Il termine ‘vecchio’ è un fenomeno culturale che non tiene conto di numerose altre varianti, come lo stile di vita e le condizioni di salute. L’età, infatti, funziona come un marcatore sociale che definisce quando una persona è o diventa troppo anziana per continuare a svolgere determinate attività.
Questo preconcetto affligge anche la danza. Molti danzatori (professionisti e amatori) non più giovanissimi ricevono domande e commenti del tipo, ‘Balli alla tua età?’. ‘Le tue anche funzionano ancora?’ ‘Iscriverti a un corso di danza a quarant’anni è ridicolo’.
Il presupposto culturale sembra essere che, quando l’età comincia a limitare le prestazioni, i ballerini dovrebbero ‘appendere le scarpette al chiodo’.
A causa di questa ‘ignoranza’, non solo i danzatori sono privati di una carriera o della gioia di ballare, ma il pubblico stesso perde l’opportunità di seguire artisti per un periodo di tempo più lungo e di assistere all’evoluzione del corpo che testimonia il naturale processo di invecchiamento attraverso il linguaggio della danza.
Inoltre, il pubblico di età superiore ai 40 anni difficilmente si identifica con i giovani corpi in scena, il che a sua volta rafforza lo scollamento culturale tra ‘anziani’ e danza.
Vivendo all’interno di tali concezioni statiche, non sorprende che la maggior parte dei ballerini professionisti e dei coreografi si attenga all’opinione pubblica secondo cui non c’è posto per gli over trentacinque sul palcoscenico.
L’età non è considerata una risorsa preziosa, purtroppo. Sono rari gli spettacoli che traggono la loro forza dalla maturità, dall’esperienza e dalla capacità dei danzatori di scavare in profondità nel soggetto della performance.
E questa è una grave pecca nella cultura della danza occidentale che limita il potere espressivo di questa potente forma d’arte. Perché in realtà, la danza è senza tempo, trascende i confini generazionali. Evidenzia e valorizza le sfumature che differenziano i ballerini giovani da quelli più anziani, fa luce sulle sfide e sui contributi apportati da entrambe le ‘categorie’.
I giovani ballerini possiedono forza, agilità e resistenza fisica. I danzatori più anziani portano con sé un bagaglio di esperienza che si traduce in una profonda comprensione della danza.
I ballerini più anziani dimostrano anche una certa resilienza nell’affrontare i disturbi fisici. Conoscono meglio il loro corpo e i loro limiti e sanno calibrare il lavoro per evitare infortuni.
Il panorama della danza dunque prospera grazie all’interazione generazionale. La diversità contribuisce a definire la bellezza e l’importanza della danza e a esprimere i suoi messaggi più profondi: inclusione, comunicazione profonda, conoscenza di sé e dell’altro, e capacità di capire e affrontare la vita e la sua complessità con grazia e forza.
Stefania Napoli
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