le conquiste della cultura della musica contemporanea all’espressione del tema sublime di Spartaco. Pertanto, il balletto parla una lingua contemporanea, che comprende i problemi contemporanei della forma musico‐teatrale”.
Il balletto esalta un’eroe della libertà. Venduto come schiavo ad un allenatore di gladiatori, fugge e si rifugia nella zona del Vesuvio, dove vivevano molti schiavi evasi. Spartacus li organizza in un esercito per cimentarsi in una rivolta, cominciata nel 72 a.C. Dopo una serie di vittorie iniziali, le legioni di Marcus Licinius Crasso che hanno inseguito l’esercito di Spartacus, prima in Calabria, e poi in Lucania, sconfiggono gli schiavi. I ribelli catturati vengono crocefissi.
Lo spettacolo di danza è focalizzato sul rapporto tra Spartacus e la sua compagna Phrygia che non lo abbandonerà mai. Venduti a proprietari diversi, si riuniscono dopo la fuga e il loro amore è espresso da “pas de deux” di intensa bellezza. La trama esplora anche il rapporto tra Crasso e la sua amante, Aegina, che cerca di corrompere i membri dell’esercito di Spartacus con tutti i mezzi possibili.
Un’altra versione è stata allestita con la compagnia del Teatro dell’Opera di Budapest a firma di Lazlo Seregi nel 1968 (riprodotta con il complesso dell’Opera di Roma il 12 luglio 1987) e portata a Palermo nel quadro degli spettacoli estivi 1989 al Teatro di Verdura. La coreografia di Lazlo Seregi fu considerata fondamentale per il modo in cui riusciva a combinare le tradizioni sovietiche a quelle ungheresi. Un’altra creazione la troviamo ideata da Jiri Pokorny, anche regista della produzione, il quale senza competere con i rigidi codici della tecnica accademica applicati da Leonid Yacobson e Jurij Grigorovič, ha lasciato spazio alla raffinatezza di combinazioni coreografiche in stile neoclassico e contemporaneo, con interprete il primo ballerino Michal Krcmar e la “Pilsen Opera Ballet” .
In prima rappresentazione il 22 luglio del 1976 a Martina Franca per il “2° Festival della Valle d’Itria” si è vista la versione su musica di Aram Il’ič Chačaturjan con la coreografia di Marinel Stefanescu. In scena lo stesso Stefanescu (Spartacus), l’étoile Liliana Cosi (Phryghya), Niky Lohan (Crassus), Maia Turcu (Aeghina), Vladimir Lupov (il Gladiatore) e il Corpo di Ballo impegnato nei gladiatori, schiave, cortigiane e soldati.
Un nuovo allestimento si vide il 20 dicembre del 1984 a Reggio Emilia presso il Teatro Municipale Valli con le scene e i costumi di Hristofenia Cazacu. Nella suite tratta da “Spartacus” Marinel Stefanescu ha voluto sottolineare i due aspetti più importanti della personalità dell’eroe trace: da una parte il suo coraggio, le stupende qualità di combattente che egli dimostra nella strada che percorre per raggiungere il suo ideale, dall’altra il suo calore sentimentale e umano. Davanti all’amore Spartacus non è più il gladiatore, il rivoluzionario, ma semplicemente un uomo che si lascia condurre quasi per mano dalla saggezza interiore della moglie. Phrygia è il personaggio femminile più forte nella storia del balletto: il suo coraggio e l’amore che prova per il marito non conoscono confini. Dall’inizio conosce la sorte che aspetta Spartacus, ma in nome del profondo sentimento che la lega a lui non cerca neppure per un solo istante di opporsi al nobile ideale di libertà che lo domina. A questo ideale, sostenuto e nutrito da una schiera di oppressi e di emarginati, si oppone una società romana, rappresentata da Crasso, ormai arrivata al suo declino. La rivolta degli schiavi e la figura di Spartacus sono la denuncia dello sgretolamento politico e morale che comincia a minacciare l’Impero Romano e il sacrificio di questo eroe per la conquista della libertà precede di pochi decenni e quasi pare che annunci il sacrificio sublime e più grande che avverrà sulla croce e che riscatterà non solo gli oppressi, ma l’umanità intera.
Nel 1980 si ricorda la rilettura coreografica messa in scena da Valentin Elizariev per il Teatro Nazionale Balletto e Opera Bielorussa. Il critico di danza Yulia Churko scrisse nella sua recensione a proposito di questa versione: “(…) Il set nella filosofia del coreografo è stato concepito non solo come l’anello rosso del circo, ma anche come l’arena sanguinosa della storia. La danza delle mani che incarnava le lacrime, le suppliche e le lamentele degli schiavi; hanno prodotto una profonda impressione nella lunga e certamente faticosa processione della Via Crucis dei gladiatori insorti e soprattutto nella scena della morte di Spartaco”.
Carlos Acosta, tra le più importanti stelle della danza internazionale, fu un applaudito interprete di “Spartacus” in una produzione originariamente realizzata a Londra nel 2007 dal Balletto del Teatro Bolshoi e allestito nuovamente nel gennaio 2008 all’Opéra di Parigi.
Recentemente, al Teatro Municipale di Piacenza, è andata in scena una nuova produzione in due atti a cura dell’Étoile Ballet Theatre su musica dal vivo eseguita dall’Orchestra Filarmonica Italiana diretta da Gaetano Soliman, con la messa in scena, le coreografie e l’interpretazione principale di Ines Albertini e Walter Angelini.
Michele Olivieri
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