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Rubriche

Trattati di danza: quando il corpo scrive la storia

Oggi, i trattati di danza storici sono strumenti imprescindibili per studiosi, danzatori e coreografi che si occupano di ricostruzione filologica e interpretazione del repertorio antico. Essi testimoniano come il corpo, attraverso il gesto danzato, sia stato plasmato da ideali estetici, morali e sociali. Ogni passo, ogni posa, non è solo tecnica, ma rappresenta un’idea di mondo, una visione dell’uomo e del suo posto nella società. La danza è stata, per secoli, il linguaggio invisibile del potere, della grazia e dell’educazione. E i trattati di danza? I suoi archivi segreti. Non solo manuali di passi, ma veri e propri codici del corpo, capaci di raccontare epoche intere attraverso il movimento. Nel Quattrocento, le corti italiane trasformano la danza in arte codificata. Domenico da Piacenza, con il suo De arte saltandi, scrive il primo trattato noto. Più che passi, insegna comportamento: come muoversi con grazia in società. I suoi allievi – Guglielmo Ebreo e Cornazzano – ne ampliano il messaggio, creando una vera grammatica coreutica rinascimentale. Nel 1589, in Francia, Thoinot Arbeau pubblica l’Orchésographie. È un trattato, sì, ma anche un dialogo tra maestro e discepolo, dove danze popolari e di corte si intrecciano con musica e ritmo. Una guida che parla ...

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La Danseuse Sofia Rosolini “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Don Quichotte. Il balletto contemporaneo prediletto? La Sagra della Primavera di Pina Baush. Il Teatro del cuore? Palais Garnier Opéra di Parigi. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Giselle. Il costume di scena indossato che hai preferito? Tutù della terza fata della Bella Addormentata. Quale colore associ alla danza? Come tutte le ballerine il Rosa. Che profumo ha la danza? Dipende dal ruolo che si interpreta. La musica più bella scritta per balletto? Il Lago dei Cigni. Il film di danza irrinunciabile? Billy Elliot. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Rudolf Nureyev e Carla Fracci. Il tuo “passo di danza” preferito? Pirouettes. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita reale tra i personaggi del grande repertorio di balletto classico? Marguerite della Dame aux Camélias. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? William Forsythe. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Grazie per avermi fatto vivere di questa bellissima arte. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Costanza, Rispetto e Amore. Come ti vedi oggi allo specchio? Oggi allo specchio vedo una ballerina matura, non sono più così critica verso me stessa come ho potuto esserlo ...

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Il Danzatore Davide Alphandery “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Don Quixote. Il balletto contemporaneo prediletto? Petite Mort di Jiří Kylián. Il Teatro del cuore? L’Opéra di Parigi. Un romanzo da trasformare in balletto? A Christmas Carol di Charles Dickens. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Aladdin diretto da Guy Ritchie o Moulin Rouge! di Baz Luhrmann. Il costume di scena indossato che hai preferito? Don Quixote. Quale colore associ alla danza? Bianco come simbolo di leggerezza oppure Rosso come passione. Che profumo ha la danza? Patchouli. La musica più bella scritta per balletto? Lo Schiaccianoci di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Il film di danza irrinunciabile? Nureyev – The White Crow di Ralph Fiennes. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Rudolf Nureyev e Carla Fracci. Il tuo “passo di danza” preferito? Pirouettes. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita reale tra i personaggi del grande repertorio di balletto classico? Basilio. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Michail Baryšnikov e Jiří Kylián. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Ringraziandola Lei direi che è unica e geniale. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Dedizione, costanza e perseveranza. Come ti vedi oggi allo specchio? Mi vedo ...

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L’origine delle Sbarre nella danza classica

Le sbarre da danza, oggi elemento imprescindibile nelle sale di balletto, nascono da un’esigenza semplice: offrire supporto al corpo durante gli esercizi tecnici. Ma la loro origine affonda le radici nella storia della danza accademica. Nei primi secoli della danza classica – in particolare nel XVII secolo, alla corte di Luigi XIV – i ballerini si esercitavano appoggiandosi a mobili, caminetti o corrimano. Non esistevano ancora sbarre dedicate: si usava ciò che era disponibile nei palazzi. Con l’istituzione delle prime scuole di danza, come l’Académie Royale de Danse di Parigi, si iniziarono a fissare corrimano alle pareti delle sale. Fu questo l’inizio delle sbarre vere e proprie: listelli di legno alla giusta altezza per sostenere il lavoro tecnico. Nel XIX secolo, con la nascita dei metodi accademici (Vaganova, Cecchetti, ecc.), la sbarra divenne parte strutturata dell’allenamento quotidiano. Gli esercizi alla sbarra – plié, tendu, jeté – servono a preparare il corpo al lavoro più complesso senza supporto. Oggi esistono sbarre fisse, portatili, regolabili, in legno o metallo. Sono usate da allievi e professionisti, perché rappresentano più di un semplice strumento: sono il punto di partenza di ogni lezione, il simbolo della disciplina e della costanza nella danza. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com ©️ ...

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La prima ballerina Claudia Zaccari “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Il lago dei cigni. Il balletto contemporaneo prediletto? “Smoke” o “Sleeping beauty” di Mats Ek. Il Teatro del cuore? Royal Ballet. Un romanzo da trasformare in balletto? “Moderato cantabile” di Marguerite Duras. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? “Frida” sulla vita della grande pittrice messicana Frida Kahlo. Il costume di scena indossato che hai preferito? Quello delle Villi… il tutù romantico. Quale colore associ alla danza? Nero. Che profumo ha la danza? Il profumo di teatro antico e di incenso. La musica più bella scritta per balletto? Quella di Pëtr Il’ič Čajkovskij per il “Lago dei cigni”. Il film di danza irrinunciabile? Il Lago dei cigni. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Erick Bruhn e Ana Laguna. Il tuo “passo di danza” preferito? Glissade. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio classico? Carmen… passionale e tragica! Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Maurice Béjart. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? “Sei bella ma difficile, affascinante e tragica” . Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Spazio, tempo, anima. Come ti vedi oggi allo specchio? Ancora appassionata, ancora ...

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Il Museo della Danza a Cuba: un tempio del movimento

Nel cuore pulsante dell’Avana, nel quartiere Vedado, si erge un luogo dove la storia non è fatta di silenzio e polvere, ma di passi, costumi e passioni: il Museo della Danza di Cuba. Non è un semplice contenitore di oggetti, ma un archivio vivo della memoria artistica di un Paese che ha fatto del corpo in movimento un emblema identitario. Fondato nel 1998 per volere di Alicia Alonso, étoile e leggenda del balletto mondiale, il museo nasce con un intento chiaro: conservare, proteggere e raccontare l’evoluzione della danza cubana, dalle sue radici coloniali fino alle più audaci espressioni contemporanee. L’edificio stesso è una dichiarazione d’intenti: un’elegante villa in stile eclettico degli anni Venti, che accoglie il visitatore in un’atmosfera sospesa tra storia e poesia. Varcare la soglia significa entrare in un palcoscenico invisibile, dove ogni sala è una scena. Il percorso espositivo si snoda in diverse sale tematiche, ognuna dedicata a un periodo, a uno stile o a una figura chiave della danza cubana. Si comincia con la Sala del XIX secolo, dove sono esposti abiti, litografie e documenti d’epoca che testimoniano l’influenza europea sulla danza a Cuba, per poi passare al periodo romantico e all’irrompere della tradizione russa con ...

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Il Direttore Artistico Thomas Edur “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Giselle. Il balletto contemporaneo prediletto? Non lo so… Il Teatro del cuore? London Coliseum. Un romanzo da trasformare in balletto? Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ken Kesey. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Psycho di Alfred Hitchcock. Il costume di scena indossato che hai preferito? Seeping beauty di Derek Deane, Royal Albert Hall. Credo che i costumi fossero di Roberta Guidi Di Bagno e realizzati dalla migliore sarta al mondo. Jane era il suo nome, se non ricordo male. Ho indossato molti bei costumi durante la mia carriera, ma questo era qualcosa di diverso, come una seconda pelle. Quale colore associ alla danza? Verde pino. Che profumo ha la danza? Come il pane appena sfornato. La musica più bella scritta per balletto? Il lago dei cigni di Čajkovskij. Il film di danza irrinunciabile? White nights. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Mikhail Baryshnikov e Natalia Makarova. Il tuo “passo di danza” preferito? Entrelacé soubresaut. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio di balletto classico? Nessuno. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? John Cranko e Sir. Kenneth Macmillan. Tornando indietro, se ...

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Carlotta Zambelli: l’Étoile italiana che incantò Parigi

Nel firmamento della danza classica, poche stelle brillano con la grazia e la longevità di Carlotta Zambelli, ballerina italiana che, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, conquistò i teatri più prestigiosi d’Europa e lasciò un’impronta indelebile nell’evoluzione del balletto moderno. Carlotta Zambelli nacque a Milano il 4 novembre 1875, si formò alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Fu presto notata per le sue qualità tecniche eccezionali: un’eleganza naturale, un perfetto controllo del corpo e una sensibilità interpretativa fuori dal comune. La svolta avvenne nel 1894, quando venne invitata a danzare a Parigi. Da quel momento, la capitale francese sarebbe diventata la sua seconda casa e il luogo dove avrebbe raggiunto la consacrazione artistica. Nel 1894, Carlotta Zambelli debuttò all’Opéra Garnier di Parigi in un ruolo solitamente riservato alle grandi étoile francesi. La sua interpretazione, sostenuta da una tecnica impeccabile e da un’eleganza naturale, incantò il pubblico parigino, ancora abituato a una danza più accademica e meno virtuosistica rispetto a quella italiana. Zambelli si distinse per la sua straordinaria capacità di unire la forza tecnica italiana – in particolare nei virtuosismi come i fouettés – alla raffinatezza espressiva della scuola francese. Fu la prima ballerina ...

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Léon Bakst e la rivoluzione del costume per i Balletti Russi

All’inizio del XX secolo, il mondo del teatro e della danza fu travolto da una nuova visione estetica che fuse l’arte, il mito e l’oriente in un unico spettacolo sensoriale. Al centro di questa rivoluzione c’era Léon Bakst, pittore, scenografo e costumista russo, la cui immaginazione visiva contribuì in modo decisivo al successo e all’impatto dei leggendari Balletti Russi di Sergej Djagilev. Bakst non creava semplici abiti di scena: i suoi costumi erano estensioni del mondo emotivo e simbolico dei personaggi, vere e proprie opere d’arte indossabili. Contrariamente al realismo teatrale del XIX secolo, i suoi disegni abbandonavano ogni velleità naturalistica per abbracciare il fantastico, l’esotico e l’onirico. Le sue creazioni erano caratterizzate da: Colori accesi e saturi, spesso accostati in maniera ardita. Linee fluide o geometriche, a seconda del contesto narrativo.Materiali preziosi come sete, broccati, ricami dorati e perle. Influenze orientali, greche, persiane e indiane, rilette attraverso la lente dell’Art Nouveau. Il risultato era un mondo scenico dove i costumi non seguivano la danza: la ispiravano. Il costume dorato del celebre danzatore Vaslav Nijinsky, nei panni dello Schiavo d’Oro, rimane uno degli esempi più iconici della storia del costume teatrale. I costumi di Bakst non rimasero confinati al palcoscenico. ...

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Ala e Lolli: il balletto incompiuto tra Prokof’ev e Diaghilev

All’inizio del Novecento, quando le avanguardie scuotevano le fondamenta dell’arte, anche la musica cominciava a parlare con voci nuove, primordiali, selvagge. In questo spirito nasce Ala e Lolli, un balletto che non vide mai la luce del palcoscenico, ma che lasciò una scia potente nel mondo sinfonico. Il soggetto di Ala e Lolli, scritto dal poeta Sergej Gorodeckij, ci porta in un tempo arcaico, dove gli Sciti adorano due divinità opposte: Veless, dio del Sole, e Ala, spirito femminile delle foreste. Ma l’equilibrio viene infranto: il mago oscuro Ciuibog, incarnazione delle forze notturne, rapisce Ala. Il giovane gigante Lolli, figlio della terra e protettore innocente, si lancia alla sua salvezza. La battaglia tra ombra e luce è feroce, fino a che Veless, incarnando l’aurora, scende sulla terra per sconfiggere l’oscurità con il fuoco solare. Nel 1914, Sergej Prokof’ev, giovanissimo ma già audace, accoglie la proposta del celebre impresario Sergej Diaghilev: comporre la musica per questo balletto mitologico. Ma qualcosa non convince. Diaghilev – che aveva portato al trionfo Stravinskij con Le Sacre du printemps – giudica le bozze di Prokof’ev troppo grezze, poco “russe”, e alla fine respinge il progetto. Prokof’ev, deluso ma non sconfitto, non abbandona però del tutto ...

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