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Rubriche

Le eteree ballerine romantiche dell’800: Amalia Ferraris

Amalia Ferraris (Voghera, 1828 – Firenze, 1º aprile 1904) è stata una celebre danzatrice italiana del periodo romantico. Fu in grado in pochi anni di costruirsi una fama riconosciuta da pubblico e critica nel 1846, anno in cui ballò al Teatro Regio di Torino nella coreografia Zampa di G. Astolfi, sostituendo Fanny Cerrito. Da quel momento divenne una stella indiscussa e ammirata. La Ferraris detiene un posto importantissimo nella Storia del Balletto Romantico poiché, per la sua ferrea tecnica e per il suo stile lirico, fu una danzatrice capace di miscelare con cura il “volo” di Maria Taglioni e il virtuosismo innato delle grandi dive tersicoree. Dopo gli studi prima a Torino e poi alla Scuola di ballo dell’Accademia alla Scala, sotto la direzione di Carlo Blasis, debuttò giovanissima a Milano. In seguito calcò il palcoscenico del Teatro San Carlo di Napoli e poi di quelli in tutta Europa. Nel 1848 si esibì all’His Majesty’s Theatre di Londra in occasione dell’Esposizione Universale. Riscosse plausi e consensi a Londra, Roma, Vienna e all’Opéra di Parigi. Insieme a Carolina Rosati, sua rivale artistica, fu una delle ballerine italiane più note dell’epoca. Danzarono in coppia all’Opéra di Parigi nel balletto Marco Spada ou ...

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Il Direttore Jan Linkens “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Violin concerto di George Balanchine. Il balletto contemporaneo prediletto? Bella figura di Jiří Kylián. Il Teatro del cuore? Teatro San Carlo di Napoli. Un romanzo da trasformare in balletto? Mi piacciono i balletti astratti. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Idem come sopra, mi piacciono i balletti astratti. Il costume di scena indossato che hai preferito? Symphonic Variations di Frederick Ashton. Quale colore associ alla danza? Blue. Che profumo ha la danza? Sudore. La musica più bella scritta per balletto? Quella di Pëtr Il’ič Čajkovskij per “Il lago dei cigni”. Il film di danza irrinunciabile? Fame. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Rudolf Nurejev e Margot Fonteyn. Il tuo “passo di danza” preferito? Pas de bourrée. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio classico? Match in “La Sylphide”. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Jiří Kylián. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Grazie per la tua dedizione. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Duro lavoro, motivazione, curiosità. Come ti vedi oggi allo specchio? Felice! Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com © Riproduzione riservata

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L’ultima coreografia dimenticata di Marius Petipa

A più di un secolo dalla sua scomparsa, il nome di Marius Petipa continua a riecheggiare tra i velluti rossi dei teatri e i parquet consumati delle sale di danza. Coreografo di origini francesi naturalizzato russo, Petipa è considerato il padre del balletto classico ottocentesco e autore di capolavori immortali come Il lago dei cigni (in collaborazione con Lev Ivanov), La bella addormentata e Don Chisciotte. Tuttavia, pochi conoscono i dettagli della sua ultima coreografia, un’opera crepuscolare che, seppur meno celebre, racchiude il distillato della sua poetica e rappresenta il suo testamento artistico. Nel cuore dell’inverno pietroburghese del 1903, tra le quinte ornate del Teatro Mariinskij, si consumava un tramonto: quello di Marius Petipa. Il coreografo che aveva dato forma ai sogni imperiali stava per firmare il suo ultimo incantesimo. Il titolo era fiabesco, quasi infantile: Le Miroir Magique. Ma dietro lo specchio magico, si celava un’altra storia: un duello amaro tra un’epoca che finiva e un’altra che premeva per emergere. Le Miroir Magique nacque come un balletto-féerie in quattro atti, commissionato dai Teatri Imperiali per arricchire il repertorio con una nuova meraviglia scenica. Pepita, ormai ottantenne, si ispirò alla fiaba russa della principessa caduta sotto l’incantesimo della gelosia — ...

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Il Direttore artistico Eugenio Buratti “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Lo Schiaccianoci. Il balletto contemporaneo prediletto? In the middle somewhat elevated. Il Teatro del cuore? Teatro dell’Opera di Roma. Un romanzo da trasformare in balletto? Il gabbiano Jonathan Livingstone. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Seven. Il costume di scena indossato che hai preferito? Liqueurs de chair di Angelin Preljocaj. Quale colore associ alla danza? Rosso. Che profumo ha la danza? La zagara. La musica più bella scritta per balletto? Boléro. Il film di danza irrinunciabile? Due vite una svolta. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Mikhail Baryshnikov e Gelsey Kirkland. Il tuo “passo di danza” preferito? Renversé. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio di balletto classico? Il mago di Oz. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Mats Ek. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Grazie! Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Passione, resilienza e rispetto. Come ti vedi oggi allo specchio? In missione. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com © Riproduzione riservata

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Le danze del Gattopardo: il ballo come rito di fine epoca

Tra i molti simboli potenti che attraversano Il Gattopardo, capolavoro letterario di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, le danze occupano un ruolo centrale, silenzioso ma eloquente. Non si tratta solo di scene coreografiche o di momenti mondani: le danze nel romanzo sono l’espressione più raffinata e malinconica del passaggio di un’epoca, di un’aristocrazia che muore danzando, senza accorgersi che il mondo sta cambiando sotto i suoi piedi. Le danze — valzer, quadriglie, polke — non sono semplici divertimenti, ma atti liturgici di una nobiltà che si celebra mentre si estingue. È un ballo sontuoso, con luci sfavillanti, sete, ventagli, candelabri, tendaggi, specchi e profumi. Ma tutto è attraversato da un velo struggente. Il principe danza con Angelica, la splendida borghese che ha conquistato l’amore del nipote Tancredi e il favore della nobiltà con la sua bellezza. Nel mondo de Il Gattopardo, danzare è anche fingere. È mantenere la maschera dell’etichetta, dell’illusione che nulla stia cambiando. Il celebre e pluripremiato film di Luchino Visconti (1963) tratto dal romanzo, ha amplificato la potenza simbolica delle danze con gli splendidi costumi di Piero Tosi, le coreografie del Professor Alberto Testa e la colonna sonora firmata da Nino Rota (con un valzer inedito di Giuseppe ...

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Re Ludwig e la danza: sogno, libertà, arte, movimento

Nel panorama dei sovrani europei del XIX secolo, pochi sono stati tanto enigmatici e affascinanti quanto Ludwig II di Baviera. Famoso per i suoi castelli fiabeschi – primo fra tutti Neuschwanstein – Ludwig è spesso ricordato come il “re delle illusioni”, un monarca che preferiva i mondi ideali dell’arte e della musica alla fredda realtà della politica. Ma tra le pieghe della sua personalità complessa e della sua dedizione all’estetica, esiste un aspetto meno esplorato: il rapporto con la danza. Ludwig II nacque nel 1845 in un’epoca in cui la danza era un elemento imprescindibile della vita di corte: dai balli ufficiali agli spettacoli di balletto nei teatri reali. Tuttavia, per Ludvig la danza non fu solo una formalità cerimoniale. Fu un linguaggio dell’anima, un mezzo di espressione che, come la musica wagneriana che tanto amava, poteva evocare altri mondi sospesi tra sogno e simbolo. Nei suoi diari e nelle sue lettere si trovano riferimenti a spettacoli di balletto, e la preferenza per le opere che miscelavano musica e movimento. Durante il regno di Ludwig, il Teatro Nazionale di Monaco e il Teatro Residenz ospitarono molte rappresentazioni di balletto. Il re sovvenzionava generosamente queste produzioni. Ludwig a volte organizzava performance private ...

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Il primo ballerino Amilcar Moret Gonzalez “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Romeo e Giulietta. Il balletto contemporaneo prediletto? The Statement di Crystal Pite. Il Teatro del cuore? Opéra di Parigi. Un romanzo da trasformare in balletto? Le relazioni pericolose (Les Liaisons dangereuses). Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? The Godfather. Il costume di scena indossato che hai preferito? King Arthur. Quale colore associ alla danza? Bianco puro. Che profumo ha la danza? Ha il profumo della natura. La musica più bella scritta per balletto? La partitura di Prokofiev per “Romeo and Juliet”. Il film di danza irrinunciabile? Le notti bianche. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Michail Baryšnikov e Cynthia Harvey. Il tuo “passo di danza” preferito? Tendu (medicina per il ballerino). Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio di balletto classico? Nessuno! Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Jiří Kylián. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Le direi che preferisco Gesù. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Semina, Cresce, Raccoglie. Come ti vedi oggi allo specchio? Mi vedo in modalità coreografo-maestro. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com © Riproduzione riservata

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L’Ultimo Ballo dei Romanov: un tuffo nel passato

  Nel cuore dell’inverno del 1903, mentre il gelo avvolgeva San Pietroburgo, il Palazzo d’Inverno si trasformava in una macchina del tempo. Per due notti incantate, la corte imperiale organizzò un ballo in costume che non fu soltanto un evento mondano, ma un vero e proprio tributo alla storia e alla magnificenza di una dinastia che, inconsapevolmente, stava per vivere gli ultimi bagliori. I partecipanti, nobili e aristocratici, indossarono costumi che sembravano usciti da un quadro secolare. Abiti di velluto, sete ricamate, pellicce regali e gioielli scintillanti ricostruivano un’epoca di potere, tradizione e ritualità. I dettagli furono curati con meticolosità: dai copricapi elaborati alle spade ornate, ogni elemento raccontava una storia di grandezza passata. Il ballo non fu solo un’occasione per danzare. Fu un rituale carico di significati, dove ogni passo era un’eco di un potere che tentava di affermarsi in un mondo che stava rapidamente cambiando. Le danze si susseguivano senza sosta, dal valzer alle mazurche, attraversando le stanze illuminate da lampadari di cristallo, mentre la musica sembrava voler sospendere il tempo. La famiglia imperiale ballava l’ultima danza di un’epoca destinata a finire. L’evento rimase come un’istantanea di un mondo che avrebbe cessato di esistere poco tempo dopo, con ...

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Le eteree ballerine romantiche dell’800: Emma Livry

Nata Jeanne Emma Emarot o Emma Marie Emarot (Parigi, 24 settembre 1842 – Neuilly-sur-Seine, 26 luglio 1863) Emma Livry è stata una delle ultime ballerine del balletto romantico e allieva di Marie Taglioni. È passata tristemente alla Storia per la sua prematura scomparsa dovuta alle ustioni riportate quando il suo costume prese fuoco durante una prova di balletto in palcoscenico. Fu una delle stelle nascenti più brillanti dell’Opéra di Parigi votata ad una carriera di glorioso successo. Livry era la figlia illegittima della ballerina Célestine Emarot, e del barone Charles de Chassiron. Come riporta il libro The Ballet of the Second Empire: 1858-1870 di Ivor Guest pubblicato nel 1953, Célestine era nata in una famiglia originaria di Digione, sua madre lavorava nel commercio del lino, ma si trasferì a Parigi intorno al 1834 in cerca di una vita migliore. Circa due o tre anni dopo, grazie all’influenza di amici, Marguerite (questo il suo vero nome) fu ammessa alla Scuola di danza dell’Opéra, adottando il nome di Célestine. Divenne presto l’amante del barone Charles de Chassiron che trascorreva gran parte del suo tempo nel Foyer de la Danse. Nel 1842 diede alla luce una figlia, che fu battezzata più di un ...

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Il principal dancer Wim Vanlessen “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Onegin. Il balletto contemporaneo prediletto? Full-length Artifact di William Forsythe. Il Teatro del cuore? L’Opéra di Parigi. Un romanzo da trasformare in balletto? Una biografia di una personalità interessante. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Call me by your name. Il costume di scena indossato che hai preferito? Onegin. Quale colore associ alla danza? Nero, Bianco, Nudo. Che profumo ha la danza? Per me ha un profumo fresco, di disciplina e sogni, di sforzo e grazia. La musica più bella scritta per balletto? Quella di Prokofiev per “Romeo e Giulietta”. Il film di danza irrinunciabile? Black Swan. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Mikhail Baryshnikov e Gelsey Kirkland. Il tuo “passo di danza” preferito? Grand allegro. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio classico? Basilio. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? William Forsythe. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Continua a condividere la tua passione per la danza. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Dedizione, passione, resilienza. Come ti vedi oggi allo specchio? In pace, ma spinto da uno scopo! Michele Olivieri Foto di Robin Joris ...

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