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Dalla Scala al Crazy Horse: intervista a Giulia Pauselli

Giulia Pauselli

Giulia Pauselli nasce a Firenze e si diploma al Teatro alla Scala di Milano in danza classica e contemporanea nel 2010. Nel 2011 è finalista del Talent show “Amici” di Maria De Filippi in cui vince un contratto di lavoro a New York con la prestigiosa “Complexions Contemporary Ballet”. Nel 2012 torna in Italia e inizia a lavorare nel panorama televisivo e teatrale. Tra i lavori più importanti in qualità di performer: Solista nel celebre cabaret “Crazy Horse” di Parigi, The Voice of Italy, Ciao Darwin, Sogno e Son Desto, Cinecittà, Festival di Sanremo, Tale e quale show e molti altri celebri programmi TV di punta. Ha affiancato diversi artisti internazionali, tra i quali: Alvaro Soler, Jain, Jasmine Thompson, Conchita Wurst, Nek, Simona Molinari, Pooh, Christian De Sica, Desmond Richardon, Roberto Bolle, Noemi, Roby e Francesco Facchinetti, Piero Pelù, J-Ax, Laura Chiatti, Max Giusti ecc.

Ciao Giulia, da dove nasce la tua passione per la danza e come ti sei avvicinata alla disciplina classica?
Ho iniziato a ballare perché mia nonna lavorava al teatro Comunale di Firenze e mi portava sempre ad assistere agli spettacoli della compagnia del “Maggio Musicale” fiorentino: mi sono innamorata subito dei tutù, delle coroncine e del magico mondo del balletto classico. Dato il mio interesse per quest’arte mia mamma mi iscrisse a danza all’età di quattro anni.

Mentre per le audizioni all’ingresso della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano?
Devo la carriera professionale ai miei genitori che mi hanno sempre appoggiata, e alla mia prima maestra, Antonella Lombardo, la quale propose ai miei di iscrivermi alle audizioni per la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala in cui nel 2005 fui ammessa.

Come descriveresti la tua esperienza nell’Accademia diretta dal maestro Frederic Olivieri?
Quando entrai nell’Accademia, il mio primo anno fu l’ultimo per la Signora Anna Maria Prina, pilastro della direzione della Scuola di ballo per oltre trent’anni. Dal mio secondo anno, in poi, come direttore ebbi Fredéric Olivieri, il quale ha sempre creduto in me e per questo è stato un enorme punto di riferimento. A differenza di tanti miei compagni non avevo timore di parlare con lui, per cui è stato anche un confidente, oltre che il mio direttore. Il maestro Fredéric possiede un notevole carisma e ha sempre voluto essere il direttore buono… guai però a farlo arrabbiare!!!

Quali sono i ricordi più belli legati ai tuoi maestri, al direttore e ai tuoi compagni in Scuola di Ballo?
La Scala per me è stata come una scuola militare, ma la migliore scuola di vita che potessi avere. Conservo di quegli anni i ricordi più belli, dalle sofferenze per la severità dell’Accademia, alle lacrime di gioia, alla distanza dalla famiglia, i dolori fisici, il collegio di suore e se continuassi probabilmente non finiremmo più… Gli insegnanti sono stati dei validissimi maestri, dal più severo al più docile di loro, in particolare la signora Vera Karpenko che dal quinto corso mi ha portata al diploma: è stata come una mamma, molto severa e temuta talvolta, ma comunque una mamma. Fortunatamente il mio corso, tolto pochi elementi, era unito sia a livello di compagni che come complici al di fuori della scuola. Credo che con il passare degli anni ho voluto dimenticare gli screzi, le cattiverie e in generale i ricordi brutti dell’adolescenza che è una fase non certamente facile!

Le emozioni legate al giorno del diploma?
Il giorno del Diploma è quel giorno speciale che da allievo ti offre il titolo di professionista in un caos di emozioni tra nostalgia, paure e liberazione. Rimane comunque un esame, ma è un momento di gioia, perché tutta la scuola festeggia gli allievi più grandi pronti per avviarsi nel mondo dei professionisti. L’ottavo anno in Accademia vuol dire essere d’esempio per i più giovani e puoi permetterti piccoli lussi come il monopolio dei camerini, trasgredire ogni tanto nell’abbigliamento (scambiando qualche capo al posto della divisa) o mettere la musica a volume alto nei camerini!

Tra tutti coloro che hanno creduto in te e nel tuo sogno di ballerina chi desideri rammentare con maggiore gratitudine?
Devo il mio passato, il mio presente e futuro alla mia famiglia, a tutti gli insegnanti che mi hanno formata dal primo anno di studi, al mio compagno e soprattutto a me stessa. Non lo dico con presunzione però la formazione e la carriera di un ballerino è cinquanta per cento dedizione e sudore ma la restante parte è il lavoro psicologico che ognuno fa su stesso!

L’anno dopo del diploma scaligero sei partita per Roma e sei entrata nella scuola di “Amici”. Da cosa è nata questa scelta?
Se non avessi conosciuto il maestro Luciano Cannito probabilmente ad “Amici” non sarei mai andata. Non era assolutamente nei miei pensieri ma mi spronò ad andare davanti a Maria De Filippi per cui i meriti di questa felice scelta sono tutti del maestro! Non avrei mai pensato, ma “Amici” invece mi ha liberato dagli stereotipi di ballerina classica, che mi avevano sempre fatto credere sino ad allora che la danza fosse solo quella di repertorio. Lì ho imparato soprattutto ad aprire la mente verso stili inediti scoprendo “un nuovo mondo”!

Sei arrivata in finale, quanto ti ha aiutata a livello formativo questa trasmissione televisiva?
Mi ha insegnato, in particolare, a tenere sotto controllo l’ansia da prestazione in quanto spesso dovevo affrontare il peso e la responsabilità nel gestire un palcoscenico da sola con migliaia di spettatori da casa: situazione non facile a soli diciannove anni.

Trasmissione che ti ha permesso di vincere un contratto professionale presso la “Complexions Contemporary Ballet” di New York. Raccontaci il tuo impatto americano, come si svolgevano le lezioni, che aria si respirava e cosa rende unica la danza nelle accademie d’oltreoceano?
Quando ebbi la notizia che sarei partita per NY per lavorare con i “Complexions” fu una grande emozione ma non nascondo che la paura di una nuova vita mi spaventò molto… poi la paura passò in secondo piano. Grazie ad “Amici”, con i Complexions ho viaggiato per tutta l’America, ho imparato l’inglese e ho conosciuto splendidi professionisti. A New York ormai non ero più un’allieva, per cui già dalle lezioni ho avuto modo di gestire in maniera più matura la classe, senza cercare continuamente il maestro per le correzioni, cosa totalmente nuova per me. Gli americani sono famosi per la dedizione al lavoro e di fatto ho notato subito questa qualità, per loro non importa da dove vieni, quanto en dehors possiedi o se hai qualche chilo in più… lavorano sodo e ottengono risultati (più o meno discutibili) ma arrivano sempre dritti al loro obiettivo.

Del periodo americano cosa ti ha entusiasmato di più?
Sicuramente l’opportunità di viaggiare e visitare le città in cui alla sera ci si esibiva. Ho scoperto tra l’altro che ogni università è dotata di un teatro dove spesso facevamo dei meeting con i collegiali che potevano assistere alla nostra lezione e a qualche estratto dello show come attività artistica prevista nel piano di studi.

Come ti ha arricchito il far parte di una Compagnia così prestigiosa e quale serate in palcoscenico porterai sempre con te?
I “Complexions” mi hanno impressionata assai per il loro “modus operandi”, ero sempre distrutta a fine giornata mentre loro sputavano sangue anche l’ultimo minuto di sala prove. I palcoscenici più importanti per me oltreoceano sono stati il famoso “Joyce Theater” di New York dove ogni sera a fine spettacolo c’era una standing ovation e un’altra tappa in particolare, a Los Angeles, dove ballai per il compleanno di Debbie Allen. Tra il pubblico c’erano volti noti di Hollywood e qualche coreografo di “So you think you can dance Usa”.

Che differenza hai notato tra la danza in America e in Italia?
La danza in America è conosciuta e apprezzata da tutti ma in particolar modo è riconosciuto il mestiere del danzatore. Negli Stati Uniti a fine spettacolo, durante gli applausi, la gente gridava “God bless you” da noi hanno già i cappotti in mano e corrono per non fare la fila all’uscita. Il rispetto è la grande differenza!!

Segui ancora la trasmissione “Amici” tutt’oggi in televisione?
Sì seguo “Amici” perché ci lavora il mio fidanzato ed è bello vedere come il livello dei ragazzi, di anno in anno, sia qualitativamente sempre più valido, ma soprattutto è l’unico programma su rete nazionale che dedica alla danza lo spazio che merita.

Dei maestri di Amici chi ti ha lasciato il miglior ricordo sotto il punto di vista tecnico e umano?
Forse sarà scontato ma tutti mi hanno dato tanto. Dal punto di vista tecnico chi mi ha regalato di più è stata la maestra Alessandra Celentano, gli insegnanti di classico e le assistenti dei coreografi. Cannito mi portò ad “Amici” per cui gli devo il mio successo nel programma, Garrison ha sempre creduto in me, Portal mi ha fatto scoprire movimenti diversi nel contemporaneo e Garofalo mi ha rivoluzionata. Grazie a tutte queste persone, sia nei momenti pro che in quelli contro…. perché hanno contributo a lasciare dei preziosi segni in questa mia importante esperienza.

Il mondo della danza è per molti versi affascinante anche se venato da gelosie e invidie. Potresti descriverlo per i nostri lettori, dalla tua esperienza?
Ho sempre sofferto dell’invidia e della gelosia altrui. Credo che nessuno sia immune da questi sentimenti ma ho cercato di migliorarmi e arrivare al livello di chi era più bravo di me piuttosto che invidiarlo. A distanza di molti anni ho scoperto che in Accademia giravano dei pettegolezzi, dettati solo dalla gelosia, e che il mio nomignolo era Giulia Porcelli invece di Pauselli semplicemente perché ero più formosa delle altre. Adesso ci rido sopra!

Hai avuto anche la possibilità di danzare sullo stesso palcoscenico con l’étoile internazionale Roberto Bolle, cosa ricordi di quel momento?
Ho avuto l’onore di calcare lo stesso palcoscenico con Roberto Bolle durante il settimo corso in Scala a diciotto anni. Ci furono degli infortuni e mi chiamarono per sostituire una “Villi” in Giselle per cui ballai nell’atto bianco. Roberto è statuario ma soprattutto per quello che mi ricordo molto riservato, gentile ed elegante.

Con quale artista ti sei sentita più a tuo agio a livello professionale?
Gli artisti con i quali mi sono sentita più a mio agio sono stati Franco Miseria (la storia italiana della danza in televisione). Lui è una persona goliardica e sensibile, ed è stato uno dei primi a sapere della mia promozione a Parigi. Poi il coreografo e direttore artistico Laccio: a livello professionale riesce sempre a creare un bellissimo ambiente in sala prove tra i ballerini ed il suo entourage. Lavorare con lui è un piacere. Pompea Santoro, musa e prima ballerina di Mats Ek. Lei è il dizionario dei passi di Mats, sa infondere un significato ad ogni movimento, ed è una donna estremamente intelligente, una grande motivatrice. Bill Goodson, è fantastico e spero di lavorare ancora con lui. In particolare possiede un modo di insegnare il portamento e l’espressività alle donne che lo rende davvero maestro dell’arte della seduzione.

Ti abbiamo visto spesso in teatro ed in televisione. Qual è il sacrificio più grande che richiede l’essere danzatore?
Il mio mestiere è il mio stile di vita e questo richiede un grande senso del sacrifico. Bisogna sempre tenersi in forma, aggiornarsi ma soprattutto si è spesso lontani dalla famiglia. Ho lasciato la mia a quattordici anni per trasferirmi a Milano ma credo che il sacrificio più grande sia stato per loro.

Oggi dopo anni di esibizioni, provi sempre le stesse emozioni sul palcoscenico?
Dipende da lavoro a lavoro, i più emozionanti sono certamente le dirette, gli assoli e le performance con grandi artisti. Amo anche condividere il palcoscenico con numerosi colleghi quando il gruppo è affiatato e si respira l’energia di ogni singolo elemento… quell’attimo è magico.

Qual è stata la parte più dura nella preparazione e nelle prove degli spettacoli?
La parte più dura è il training di due mesi al quale tutte le nuove danzatrici sono sottoposte. Si lavora duramente sulla postura, centimetro per centimetro, le movenze, l’espressività, il carisma, la forma fisica. Bisogna imparare alla perfezione tutte le coreografie e di ognuna di essa le posizioni esatte in modo da poter ruotare continuamente i ruoli. È un grandissimo esercizio in termini di concentrazione e memoria.

Mentre il momento in assoluto più entusiasmante?
L’assegnazione dei “Solo” sono stati i momenti più belli e avvengono o tramite un test dove vieni convocato sul palcoscenico con la scenografia del balletto che vorrebbero assegnarti, e ti chiedono di improvvisare per vedere sei hai le attitudini giuste, oppure scrivono a sorpresa sul planning prove della settimana il tuo nome vicino al titolo del “Solo”. Un altro momento importante per me è stato quando la mia “capitana” (capoballetto) che mi ha formato nei mesi di training mi ha chiamata in disparte, si è inginocchiata e mi ha detto che ero esattamente la “Good girl” (è uno dei “Solo” più famosi nel repertorio del Crazy Horse, ideato in persona da Alain Bernardin, il suo fondatore… noto è il remake di Christina Aguilera nel film “Burlesque”).

Con le altre ballerine c’era competizione o complicità?
Penso di non aver mai trovato un ambiente così armonioso tra donne. Ogni ballerina aveva il suo momento in scena per cui era difficile che ci fossero gelosie. È davvero una cosa rara!

Un sogno da realizzare?
Un sogno è lavorare con Giuliano Peparini e la sorella Veronica. Ormai il loro nome è una garanzia di qualità oltre a possedere idee coreografiche innovative portando alta l’arte italiana nel mondo. In particolare Giuliano, come nelle fiabe, ogni messa in scena sottintende un intento formativo e di crescita morale che regala un senso alle combinazione dei passi. Con Veronica, data la sua prestigiosa esperienza, sarebbe entusiasmante lavorare. Mi piacerebbe anche danzare in un concerto di qualche artista nazionale e/o internazionale. Sogno di lavorare con Luca Tommassini… un altro grande artista che ha portato l’Italia nel mondo.

Per finire vuoi lanciare un messaggio ed un consiglio ai tanti ragazzi che sognano la carriera professionale nella danza e nello spettacolo?
Consiglio a tutti i ragazzi che vogliono diventare dei professionisti nel mondo dello spettacolo di scegliere bene dove andare a formarsi e con chi, perché le basi sono fondamentali per tutta la carriera. Studiare anche la Sstoria della danza, sia passata che attuale, perché non si può ballare senza sapere cosa si sta facendo!!!

 

Michele Olivieri
Foto: archivio
www.giornaledelladanza.com

 

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